"Il tempo tagliato" di Silvia Longo

Creato il 04 ottobre 2012 da Pinkafe
di Faye

Silvia Longo è nata a Cuneo nel 1965 e vive ad Alba con il marito e il figlio.
Lavora presso una cooperativa sociale che si occupa del recupero e del reinserimento di persone in situazioni di disagio.
Il  tempo tagliato, edito da Longanesi per la collana “La Gaja Scienza” è il suo romanzo d’esordio.
A poco più di quarant’anni, Viola si sente vuota e inutile. Suo marito, acclamato direttore d’orchestra, affascinante ed egocentrico, cui Viola ha dedicato ogni istante della sua vita, è morto da poco. Le giornate di Viola sono ora scandite dalla solitudine e dai ricordi. Durante una manifestazione in onore del marito, in un caldo pomeriggio di giugno, Viola incontra un uomo e poco dopo gli chiede di portarla via dalla festa. Inizia così una vera e propria fuga, durante la quale Viola comincia a raccontare la storia del suo matrimonio, un matrimonio come tanti e allo stesso tempo eccezionale. Ma mentre racconta Viola comincia a porsi delle domande che la porteranno a scoprire un’inattesa e sconvolgente verità…
Pinkafé è lieto di ospitare Silvia Longo, autrice italiana che esordisce per Longanesi con un’opera di grande densità e spessore drammatico, e che ha gentilmente accettato di rispondere alle nostre domande.
Benvenuta, Silvia. La tua opera prima è senz’altro il miglior biglietto da visita, come per ogni autore. Tuttavia, coloro che ancora non hanno letto il tuo libro sono sicuramente interessati a conoscerti un po’ più da vicino.
Puoi dirci come nasce Silvia Longo scrittrice?

Grazie a Pinkafé, intanto. E a te, che hai letto con tanta attenzione e sensibilità il mio libro.
Provo a risponderti così: immagina una bambina che si diverte a fare i compiti di italiano, e che a un certo punto si accorge che scrivere, da dovere scolastico, è diventato un piacere. Allora inizia a scrivere piccole storie e poesie, ma non le condivide con nessuno. Le cresce dentro, di pari passo, il piacere della lettura. C’è uno scaffale spazioso nella casa in cui vive, è alto che quasi tocca il soffitto, e lei – esauriti i libri per ragazzi  – comincia a leggere quelli che trova sui ripiani più bassi fino ad arrivare a quelli posti in alto. Quando ne trova uno che la emoziona particolarmente, prova a imitare lo stile dell’autore. Scopre la gioia di lasciarsi fluire sui fogli, e la difficoltà a raggiungere i livelli che si prefissa. Ma non si dà per vinta. Sceglie gli argomenti – devono suonarle autentici - e cura la parola, nel corso degli anni, con umiltà, fino a sentirsi pronta per il confronto decisivo: quello con i lettori.
Nel tuo passato di autrice ci sono poesie, fiabe e racconti. Come mai per il tuo esordio hai scelto una storia così densa e potente?
Credo siano le storie a decidere per me. A un certo momento vogliono essere raccontate. Immagino si vada per accumulo: vivi situazioni, ti relazioni con altre persone, entri in contatto con realtà diverse. Tutto questo va a sedimentare da qualche parte dentro te, strato su strato, finché un giorno senti l’urgenza di liberartene. Che si tratti di esperienze piacevoli o meno, che riguardino te in prima persona o altri: se ti hanno toccato, ne è rimasta traccia. Scrivere permette di rielaborare come in una specie di psicodramma: rivivi qualcosa (anche sotto forma di metafora) per prenderne poi le distanze.

