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Il Terzo Forum Economico e Commerciale tra Cina e Paesi dell’Est Europa: alla ricerca di un’alternativa all’Europa?

Creato il 14 gennaio 2014 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Il Terzo Forum Economico e Commerciale tra Cina e Paesi dell’Est Europa: alla ricerca di un’alternativa all’Europa?
Introduzione

Il 26 Novembre si è svolto il Terzo Forum Economico e Commerciale tra la Cina e i Paesi dell’Europa Centrale e Orientale; nei tre giorni di visita, il premier cinese Li Keqian ha incontrato a Bucarest, Romania, i leader di 16 Paesi dell’Europa Centrale e Orientale per discutere di partnership commerciali e di investimenti nei Paesi dell’area.

Tale incontro ha confermato le intenzioni, manifestate già da alcuni anni, di aumentare gli investimenti e i contatti commerciali cinesi nella zona. Negli ultimi cinque anni infatti si sono moltiplicati i contatti commerciali ed economici tra la Cina e molti dei Paesi dell’Europa orientale, tra cui Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Ucraina e Romania.

Gli accordi economici tra Cina e Europa Orientale da una parte sono di grandissima importanza strategica e commerciale per le parti coinvolte, dall’altra dimostrano anche la scarsa competitività dell’Europa Occidentale, ancora in piena crisi economica, e la difficoltà di fare investimenti nell’Unione Europea.

Gli investimenti cinesi in Europa

Gli investimenti diretti all’estero sono una realtà relativamente recente per la Cina: fino alla metà degli anni ’80 erano completamente inesistenti e hanno iniziato a prendere piede nella strategia commerciale cinese solamente negli ultimi quindici anni. Nel 2000 la Cina ha ufficialmente reso gli investimenti diretti all’estero parte della propria politica economica-commerciale, lanciando la Go Global Strategy. Con questa politica si intendeva incoraggiare, attraverso sgravi e benefici fiscali, le imprese cinesi a partecipare al mercato finanziario internazionale e favorire dunque gli investimenti diretti all’estero tramite acquisizioni e joint venture1.

Fig. 1 Il flusso degli investimenti cinesi all’estero (in milioni di dollari)

Investimenti cinesi 3

Fonte: UNCTAD, 2009

Nonostante ciò, gli investimenti cinesi sono rimasti relativamente ridotti: solo l’1% dei capitali stranieri nel mondo sono cinesi e di questo 1% la maggior parte non si trova in Europa, ma in Asia, in Oceania e in Africa. Tuttavia dalla metà degli anni 2000 attrarre gli investimenti cinesi è diventata una priorità. In Europa i maggiori partner commerciali sono la Francia, la Germania, la Spagna, l’Italia, i Paesi Bassi e il Regno Unito.

A muovere gli investimenti cinesi ci sono chiaramente fattori di spinta e altri di attrazione: Gattai2 indica come potenziali fattori di spinta (push factors) la situazione economica e politica cinese, in particolare le politiche governative volte a incoraggiare gli investimenti esteri da un lato e dall’altro la sovraccapacità produttiva di certi settori; fattori di attrazione (pull factors) sono individuati nelle caratteristiche particolari dei Paesi esteri, come il potenziale accesso a nuovi mercati e/o il costo della manodopera, e nei rapporti bilaterali volti a stabilire relazioni commerciali.

Nel caso Europeo, da un lato la Cina è interessata ad espandersi su nuovi mercati esteri3, dall’altro sia l’Unione Europea che i Paesi dell’Est Europa hanno promosso misure per attrarre investimenti stranieri. Ad esempio, i Paesi del Centro e Est Europa hanno promosso politiche fatte di benefici fiscali quali l’abolizione della doppia tassazione, abolizione di tariffe doganali, creazione di zone economiche regolamentate più liberamente e facilitazioni nell’accesso al credito4. In tal modo, sono riusciti a attrarre l’attenzione della Cina, che nel corso degli ultimi anni ha stretto accordi bilaterali con una serie di Paesi dell’area, tra cui la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Polonia, la Russia e l’Ucraina5.

