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Il trono di spade di George R.R. Martin. Capitolo 25: Eddard

Creato il 02 agosto 2012 da Martinaframmartino

Il trono di spade di George R.R. Martin. Capitolo 25: EddardNed ha ufficialmente iniziato le indagini sulla morte di Jon Arryn, e ovviamente deve procedere con i piedi di piombo vista l’importanza delle persone coinvolte, o quanto meno sospettate o sospettabili. Già, chi poteva, chi avrebbe osato, assassinare un uomo amato da tutti come Jon Arryn? Ovviamente parte dei lettori lo sa con certezza, anche se la rivelazione arriva quando meno ce lo saremmo aspettato e con modalità sorprendenti. Davvero una scena illuminante quella, che mi ha fatto riconsiderare un bel po’ delle cose che sapevo – o che credevo di sapere – sulla saga. Dove si trova? Più avanti ovviamente, chi l’ha letta non ha certo bisogno che glie lo dica io e chi non l’ha ancora letta lo scoprirà. Di mezzo ci sono un bel po’ di scene emozionanti, sconvolgenti, esilaranti e chi più ne ha più ne metta, al punto che se prima dell’inizio del capitolo qualcuno ci avesse detto che avremmo finalmente saputo con certezza l’identità dell’assassino saremmo stati ben poco interessati. Insomma, con tutto quello che succede ancora di Jon Arryn bisogna parlare? Non è storia vecchia? No, ci sono cose che dobbiamo sapere, e che hanno sul lettore un effetto che definire dirompente è dir poco.

A proposito, ancora non sappiamo con certezza chi sia il mancato assassino di Bran. A parte Jaime che lo ha buttato giù dalla torre intendo. Chi ha armato la mano di quell’uomo? Per ora abbiamo solo l’accusa di Ditocorto a Tyrion, come per Jon abbiamo solo l’accusa di Lysa a Cersei. Ma un’accusa non è una prova, e anche quando ci sono le prove bisogna poter agire perché queste prove abbiano una qualche importanza.

Visto che per ora non abbiamo nulla di concreto con le chiacchiere mi fermo qui, anche se avviso che questi non sono gli unici omicidi o tentati omicidi della serie.

Il trono di spade di George R.R. Martin. Capitolo 25: Eddard
Ad Approdo del Re fa caldo, e Ned non gradisce il clima. Un po’ come Milano in questi giorni, solo che noi non abbiamo paura che l’inverno possa arrivare. Pycelle ricorda l’estate di re Maekar, e ricordo che con Maekar siamo all’epoca dei racconti di Dunk ed Egg. Maekar si intravede nel Cavaliere errante, racconto compreso nell’antologia Re di sabbia tutt’ora in commercio. Lo ricordo per chi volesse acquistarla: i sette racconti che si trovano al suo interno molto belli, anche se con quello che dà il titolo all’antologia a un certo punto ho iniziato ad avere una fifa notevole. L’ho finito solo perché ero troppo curiosa di conoscere la sua conclusione visto che è scritto benissimo, ma… aiuto!!!

Probabilmente per poter leggere l’antologia ve la dovrete far ordinare dalla vostra libreria, visto che è un libro vecchio (è del 2008) e che non ha venduto tanto sia perché Martin ancora non era notissimo sia perché le antologie vendono sempre meno dei romanzi. Per me però ne vale assolutamente la pena.

Il cavaliere errante è lungo una novantina di pagine, e al suo interno compare Maekar, anche se non è ancora re. Al di là della bellezza della storia si scopre qualcosa in più sui draghi dei Targaryen e vengono chiariti anche interessanti dettagli sulla linea di successione. Come ha fatto Maekar a diventare re se è un quarto figlio? Non lo scrivo perché non voglio rivelare il divertimento a chi intende leggere il racconto, al di là del fatto che non viene certo narrato tutto perché Maekar, in fondo, è solo un personaggio secondario. All’epoca di Spada giurata, racconto purtroppo disponibile in Italia solo nella versione graphic novel pubblicata da Italycomics, siamo sotto il dominio di re Aerys – non Aerys il Folle ma il primo nel suo nome – e a Dorne c’è, per il secondo anno consecutivo, la siccità. Chissà se e quando avremo un chiarimento sull’alternarsi delle stagioni. Martin ha chiaramente detto che poiché questo è un fantasy la spiegazione del fenomeno è magica e non scientifica, e ha inserito svariati accenni qua e là.

