Cominciò a tremare, tutto.
Si guardarono negli occhi, terrorizzati.
- Oh Dio, il terremoto!!, urlò lei, cominciando a prendere in mano tutto quello che le stava intorno.
Raccoglieva tutto quello che le passava per le mani - strofinacci, piatti, un cappello... - agitandosi ripetutamente, in modo convulso, riversando orribilmente le orbite degli occhi.
Una scena pietosa.
Lui si teneva fermo appoggiando una mano al muro, che sentiva ondulare paurosamente.
Il lampadario della cucina oscillava ostentatamente, senza cadere, ma facendo un rumore di molla cigolante che rendeva tutto surreale.
Fuori scattavano allarmi, sbattevano porte, si udivano diffusi rumori di diffusi oggetti in frantumi, urla, gente che corre...
E lui guardava tutto in modo indifferente. L'unica vera occupazione era quello di rimanere in piedi, fermo, evitando il pericolo di cadere.
Si voltò.
Osservò la sua compagna ormai persa nella sua paura.
Allora appoggiò tutte le sue due mani al muro, allargò le gambe con forza e cominciò spingere, cercando di fermare l'ondulazione sempre più marcata provocata dalla scossa tellurica.
Voleva fermare tutto!
- Ora ci penso io, maledizione..., si sentì urlare, spingendo sempre più forte.
E nello stesso tempo gli venne in mente la Pimpa, che da sempre, quando si presenta un problema, risponde con "solerzia "ci penso io!". E sorrise.
Spinse. Piantò le gambe ancora più larghe. Strinse i denti e gli occhi nello sforzo. Cominciò a sudare.
La scossa sembrava crescere di intensità.
Allora lasciò tutto, improvvisamente, conscio di non poter far nulla.
Il soffitto si incrinò e gli crollò addosso.
Le squadre di soccorso lo ritrovarono, due giorni dopo, senza più alito in corpo con gli occhi aperti in uno sguardo gentile.
La sua compagna si salvò.
Non sempre lottare aiuta. A volte scappare è più funzionale allo scopo.