La bugia? Sono in debito di tempo.
La verità? Sono in debito di sonno.
La certezza? Ho tanti sogni nel cassetto.
Dormo circa cinque ore a notte. Saranno dieci anni che non riesco a tenere gli occhi chiusi per più di quelle ore. Non ho bisogno di dormire con la testa su un cuscino comodo quando la vita non mi soddisfa pienamente.
Ma alla fine, chi ha la vita che ha sempre sognato?
Beh, devo dirvelo, la vita che sogno l’ho vissuta, per un piccolissimo lasso di tempo ma l’ho vissuta. Dieci giorni di ignoto, meraviglia, nuove conoscenze, nuove esperienze e susseguenti nuovi sogni da realizzare.
Di fronte a noi, una cartina geografica, una penna, un plico di fogli, quattro bicchieri di vino e tanti sogni nel cassetto. Protagonisti di questa storia: una ragazza pazzamente perfezionista, un ragazzo con la testa fra le nuvole, il fidanzato di lei, ed io.
Ci ritrovammo nel nostro bar frequentato per abitudine e per l’ambiente familiare che ci permetteva di sederci ai tavoli e di fare cose che in un bar qualunque non avremmo mai potuto fare. Tutto parte dai sogni, dai discorsi e dal buttare giù un idea per un viaggio pazzo da fare verso ottobre, tirando linee per collegare la nostra Italia ad percorso da fare in giro per l’Europa. Un girotondo con un pizzico di senso e una grande quantità di follia.
Ora: diciamolo chiaramente.
Quante possibilità hanno quattro giovani dai 20 ai 25 anni di organizzare un viaggio in treno di dieci giorni passando per più di quattromila chilometri di ferrovia senza che nulla vada storto o comunque di trasformare questi sogni in realtà?
La risposta è facile. Zero.
Parliamo seriamente.
Quante volte vi siete trovati con gli amici ad organizzare viaggi fantastici per poi lasciare perdere di fronti agli impegni, alle litigate, alla mancanza di denaro e a tutti i problemi che la vita ci schiaffa contro per tenerci a tutti i costi con i piedi per terra?
Falliscono.
Falliscono quelli che hanno una faccia di cera, falliscono quelli che pensano di mangiare riso freddo per dieci giorni di fila senza condividerne nemmeno un chicco, falliscono quelli che si aggregano ad altri per paura di rimanere soli.
Poi ci sono gli amici, quelli veri, che senti tuoi come un’unica famiglia. Quegli amici che tua madre arriva a casa e ti dice che ha preso la spuma per Andrea, visto che sa che durante l’estate le cene in casa con “i soliti tre” sono all’ordine della settimana. Ci sono quegli amici che arrivano, salutano tua madre e aprono il frigo in cerca delle olive, con tanto di occhiataccia della mamma perché sa che quelle olive non faranno più ritorno, ma che nonostante tutto, si assicurerà che la prossima volta che l’amico aprirà il frigo, ve ne siano di nuove pronte all’uso.
Eh si… questi qui ce la fanno. Non sono come gli altri. Questi qua hanno anima, cuore e testa da vendere. E ce la fanno. Gli altri… beh… quelli… quelli no.
Passammo tre mesi di fuoco, fino all’arrivo dei pass per posta e l’ufficializzazione del tutto. Avevamo i biglietti in mano! E’ fatta! In dieci giorni: “Parigi, Amsterdam, Monaco di Baviera e Innsbruck”. Ed io che fino ad ora sono stato solo a Monte Carlo!
Ottobre arriva in un lampo. La vita stessa è un lampo ed è per questo che sono fiero di passarlo con queste persone. Non è mai tempo buttato.
Passai le ore seduto sul seggiolino del treno pensando, con un po’ di timore, al fatto che oramai era fatta per davvero. Non potevo di certo tornare indietro.
Sono stato sulla cima della Tour Eiffel e li mi sono sentito davvero come il Re del Mondo e sono convinto che uno spettacolo simile difficilmente lo rivedrò da qualche altra parte.
Siamo arrivati ad Amsterdam dopo un travaglio lunghissimo fatto di cambi di treno, problemi con i biglietti e l’animo stanco di alcuni dei miei compagni di viaggio che si cominciavano a scaldare lentamente. L’ho vissuta prendendola a piccole dosi, e fidatevi, sto parlando della città. Anche questa l’ho vista dall’alto grazie ad una giostra e non ho avuto bisogno di altro per volare per davvero.
Questa è stata sicuramente la città delle stranezze, e qua mi sento di dover specificare che le stranezze non erano delle belle ragazze in vetrina o i locali che vendevano “erbe per la felicità” ma delle persone davvero fuori dal normale, come ad esempio un vecchio che aveva girato il mondo, con la barba lunga e ispida che sembrava a tutti gli effetti un vecchio comandante di una baleniera, per non parlare di due ragazze spagnole che ci hanno fatto prendere un colpo entrando in camera nostra alle due di notte per restituirci delle carte da gioco, oppure ancora un indiano completamente andato, seduto, o meglio, tenuto su grazie al perfetto equilibrio del busto e alla forza di gravità, che veniva aiutato dagli amici a “ritrovarsi” mangiando qualcosa, per poi farlo subito “riperdere” facendogli fumare l’ennesima coltivazione. Ce ne siamo andati a Monaco con l’aspettativa di trovare grandi stinchi e birra, ma abbiamo trovato molto di più. Una città piena di sorprese, da degli artisti di strada decisamente fuori dal comune ma dal talento eccezionale, passando per le immense chiese che mostravano meraviglie architettoniche assurde, le immense vallate verdi e finendo poi col conoscere, in camera nostra, una ragazza ucraina che si era trasferita li da New York per studiare. Innsbruck fu la chiusura, visitata solo per poche ore, come se fosse il “bicchiere della staffa” che si fa dopo aver mangiato bene al ristorante. Tornando a casa, sempre seduto su un treno, stavolta notturno (dove, anche qui, abbiamo avuto problemi con i biglietti, ma il buonsenso del controllore lombardo ha fatto si che tutto si risolvesse con un pagamento in denaro di una piccola somma per avere un biglietto valido a tutti gli effetti), ho cominciato a tirare le somme di questa “prova di vita”, dove, senza evitare giochi di parole, la vita mi ha decisamente messo alla prova. Sono felice di essere me stesso, anche se quel viaggio ha cambiato l’essenza che risiede in quello che sono oggi, sono felice di avere quegli amici al mio fianco e di aver condiviso con loro questa esperienza. Sono felice di aver incontrato persone speciali che tutt’ora sento, anche se non mi abitano proprio sotto casa.
Il freddo all’esterno condensava il mio respiro, facendo diventare il finestrino un’immagine totalmente diversa da quella che avevo in testa. I miei occhi vedevano le ferrovie italiane, la tristezza dei passeggeri, gli occhi spenti dei pendolari che alle cinque cominciavano già la loro giornata, mentre la mia mente era rimasta inesorabilmente a Parigi, rammaricandosi di aver passato troppo poco tempo in quella che sarebbe diventata nei ricordi la MIA Parigi e con l’augurio di ritrovare, magari in un altra avventura, qualche persona speciale che ho incontrato durante il mio viaggio.
Sono arrivato ad una conclusione dopo quell’avventura:
La bugia? Sono in debito di sonno.
La verità? Sono in credito di tempo
La certezza? Ho tanti sogni nel cassetto che verranno tirati fuori tutti.
Lucky
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