Bran.
Che il prologo fosse qualcosa di a sé stante lo sapevamo, è praticamente sempre così, quindi non c’è nessuna sorpresa nel vedere il capitolo successivo con gli occhi di un nuovo personaggio. Anche perché, diciamocelo, per Will il prologo non era certo finito nel modo migliore.
Quello che avrei scoperto a breve, e come me lo avrebbero scoperto tutti gli altri lettori è che quello di Bran è solo uno di punti di vista della storia. In A Game of Thrones i punti di vista sono otto, prologo a parte: Bran, sua madre Catelyn, Daenerys Targaryen, suo padre Eddard, il suo fratellastro Jon, sua sorella Arya, il cognato del re Tyrion Lannister e l’altra sua sorella Sansa. Non tanti, per una storia che si concentra su poche località. Già nel Trono di spade e nel successivo Grande inverno, traduzioni italiane dell’opera di Martin, i personaggi iniziano ad allontanarsi l’uno dall’altro. In A Clash of Kings, diventato da noi Il regno dei lupi e La regina dei draghi, questo processo si accentuerà, e arriveranno personaggi nuovi, perciò la storia sarà sempre più ampia, e per lo scrittore sarà più difficile portarla avanti. Questa è certamente una delle motivazioni che stanno alla base del lunghissimo arco di tempo necessario perché George riuscisse a completare prima A Feast for Crows e poi A Dance with Dragons. Se in The Winds of Winter i personaggi torneranno gradualmente a riunirsi (quelli che saranno ancora vivi, per lo meno), i prossimi volumi potrebbero essere più facili da scrivere. Speriamo. Ma visto che per i venti dell’inverno c’è ancora tempo noi torniamo all’estate. Un’estate strana, visto che si parla di nevi della tarda estate cadute abbondanti (pag. 23). Se questa è l’estate, non voglio nemmeno conoscerlo l’inverno.
Più o meno, perché per avere la conclusione della storia nell’inverno ci dovremo finire davvero, mica per niente i titoli (provvisori?) dei prossimi due volumi sono The Winds of Winter e A Dream of Spring. E speriamo che il sogno di primavera dell’ultimo romanzo non resti solo un sogno ma che sia qualcosa che si avvera, che la primavera arrivi e che gli Estranei si sciolgano come neve al sole. Fra l’altro prima di optare per questo titolo Martin aveva ipotizzato di chiamare l’ultimo volume A Time for Wolves. Significa un riscatto per gli Stark, dopo tanti momenti cupi? Per fare queste ipotesi è presto, anche se io e tanti altri facciamo ipotesi da anni e continueremo a farne per altri ancora.
Comunque per Bran è il nono anno dell’estate, il settimo della sua vita (pag.19), e già qui qualcosa appare strano. Cosa vuol dire il nono anno dell’estate? Un vago accenno lo avevo avuto da un risvolto di copertina che, nel 1999, mi era apparso complicatissimo. Il risvolto parla di “una terra fuori dal mondo, dove le estati e gli inverni possono durare intere generazioni”, e di “Una lunghissima estate” che “sta per finire”. Che pace e serenità siano in procinto di finire è ovvio, altrimenti non avremmo la storia. Quanto alle stagioni che durano intere generazioni, oziosamente mi sono chiesta come possano le persone coltivare i campi e come sia possibile la vita, ma se metto da parte questi dubbi – lo stesso Martin ha affermato che le stagioni funzionano così grazie alla magia, e che non dobbiamo cercare una spiegazione scientifica – allora l’immagine è estremamente suggestiva. Il motto degli Stark è L’inverno sta arrivando, e non può certo riferirsi solo a un po’ di freddo o a qualche nevicata abbondante. Martin ha detto che i colori della fantasy sono più vividi dei nostri, i sapori più intensi, tutto è esaltato. E l’inverno, nel suo mondo, fa davvero paura.
Ho amato Bran fin dal principio, per molto tempo nella mia testa lui è stato “il mio amico Bran”. È giovane ma è in gamba, e si vede subito. Sì, ci sono i racconti della vecchia Nan nella sua testa, e dobbiamo fare attenzione a non liquidarli come favole per bambini. Spesso in questi romanzi favole, leggende e canzoni contengono un nocciolo di verità importante, e le profezie hanno la tendenza a realizzarsi, anche se non come ci aspetteremmo noi.