Gli accordi presi nei Forum Economici e Commerciali

Il primo Forum Economico e Commerciale tra la Cina e i Paesi dell’Europa Centro-orientale si è svolto a Budapest nel 2011, coinvolgendo 16 nazioni: l’Albania, la Bosnia-Erzegovina, la Bulgaria, la Croazia, la Repubblica Ceca, l’Estonia, l’Ungheria, la Macedonia, Montenegro, la Lituania, la Lettonia, la Romania, la Polonia, la Serbia, la Slovacchia e la Slovenia.

Gli obiettivi proposti dalla Cina sono stati cinque: primo, aumentare l’intensità del commercio aprendo i rispettivi mercati e riducendo le barriere doganali; secondo, promuovere gli investimenti diretti e la creazione di joint venture, in particolare nei settori della telecomunicazione, delle energie rinnovabili e nell’agricoltura; terzo, migliorare la cooperazione nella costruzione delle infrastrutture. In particolare, la Cina nell’occasione ha dimostrato interesse a partecipare alla costruzione del ponte Zemun in Serbia e di una linea tranviaria euroasiatica e a finanziare altri progetti di infrastrutture nell’area Est Europea. Il quarto obiettivo riguarda la cooperazione fiscale e finanziaria, attraverso la creazione di un fondo di cooperazione e l’adozione di misure finanziarie per sostenere il commercio e la collaborazione economica. L’ultimo obiettivo ha una natura meno economica e si propone di incrementare gli scambi culturali ed educativi ed espandere il settore turistico6.

La seconda edizione del Forum Economico e Commerciale si è svolta nell’Aprile del 2012 a Varsavia. L’allora Premier cinese Wen Jiabao, riallacciandosi alla vecchia amicizia che legava i Paesi al tempo della fondazione della Repubblica Popolare Cinese7, ha annunciato dodici misure per promuovere l’amichevole collaborazione tra la Cina e i Paesi dell’Europa Centro-orientale. Come nella prima edizione, molti di tali provvedimenti hanno avuto carattere prettamente economico, come l’intensificazione dei traffici commerciali per raggiungere l’obiettivo di 100 miliardi di dollari entro il 2015 e la creazione di una linea di credito del valore di 10 miliardi di dollari; altri invece hanno compreso obiettivi a più ampio respiro, come una collaborazione per promuovere l’educazione dei giovani attraverso programmi di scambio inter-universitario, promuovere la conoscenza della lingua cinese e l’espansione del settore turistico8.

Nel Terzo Forum Economico e Commerciale, la Cina ha portato avanti tre proposizioni.

Primo, duplicare il volume del commercio nel giro di cinque anni, in particolare riguardo al settore agricolo. Secondo, creare un gruppo per finanziare grossi progetti di infrastrutture, combinando le esigenze dell’industria manifatturiera cinese con la necessità dei Paesi dell’Est e Centro Europa di costruire o migliorare linee ferroviarie, porti, strade e telecomunicazioni. Terzo, avviare una banca d’investimento per promuovere il finanziamento e la collaborazione tra piccole e medie imprese.

Sebbene non tutti gli accordi commerciali sono andati a buon fine, molti sono quelli che invece già nel giro di due anni hanno iniziato a dare i loro frutti: ad esempio, la Great Wall, la principale marca automobilistica cinese, ha aperto una fabbrica di assemblaggio in Bulgaria, mentre la ZTE e Huawei hanno aperto delle filiali in Ungheria e Romania9.

La visione dell’Europa

I contatti tra Cina e Europa Centro-orientale sono appena all’inizio, ma già non mancano di preoccupare l’Unione Europea. Tuttavia, molti esponenti di organi affiliati all’Unione Europea hanno dichiarato di comprendere la scelta opportunistica della Cina di cercare accordi commerciali con i Paesi dell’Est Europa, dato l’attuale affaticamento dell’economia europea in genere.