“Il tempo tagliato” narra la storia di Viola, una donna che ha vissuto tutta la vita all’ombra del proprio marito, famoso direttore d’orchestra, e che alla sua morte sente la necessità di trovare un tempo personale. Chi è, veramente, Viola?
Viola è una donna normale, una come tante. Tende a identificarsi nello stereotipo di moglie e madre perfetta e, per una somma di valori morali acquisiti fin da bambina, associa l’idea di amore a quella di sacrificio. Crede che, dedicandosi totalmente agli altri, la sua vita acquisti un senso. Allo stesso modo Viola rappresenta tutti, uomini e donne, quando vengono rapinati del loro ritmo di vita, del loro tempo libero, sia che questo succeda per cause esterne (lavoro, famiglia, ecc…), sia che si tratti di un’esigenza interiore. Spesso, poi, si dà agli altri quanto più amore possibile per essere certi di riceverne indietro almeno un po’. E allora forse non si tratta di amore puro, ma anche di timore. Paura di restare soli, di non essere apprezzati, di venire abbandonati. Anche in questo senso siamo tutti un po’ Viola, io credo.
Il tempo è il vero protagonista di  questo romanzo: è l’agente atmosferico che condiziona il viaggio di Viola, è l’ossessione umana e musicale di Federico, è il ritmo personale che la donna non riesce più a trovare dopo la morte del marito, come se il lutto avesse bloccato il suo orologio interiore. Cosa ti ha portato a scrivere un libro sul tempo?
Una riflessione sulla parola “tempo”, sulle sue tante accezioni. Ma soprattutto su quanto il concetto di tempo oggettivo influenzi le nostre vite. Si guarda l’orologio fin troppo spesso, ogni giorno, si corre e ci si affanna per far fronte a tutto nella speranza di quel piccolo premio finale: un cinema, il libro prima di dormire, un’uscita con gli amici. E magari, invece, finisci per crollare esausto sul divano. A lungo andare si rischia di entrare in un circolo vizioso: lavoro, casa, impegni vari. E niente tempo per se stessi. Una sofferenza.
Il tuo romanzo presuppone una profonda conoscenza e un grande amore per la musica e il mondo che la circonda. Vuoi parlarcene?
Le mie conoscenze tecniche sono in realtà molto scarse: so leggere la musica e trovare le note sui tasti del pianoforte, ma non so suonare. Ci sono cresciuta però, perché a casa mia se ne ascoltava tanta, e di molti generi diversi. All'inizio degli anni Ottanta ho frequentato l’ambiente musicale underground di Cuneo e dintorni: c’erano curiosità e fermento, fame di nuovo. La nostra era una città fin troppo tranquilla e la musica aiutava noi ragazzi a esprimere ciò che sentivamo, compresa la noia. Ho sempre avuto amici musicisti, anche adesso. E poi ho un figlio che suona diversi strumenti. La musica è come la Parola, evocativa, ed è forse il veicolo più veloce a portarmi dentro me stessa, o a proiettarmi altrove, in altri tempi e altri luoghi, sotto altri cieli.
Parliamo della “fuga” di Viola, un termine bivalente che sottintende, oltre al significato più ovvio, una forma musicale in tempi antichi chiamata “ricerca”.  Una metafora per comprendere meglio il viaggio della protagonista?
Sì. Per quanto io porti grande rispetto alle parole, amo anche giocarci. Così mi sono divertita con la doppia interpretazione di “fuga”, come hai giustamente rilevato: Viola che abbandona alla chetichella la festa di cui è ospite d’onore mentre stanno suonando Bach, il maestro delle fughe. Anticamente quella forma musicale era detta ricercare. Una fuga dunque nasceva a metà strada tra il genio del compositore e la conoscenza delle regole armoniche necessarie. Nella vita accade la stessa cosa, mi pare: spesso ci guardiamo dentro e cerchiamo risposte che arrivano solo quando il cuore e il cervello si sincronizzano. Quando siamo soli con noi stessi e decisi a dirci tutta la verità.
Vi sono pagine che descrivono con profonda consapevolezza la fatica di vivere di persone che hanno perso l’armonia interiore. Quanto ha influito la tua personale esperienza lavorativa?
Sicuramente il mio lavoro nel sociale si ripercuote anche sulla scrittura. Le persone con le quali entro in relazione hanno vissuti di grande dolore alle spalle: lutti, abbandoni, emarginazione, malattia, crollo della fiducia nel mondo e nella vita. Ascoltare le loro storie è sempre un’esperienza iniziatica, è ricevere codici di accesso a esperienze che io non ho fatto, e chiavi di lettura diverse  a sofferenze che io stessa ho sperimentato. Il dolore degli altri, quando lo raccogli, ti scotta le dita, ma è un dono di fiducia. Ti permette una conoscenza più vasta dell’Uomo, e di esercitare l’empatia.
Cosa c’è nei tuoi progetti futuri di autrice?
Ho iniziato la stesura di un nuovo romanzo, a cui tengo molto. Un’altra storia che mi chiede di essere raccontata.
Silvia Longo è un’autrice dalla scrittura elegante, fluida, pulita come raramente si ha occasione di trovare. Le sue pagine emozionano per la forza del contenuto espresso con uno stile impeccabile. Siamo davvero orgogliosi di aver presentato una scrittrice che promette di diventare un sicuro punto di riferimento nella narrativa italiana.
Grazie Silvia e un grandissimo “in bocca al lupo” per il tuo romanzo.

Grazie a voi, è stato un piacere!

Ringraziamo Silvia Longo e la casa editrice Longanesi per la gentile collaborazione e per il materiale fotografico messo a disposizione di Pinkafé.
Per cortesia della casa editrice, presentiamo ai nostri lettori un estratto dal libro “Il tempo tagliato” (Longanesi & C © 2012).
21 giugno, solstizio d’estate.
Balzo dal sonno sudata, a corto di fiato.
Incubi, forse. Oppure il caldo.
La notte e` trascorsa come niente fosse, senza lasciare postumi di frescura. Appena le otto, e la persiana diffonde luce a liste sottili, mobili di pulviscolo. Giugno radioso si insinua nella stanza gia` satura di gradi. Spietato. E nessuna concessione di vento.
L’estate e` scoppiata in anticipo, due settimane fa. Persistente, appiccicosa come un profumo sbagliato. Non riesco a lavarmela di dosso, faccio fatica a dormire. A compiere ogni piccolo movimento.
Torno a stendermi. Un fianco, poi l’altro, di schiena alla finestra. Chiudo gli occhi e mi ostino sulla scia di un sogno che ormai svanisce lasciando solo un’ansia indefinita.
Passano minuti insieme alla speranza di riaddormentarmi. Il cuore batte forte al centro, e il costato ne amplifica il suono. E ` un rumore di digiuni protratti. Di assenza.
Mi libero del lenzuolo, lo scalcio via con rabbia.
Distesa sulla pancia adesso, gambe e braccia allargate. La pancia. Il modo migliore per dormire, quando fa caldo, e trovare conforto. Pancia sotto, cosı`, e quanti aggettivi mi scivolano addosso, tutti quelli che potrebbero calzare, e invece no, non fanno presa, non hanno aderenza. Tutti tranne uno, che ho paura persino a pensarlo.
Sola.
Un fiotto di luce colpisce il letto proprio in mezzo, quasi una benedizione, un sacramento effuso sulla mia pochezza nuda e ferita. Intingo me stessa in questo guado fino a cogliere, con le dita e i pensieri, il ritmo giusto a portarmi. Calibro il volo, che sia breve e asciutto di sentimento. Con il corpo sara`lecito, magari, ma farsi godere il cuore e` un azzardo. E la mia pelle non e` piu` avvezza al sole. Mi mordo le labbra, controllo il respiro. Anche se non c’e` nessuno qui accanto, ne´ in casa.

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