Non sappiamo nulla del dialogo con il condannato a morte, e mi ha infastidita il fatto che nella serie televisiva questo dialogo si senta. Io capisco che sono mezzi diversi, e ci sono cambiamenti necessari. Nel romanzo passiamo direttamente dalla morte di Will al momento dell’esecuzione di Gared, mentre nella serie televisiva c’è un breve intervallo a Grande Inverno. La scena è interessante, ci fa vedere Arya che odia il ricamo e che è bravissima con l’arco, ci mostra un Bran circondato dall’affetto dei suoi cari e una Catelyn fredda nei confronti di Jon Snow. Pagine di descrizioni sono state condensate in poche immagini, e non ho nessun problema neanche con l’assenza della neve. Ma il dialogo no, quello non avrei voluto sentirlo. Bran non ricorda nulla, ma in realtà Gared non ha detto nulla di significativo a Ned. Lo dice nel capitolo successivo, in cui è lo stesso Eddard ad affermare che il prigioniero era come impazzito, e che le sue parole non sono riuscite a raggiungerlo. E ci credo, ha visto gli Estranei e probabilmente anche Ser Waymar tornare in vita e uccidere il terzo confratello, mica sono scene belle anche se lui è l’unico che impazzisce per questo. Ma nella serie tv cerca di avvisare del pericolo che incombe su di loro e non viene ascoltato, e io non ce lo vedo quell’uomo granitico, per il quale il dovere viene prima di ogni cosa e che sa che l’inverno sta arrivando, ignorare un avvertimento del genere.
Jon si preoccupa per Bran, e già solo da questo fatto diventa subito simpatico. Theon, con la sua prestazione calcistica, è tutto il contrario. Jon, nella sua sinteticità, ha ragione: è un idiota.
Sulla via del ritorno c’è uno scambio di battute fra Robb e Jon, presentati come opposti in tutto, e questo per un po’ mi ha tratta in inganno. Robb non è perfetto, nessuno dei personaggi lo è, ma è in gamba. Il suo punto di vista non c’è, non è possibile entrare nella sua mente, ma è un figlio di cui Eddard Stark può andare fiero. Lo scambio di battute nasconde un altro degli errori di Sergio Altieri, là dove fa dire a Robb “sono stati gli Estranei a rubargli lo sguardo”. Affermazione assurda, visto che nessuno crede all’esistenza degli Estranei. La frase in realtà è un’imprecazione, non un’affermazione: “gli estranei si prendano il suo sguardo” (o i suoi occhi).
I due galoppano, e c’è una conversazione fra Ned e Bran. In televisione la conversazione avviene prima della partenza, ma recitare stando fermi è più facile e non c’è il rumore degli zoccoli dei cavalli a rischiare di coprire le loro voci. Mi ha infastidito invece il fatto che le battute siano cambiate, amo i dubbi di Bran sul coraggio. E amo intensamente la spiegazione di Ned sul perché gli Stark non abbiano un boia.
Fra l’altro qui si inserisce un piccolo pezzo della storia del continente. Negli Stark scorre il sangue dei primi uomini. Non è un dettaglio da poco quello del sangue, e non sto parlando di problemi di corna, figli illegittimi e bazzecole di questo tipo che verranno fuori più avanti. Nei Targaryen scorre il sangue di drago. Possono essere fuori di testa come Viserys o in gamba come Daenerys, in loro scorre quel sangue. E negli Stark scorre il sangue dei Primi Uomini, quello che gli consente di instaurare un legame speciale con i meta-lupi. E venerano gli alberi-diga, dettaglio da non trascurare. La storia del continente è lunga otto millenni, tanto è vecchia la Barriera, e alcuni snodi sono fondamentali.
Quindi c’è il ritrovamento della meta-lupa, la prima immagine che si è fatta strada nella mente di Martin. E qui c’è l’errore più grande di Altieri, che indica come un corno di unicorno l’oggetto che ha ucciso la meta-lupa rimanendole conficcato in gola. Altieri ha scelto un animale più fantasy rispetto a quello indicato da Martin, e ha fatto perdere un presagio, visto che il cervo è simbolo di Casa Baratheon, la casa cui appartiene il sovrano dei Sette Regni. Fra l’altro Altieri si perde per strada anche la poeticità di alcune espressioni di Martin, o il fatto che alcune frasi siano molto personalizzate. Quando Theon dice che “sono duecento anni che non si vede un meta-lupo a sud della Barriera” (pag. 24) in italiano Jon risponde “se ne vede uno adesso”, ma in realtà ha detto “I see one now”, cioè “io ne vedo uno adesso”.
Poco più sotto, quando la compagnia vede il corno di unicorno/cervo per Altieri Ned parla, e “la sua voce riuscì a spezzare il silenzio che continuava a gravare su tutti” (pag. 25), ma in realtà “his voice broke the spell”, cioè “la sua voce ruppe l’incantesimo”. Questo è A song, un canto, non una cronaca, e quando si parla dopo un presagio non si rompe un silenzio, ma un incantesimo.
