Magazine Diario personale

Il toast

Da Chiagia

Ieri guardavo lo spot di un formaggio filante per toast e quell’immagine mi ha riportato alla mente sensazioni antiche, un po’ come quando in Ratatouille il critico Ego assaggia il piatto che dà il titolo al film.
Il toast era il cibo delle sere in cui non si cucinava, magari perchè a pranzo si era esagerato e allora si decideva di stare “leggeri”.
Che il toast, ora lo sappiamo ma all’epoca no, è tutt’altro che un cibo leggero, con il pancarrè che se lo nomini a una dietologa scappa urlando e agitando le mani, con la sottiletta che è fatta della stessa sostanza dei grassi saturi.
Ora lo sappiamo, e infatti mica lo mangiamo noi che siamo sempre in dieta, ma allora no.
Comunque, dicevo, quell’odore di pane che si scalda, e spesso brucia facendo le righe scure, quel gusto in bocca di formaggio filante, un po’ di nostalgia me la dà.
Riesuma anche ricordi che forse andrebbero sepolti come il pucciare il toast nel caffelatte (e non fate quella faccia, che qui nel caffelatte ci pucciamo anche la focaccia e fa gli aloni d’olio sulla superficie).
Riporta alla mente un pomeriggio dal mio amico Paul che aveva la prima tostatrice con la molla che sparava i toast a fine cottura, mirabolante invenzione che avrebbe però impedito l’ustione degli stessi e il conseguente e caratteristico rito della “grattatura con il coltello del bruciato” e perciò noi non la avemmo mai.
Il prosciutto crudo, che con il calore diventa salatissimo, quello cotto, che scaldato ricorda le sue origini di bestia.
Ah, il toast. La mia madeleine.



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