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Il ten. Ettore Ponzi e gli Internati Militari Italiani
Creato il 09 novembre 2012 da Ambrogio Ponzi @lucecoloreGrazie al libro di Mario Avagliano e Marco Palmieri “Gli internati militari italiani”, pubblicato da Einaudi tra anni fa, è venuto finalmente alla luce un capitolo dimenticato della guerra di Liberazione in Italia 1943-45. Su iniziativa dell’ANPI, il volume è stato presentato a Fidenza nei giorni scorsi alla presenza di uno degli autori.
Ma chi erano gli 800.000 militari italiani che si rifiutarono dopo l’armistizio di continuare la guerra nazifascista nelle file della repubblica di Salò e che pagarono a caro prezzo questa scelta con la deportazione nei lager nazisti, come accadde al nostro concittadino Ettore Ponzi? Sostanzialmente degli sconfitti che avevano vissuto il fallimento del regime fascista in cui erano cresciuti, la misera fine delle guerre di Mussolini, lo sfacelo delle forze armate dopo l’8 settembre, la brutalità dei tedeschi dopo la resa. Essi fecero quindi una scelta per la patria senza maiuscole né aggettivi, la comunità nazionale in cui tutti potevano riconoscersi, come le stellette e l’esercito. Non una scelta antifascista motivata in termini ideologici: piuttosto il rifiuto del fascismo come il regime che voleva la continuazione della guerra con i tedeschi. Al primo posto c’era la difesa della dignità di uomini e di militari, valori sempre vivi in loro, come in passato. Al termine della guerra il ritorno in patria degli Imi non ebbe né l’accoglienza né i riconoscimenti che essi si attendevano. Vennero subito dimenticati: era il Paese che voleva rimuovere la guerra senza un riesame delle cause che l’avevano provocata né tantomeno delle varie responsabilità. Fare memoria della loro vicenda storica significa anche recuperare una dimensione più ampia della Resistenza antifascista tanto che oggi, secondo lo studioso Giorgio Rochat, si dovrebbe parlare di quattro resistenze: 1) quella dei partigiani e civili; 2) quella delle forze armate a Cefalonia e in altre località europee ; 3) quella dei deportati nei campi di prigionia e sterminio; 4) quella dei militari nei lager tedeschi. In questo ambito si iscrive anche la vicenda del tenente Ettore Ponzi, grazie anche alla preziosa documentazione raccolta dal figlio Ambrogio e presentata in anteprima al pubblico. Dopo l’8 settembre 1943 fu catturato prima a Berat (Albania) e poi nuovamente dai tedeschi: venne internato a Semlin (Belgrado), poi a Vienna e infine a Wietzendorf per essere liberato nell’aprile 1945 dopo ben 15 mesi di prigionia. Il libro di Avagliano e Palmieri gli dedica due pagine, tratte dal diario che Ettore teneva su un’agendina personale. In esso emergono soprattutto l’amore per la famiglia, (“Penso e sogno la casa e la famiglia, come penso e sogno il paradiso”) e quello per la pittura (“Oggi più che mai vorrei riprendere in mano colori e pennelli per dar sfogo al mio grande desiderio di dipingere") Nel 2010 gli è stata riconosciuta la medaglia d’onore alla memoria nel corso di una cerimonia pubblica svoltasi a Parma.
M.F.
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