Il terrorismo islamista ha ben poco dell’Islam

Creato il 19 gennaio 2015 da Sviluppofelice @sviluppofelice

“Abbiamo deciso di cambiare il calendario per pubblicare subito questo articolo, dato l’enorme dibattito che si sta sviluppando sul tema. Sollecitiamo altri contributi a Sviluppo Felice da parte di esperti di rapporti tra culture e tra religioni, dell’integrazione degli immigrati in Europa o in Italia, il ruolo della cooperazione in questi problemi, ecc.”

di Giuseppe Spedicato

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 Dobbiamo rassegnarci all’incomprensione fra le due civiltà?

I terribili atti terroristici di questi giorni in Francia, rimettono al centro dell’attenzione la questione dell’inserimento sociale delle comunità immigrate in Europa, in particolare quelle di fede islamica. La convivenza con queste comunità è condizionata dall’inefficienza delle politiche europee di inserimento sociale, ma anche dall’opera di movimenti estremisti islamici. Questi insegnano che il Corano deve essere applicato alla lettera, così come avrebbe fatto il Profeta Maometto. Accade però che molti degli islamici presenti in Europa (ma il discorso vale anche per molti islamici che non sono emigrati) non conoscono per nulla o a sufficienza l’arabo classico per poter leggere il Corano e paradossalmente non possono mettere in pratica il primo comandamento inviato da Dio: Leggi! Cioè: tu devi leggere il Corano e non fartelo leggere ed interpretare da altri.

A ciò si deve aggiungere che la maggior parte di costoro sono poco propensi alla lettura in genere. I leader estremisti religiosi, inoltre, promuovono un odio verso la cultura; in particolare contro quella occidentale, ma non solo contro questa, basti pensare alla loro opera di distruzione di importanti monumenti storici, compresi luoghi sacri islamici, in Afghanistan, in Iraq, in Siria, in Mali. I nostri estremisti islamici pertanto, pretendono di agire in nome di una religione che però conoscono molto poco. Per loro essere islamico significa solo pregare, non bere alcol e fare il ramadan.

In buona sostanza si impegnano a dare un’immagine di islamico devoto dietro la quale però non vi è nulla e quando vi è qualcosa, questo è impresentabile. Dalla religione prendono ciò che degli abili pifferai gli dicono di prendere. Finiscono per rapportarsi alla religione come si fa con un supermercato, dove non poche volte si va per fare acquisti solo per calmare gli effetti di patologie come quella dell’essere disadattato. In buona sostanza si comportano come se fossero una banda di un ghetto urbano, perché questa è la cultura che conoscono. La solidarietà è quella che si instaura in questi contesti, soggetti emarginati in lotta con il resto della città. Nelle periferie delle grandi città europee pertanto, vi è un Islam che sembra privo di veri riferimenti culturali tradizionali.

Tutto ciò è evidentemente avvenuto, come è stato già detto, anche, se non soprattutto, per il fallimento delle politiche di inserimento sociale degli immigrati e quindi anche del nostro sistema scolastico e culturale. Molto poco dibattuto però è un altro fenomeno: il clima di odio che si sta alimentando nei paesi islamici, arabi in particolare, contro l’Occidente (sfortunatamente non del tutto ingiustificato). Questo odio, sapientemente veicolato, rischia di trasformare la religione islamica in islamismo. Ovvero in una nuova religione, vuota di valori religiosi (a partire dalla misericordia) e culturali, e molto poco disponibile al dialogo.

O per dirla in altro modo, gli sforzi fatti per globalizzare ogni cosa, per omologare ogni cosa, nei paesi islamici, arabi in particolare, stanno producendo una “modernità” differente da quella sperata. Si rifiuta la “modernità” occidentale creandone una nuova partendo dalle proprie radici culturali, ma soprattutto modificandole, adottando sempre di più quelle wahabbite. In Afghanistan i talebani sono arrivati a distruggere le statue del Budda con l’intento di modificare la storia remota del loro paese, dove tutto deve essere riferito alla loro interpretazione dell’Islam. Ciò vuol dire che sarà sempre più difficile costruire una vera politica mediterranea, sempre più difficile creare un’intesa tra le due sponde del Mediterraneo, sempre più difficile il dialogo tra i popoli arabi e quelli europei. Vale a dire che si consoliderà lo status quo, “cambiando tutto in modo che nulla cambi”. Il dialogo tra i popoli sarà artificiosamente reso impossibile, conseguentemente i popoli continueranno ad odiarsi e le rispettive élites continueranno a fare affari sulla pelle dei rispettivi popoli.

L’articolo 22/1/2015


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