Creare un nemico è la strategia migliore per vincere e così al terrorismo esplicito delle bombe e della guerra di civiltà se ne contrappone un altro nascosto, preterintenzionale, le cui vittime sono molte di più, ma non figurano in nessun elenco di caduti, sono morti del caso e del destino. Quel nemico è il profitto senza remore e senza regole, lo vediamo in questi giorni nei quali prima dei morti di Bruxelles abbiamo dovuto piangere quelli del pullman maledetto dell’Erasmus. Lo sappiamo bene, anche se fingiamo di non saperlo: gli studenti sarebbero ancora vivi se l’autista avesse potuto fermarsi per dormire o se non avesse dovuto lavorare come un asino per poter portare a casa un salario, se non fosse stato costretto a ripartire alle tre di notte affinché il pullman non rimanesse fermo, affinché qualcuno guadagnasse di più. Quei ragazzi sono egualmente vittime di una guerra di civiltà: quella che non vediamo, ma che erode giorno per giorno le conquiste fatte, la sicurezza reale, le regole acquisite.
Tuttavia di questo secondo nemico non ci accorgiamo perché è mimetizzato fra di noi, perché gli abbiamo dato il permesso ideologico di agire, perché in qualche modo ce lo portiamo dentro come tentazione e opportunità , lo abbiamo adottato come stile di vita e fa parte di noi. Dunque l’assassinio si chiama fatalità o al massimo si sbatte in galera un poveraccio, ma non si tocca il mandante reale e concreto e si onora invece quello invisibile che impone queste logiche alla società e spinge a devastare l’impianto di diritti per poter portare al limite lo sfruttamento delle persone.
Oddio non è che con il terrorismo esterno le cose vadano molto diversamente, anche perché esso è funzionale al primo e difatti vediamo in prima fila sulle barricate della retorica d’accatto contro un’ Islam di fantasia proprio quelli che il pullman lo fanno tornare alle tre di notte perché la gente deve “laurà”. La radice ambigua di tutto questo la si scopre quando si apprende che gli attentatori di Bruxelles, all’origine, quando servivano agli interessi occidentali, di Washington e Parigi in primo luogo, alla destrutturazione di intere regioni, venivano armati e considerati eroi. Quando i primi ragazzi cominciavano a partire dalle periferie delle città belghe per combattere contro il governo di Assad, il ministro degli esteri Didier Reynders disse: “Forse gli faremo un monumento come eroi di una rivoluzione”.
Adesso si paga il fio. Anzi lo pagano gli innocenti, perché i responsabili di tutto questo si ergono a difensori e protettori dei cittadini e dicono loro che per poter svolgere questo compito difesa devono malauguratamente scippare loro altre libertà. Altroché se è in corso una guerra di civiltà, ma non arriva da eroi mutatisi in terroristi, da gente comunque già sorvegliata, ma incredibilmente lasciata libera di agire, arriva dalle oligarchie che dal terrorismo e dalle guerre ricavano lo spazio per rendere sudditi i cittadini. O apriamo gli occhi e ce ne accorgiamo per tempo o saremo tutti vittime di qualche “fatalità”