Thomas Konig, il coordinatore per la Cina all’European Council on Foreign Relations, ha infatti dichiarato che a causa della crisi economica che ancora affligge i Paesi dell’Unione Europea, gli accordi presi in precedenza sono in una fase di stallo. In queste circostanze, la Cina si è mossa per ricercare nuovi partner commerciali e nuovi mercati per esportare i propri prodotti.

Commentando sul Forum di Bucarest, Jonathan Hoslag, ricercatore al Brussels Institute of Contemporary China Studies, ha aggiunto che gli accordi tra Cina e l’Est Europa sono un chiaro segno della perdita di credibilità dell’Unione Europea: l’impasse economico dell’Unione Europea ha certo spinto i Paesi dell’Europa dell’Est – ed in particolare quelli che sono nuovi membri dell’Unione Europea come la Repubblica Ceca e la Romania – a cercare da soli un partenariato commerciale ed economico con la Cina. D’altro canto, la Cina è alla continua ricerca di nuovi mercati e l’Europa dell’Est al momento non solo offre un ampio mercato e un punto d’ingresso per il mercato unico europeo, ma offre anche ottime opportunità di investimento, con una manodopera specializzata a basso costo e una legislazione favorevole agli investimenti stranieri.

Secondo Shi Yinhong, ricercatore alla Renmin University of China, non c’è dunque da stupirsi che la Cina abbia promosso accordi commerciali con l’Est Europa: giacché l’Unione Europea rappresenta comunque un grande mercato, cercare contatti economici con i Paesi del Centro e Est Europa è una buona mossa diplomatica. Molti di essi sono infatti membri giovani dell’Unione Europea, con eguali diritti rispetto agli altri membri ma con una legislazione più accessibile rispetto a quei Paesi che fanno parte dell’Unione Europea da più tempo10.

Conclusioni

Negli ultimi tre anni i Paesi dell’Est e del Centro Europa hanno attivamente ricercato gli investimenti diretti cinesi, favorendo le acquisizioni e la formazione di joint venture attraverso un’oculata politica fiscale, finanziaria e commerciale. Il Terzo Forum Economico e Commerciale in questo senso rafforza maggiormente gli accordi già presi riguardo a importanti progetti infrastrutturali, investimenti nei settori agricolo, energetico e delle telecomunicazioni, nonché scambi a livello turistico e culturale.

Tali scambi economici e commerciali sono sicuramente vantaggiosi per entrambe le parti: per i Paesi dell’Europa Centro-Orientale si tratta di fare affari con una potenza emergente, che con i suoi investimenti potrà creare crescita economica e sviluppo nei Paesi dell’area; per la Cina, gli accordi economici con l’Est Europa rappresentano l’accesso a un ricco e importante mercato in cui esportare prodotti manifatturieri cinesi.

Tuttavia, considerando che tutti Paesi Europei coinvolti nel Forum Economico e Commerciale sono membri, candidati o potenziali candidati dell’Unione Europea11 e che quindi intrattengono importanti rapporti politici ed economici con la UE, il fatto che dal 2011 abbiano ricercato partnership commerciali con la Cina in autonomia è molto significativo.

Come affermano diversi esperti all’interno della UE, la crisi economica è ancora molto sentita in Europa e ciò sta creando una situazione di scarsa competitività e credibilità dal punto di vista economico. L’Europa rappresenta ancora un importante partner commerciale per la Cina, che è ancora estremamente interessata ad entrare e investire maggiormente nel mercato unico europeo. Data la situazione, se l’Unione Europea non vuole correre il rischio che altri Paesi membri ricerchino accordi economici con l’emergente potenza asiatica in autonomia, sono assolutamente necessarie una maggiore apertura del mercato verso l’Asia e accorte politiche per promuovere la crescita economica e superare la crisi che ancora affligge molti dei Paesi membri.


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