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Il terrorismo culturale

Creato il 27 gennaio 2016 da Barbaragiorgi @gattabarbara

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Ormai lo sappiamo tutt*. Notizia del giorno:  il presidente iraniano ROUHANI è arrivato in visita ufficiale in Italia, ricevuto dalle più alte cariche dello Stato (che non nomino perché non mi va) e pure dal Papa. E  – in occasione della sua VISITA AI MUSEI CAPITOLINI – si è pensato bene di nascondere-celare-occultare alcune statue rappresentanti “nudità”, dietro dei pannelli. Per salvare probabilmente l’occhio del presidente da pensieri peccaminosi: perché le statue come la VENERE CAPITOLINA (nella foto) possono suscitare pensieri impuri.

Del resto, già la occidentalissima REGINA VITTORIA, imponeva nel Regno Unito di coprire le gambe dei tavoli e le nudità delle statue per evitare che il peccato si diffondesse come virus nelle menti e nei cuori dei suoi sudditi. In quel periodo, le donne erano una “proprietà” del marito: non potevano parlare di sesso, né potevano mostrare parti del corpo ad altri uomini. Nel frattempo, parlando solo di Londra, ogni gentiluomo sposato poteva girellare liberamente  negli oltre 3.000 bordelli a disposizione. Per dire: la coerenza. Potrei portare molti altri esempi di “terrorismo culturale”, ma il dettato repressivo della Regina Vittoria  (soprattutto sulle donne) mi sembra emblematico.

Il “periodo vittoriano” terminò nel 1901. Oggi siamo nel 2016, ma pare che le donne, l’arte e la cultura stiano vivendo da sempre un gran bel Medioevo. Per cui, di fronte ad un presidente, si coprono seni e cosce di marmo.

Ma il problema va oltre ed è lì che mi viene davvero rabbia. Perché questo “coprire” già di suo così RIDICOLO ed OTTUSO, assume la veste del SERVILISMO nel momento in cui è fatto per stringere patti ed alleanze per motivi economici, finanziari, politici. E c’è l’agenda anti-Isis da discutere. Figurarsi cosa contano delle statue “peccaminose”. 

Così, si coprono quelle magnifiche nudità, nostro orgoglio di fronte al mondo. Si coprono delle statue come messaggio di compiacenza, come servile annullamento della nostra cultura, come accettazione dell’altrui concezione della DONNA che – in Iran – deve essere “velata” (pena multe e carcere): “le donne che compaiono in luoghi pubblici senza indossare un velo adeguato saranno condannate da dieci giorni a due mesi oppure a versare un’ammenda da 50.000 a 500.000 riyal” (articolo 638 del Codice penale iraniano ratificato nel 1996).

E così, non potendo velare tutte le cittadine italiane per compiacere il presidente (utile e potente), si nascondono delle statue “nude”. Almeno quelle.

Chi mi conosce sa bene quanto io sostenga l’interculturalità, la “contaminazione culturale” e quanto io condanni ogni forma di razzismo, chiusura, discriminazione. Ma questo fatto… beh. Qui si cade nel RIDICOLO.

Vivere l’interculturalità non significa annullare la cultura, la storia, l’arte del Paese che accoglie.

Vivere l’interculturalità non significa annullare i propri valori e dettati civili, accettando lo svilimento e annullamento della donna come Persona.

Ma qui non c’è intercultura: questo si chiama servilismo economico-politico.

Per combattere il terrorismo dell’Isis, si china la testa di fronte ad una sorta di “terrorismo culturale”. 

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