Theon minaccia uno dei cuccioli, e lui “si agitò e si lamentò, come se si rendesse conto della minaccia” (pag. 25), ma in originale “the little thing squirmed against him, as if heard and understood”. L’animale non si agita in modo generico ma espressamente contro Theon, come se avesse sentito e capito. La percezione del pericolo è molto concreta e, come vedremo, i meta-lupi capiranno sempre quando ci sarà un pericolo in agguato. Un’altra perla è legata al fatto che al nord i bastardi si chiamano Snow “per decreto reale” (pag. 26), mentre Martin parla di semplice “custom”, usanza. D’altra parte quando Jon afferma di non essere uno Stark Ned non lo guarda “con attenzione”(pag. 26) ma “thoughtfully”, pensieroso. Sappiamo bene cosa c’è dietro la nascita di Jon, giusto? E fin dal principio Ned lo guarda pensieroso.
Un altro paio di traduzioni poco corrette. Ned avvisa i figli di occuparsi bene dei cuccioli, dicendogli “che gli dei vi aiutino se li trascurerete, se li tormenterete, se li maltratterete” (pag. 26). Altieri non traduce “or train them badly”, “o se li addestrerete male”. Un errore più grande c’è poco dopo, quando “Inaspettatamente, a metà del ponte, Jon venne a cavalcare alla testa del gruppo” (pag. 27). Jon ha sentito qualcosa, quindi in italiano va a cavalcare alla testa del gruppo – chissà perché poi – e poi “tornò indietro al galoppo”. Giusto, se si sente qualcosa di molto fievole bisogna sempre allontanarsi per sentire meglio, e poi tornare indietro. Martin però ha scritto che “Halfway across the bridge, Jon pulled up suddenly”, cioè “si fermò improvvisamente”. Altro che andare in testa al gruppo. Ha sentito qualcosa e si ferma, quindi torna indietro. E parlando dell’ultimo meta-lupo Altieri si dimentica totalmente di tradurre che “His eyes were as red as the blood of the ragged man who had died that morning”, cioè che “i suoi occhi erano rossi come il sangue dell’uomo cencioso che era morto quella mattina”.
È la prima volta che leggo abbastanza in parallelo le due versioni, traduzione italiana e romanzo in inglese, e Altieri si è preso davvero delle libertà notevoli, non sempre giustificate da finalità espressive. Leggo in italiano per capire meglio lo svolgersi di certi eventi e per fare meno fatica, ma mi sa che per capire meglio lo spirito della storia una lettura in inglese non ci stia male.
Lasciando da parte le vicende della traduzione, mi soffermo su alcuni punti.
Fra gli uomini presenti c’è Harwin figlio di Hullen. Mi ero totalmente dimenticata di lui. Più avanti tornerà fuori, Martin non si dimentica mai dei suoi personaggi. A volte li accantona perché la loro storia non gli interessa più, ma non li dimentica, e Harwin tornerà fuori là dove non mi sarei mai aspettata di trovarlo. Una delle infinite sorprese di questa saga.
Bran inizia a interrogarsi sul nome da dare al cucciolo. Si interesserà a lungo, e il nome che sceglierà sarà significativo. Potrebbe essere un presagio positivo?
Spettro, il meta-lupo albino, è muto. Ancora non lo sappiamo, Martin lo dirà solo più avanti, come più avanti dirà il suo nome, ma quel meta-lupo non emette alcun suono. Come ha fatto allora Jon a sentirlo? A me viene in mente una sola risposta: lo ha percepito. I due erano legati prima ancora di incontrarsi e abbracciarsi, e Jon sente l’animale che lo chiama quando nessun altro sente nulla. E i suoi occhi sono aperti, vigili. Forse perché il suo padrone deve vedere e affrontare cose che gli altri neanche immaginano che possano esistere.
Ned dice una frase strana, che forse il meta-lupo era stato allontanato. Ma questo è impossibile. Gli altri cuccioli sono ciechi, quindi non potevano vedere che Spettro era diverso, a meno che non abbia anche un odore diverso, cosa che invece non viene mai ipotizzata. Probabilmente nella frase si riflettono pensieri di Ned relativi al fatto che chi è diverso non può essere accettato nel gruppo.
Sotto la foto c’è uno spoiler relativo a Il grande inverno. Per sicurezza lo scrivo in bianco, per leggerlo basta selezionare l’area e le mie parole appariranno per contrasto.
Robb parla con una voce determinata e imperiosa come quella del lord che un giorno diventerà (pag. 25). Robb dovrà diventare determinato molto prima di quanto chiunque possa pensare, in primo luogo quando dovrà occuparsi di Grande Inverno dopo la partenza del padre e poi, in modo molto più forte, quando chiamerà a raccolta i vessilli di guerra.