Il trono di spade di George R.R. Martin. Capitolo 25: Eddard
Quella di Spada giurata quindi per forza di cose non è l’estate di re Maekar, la quale è protagonista di una simpatica altierata. Una delle ultime volte che ho parlato di altierate sono stata contestata perché me la sono presa con un povero traduttore innocente arrivando ad aggredirlo in maniera scorretta. Ok, prendo atto che non a tutti il mio tono piace e vado avanti a parlare di altierate, perché il termine è breve, rende perfettamente il concetto e gioca sulle parole unendo insieme il nome di Altieri e la parola alterazione. Visto che un traduttore lavora con le parole è soltanto coerente giocare con le parole quando si parla di lui perché fa delle sciocchezze. E spesso lo sono, non sono semplicemente espressioni che si possono tradurre in un modo oppure in un altro a seconda del gusto e delle capacità del traduttore. Secondo Altieri “l’estate di re Maekar fu ben più calda di questa, e ben più lunga” (pagg. 279-280), e se sulle temperature nessuno potrebbe avere nulla da ridire, sulla durata qualcosa non torna, visto che tre righe più in basso leggiamo che “nel settimo anno il caldo cessò bruscamente”, e qui scattano i campanelli d’allarme. Chi sta leggendo il libro per la prima volta probabilmente se ne è già dimenticato, sommerso dalla moltitudine di altre informazioni da tenere a mente e da tutto quel che sta accadendo, ma nel primo capitolo abbiamo letto “era il nono anno dell’estate” (pag. 19). Se la matematica non è un’opinione 7 è minore di 9, e infatti Martin ha scritto che “King Maekar’s summer was hotter than this one, and near as long”. L’estate di re Maekar fu quasi altrettanto lunga, una bella differenza.

Perché?

Io non contesto lo stile di Altieri, che mi piace, ma perché tutte queste modifiche inutili e a volte anche dannose? Qui ha creato una contraddizione, altre volte ha fatto dire ai personaggi cose senza senso. Ha modificato spesso le date, e a volte anche i colori. Sono d’accordo sul fatto che il traduttore debba essere libero di interpretare il testo per renderlo in un italiano migliore, se proviamo a fare una traduzione con google translator, che credo che traduca i termini in modo molto letterale, vediamo che non si capisce quasi nulla. L’interpretazione è importante, ma la deliberata modifica o lo scarso interesse a rendere quel che c’è scritto davvero non dovrebbero trovare spazio nel lavoro svolto da un professionista.

Andiamo avanti. Ci viene ricordato quanto Pycelle sia vecchio e si rievocano le ultime ore di Jon Arryn, con l’affermazione “il seme è forte”. Ce la porteremo avanti per un po’, e scopriremo come può essere interpretata. Ma un’interpretazione è sempre la verità o magari è la proiezione di ciò che noi vorremmo vedere?

Torniamo un attimo su Pycelle, che secondo Altieri ha servito “per un breve periodo, addirittura sotto il padre di Jaehaerys, Aegon l’Improbabile, quinto nel suo nome” (pag. 282). Martin parla di “a few short months under Jaehaerys’s father, Aegon the Fortunate, the Fifth of His Name”, e a me vengono in mente due cose. La prima è che da a few short months, alcuni brevi mesi, siamo passati a un breve periodo. Le due espressioni sono abbastanza equivalenti, ma perché essere più generici rispetto al testo originale? Boh.

La seconda riguarda il nome del sovrano, Aegon the Fortunate. Siamo sicuri di quale sovrano sia perché troppi indizi lo indicano: abbiamo l’albero genealogico dei Targaryen e sappiamo che Aegon V è il padre di Jaehaerys e il sovrano che lo ha preceduto. Però Martin parla di Aegon the Fortunate, anche se Altieri scrive Aegon l’Improbabile probabilmente per uniformarsi a tutte le altre volte che quel sovrano viene sempre nominato. Noi lo abbiamo sempre conosciuto così, Aegon l’Improbabile perché quarto figlio di un quarto figlio. Quante probabilità aveva di sedere sul trono? Ma Martin ha scritto Fortunate. Errore suo? Dopo chissà quante edizioni (la mia copia è un paperback del 2011) sembra improbabile che un errore così possa essere sfuggito. E allora non è possibile che Aegon abbia due soprannomi, e che dietro al secondo ci sia tutta una storia che noi dobbiamo ancora scoprire? Ricordiamoci chi è quell’Aegon. Io rimango in attesa che lo zio George mi racconti tutto.

Dopo di che passiamo a parlare di veleno, definito da Ned arma da donne probabilmente anche per vedere la reazione di Pycelle. Piccolo accenno a Varys, che inquieta alquanto il nostro amico Ned. Mai fidarsi di nessuno, si campa più a lungo. Davvero, ci sono simpatiche cose su Varys ancora tutte da scoprire, anche se io so ben più di quanto sappiano la maggior parte dei lettori italiani (e se vi sembra che io stia ridendo sotto i baffi… avete ragione, lo sto facendo davvero. È un po’ come scrivere che quasi certamente la terza stagione televisiva di Il trono di spade si chiuderà con le NR e ridere immaginando la reazione di chi non ha letto i romanzi).

Ned chiede in prestito il libro più noioso dei Sette Regni, probabilmente più indigesto persino dei romanzi di Verga, e incidentalmente s’informa su Cersei. Se lei era via, come ha fatto ad avvelenare il re? Sì, può aver lasciato l’incarico a qualcuno, ammesso che ci sia qualcuno di cui si fida così tanto, ma ci sono problemi di tempismo. Jon sarebbe stato avvelenato il giorno dopo aver chiesto il libro. O il libro non è importante e questo è solo un caso o chi ha scoperto che lo aveva preso ha dovuto agire d’urgenza, e dubito che ci fosse tempo d’informare la regina. Una spia lasciata con ordini ben precisi nel caso in cui Jon avesse fatto determinate cose? Ma Robert ha conquistato il trono una quindicina d’anni prima, perché supporre che si sarebbe fatto dare il libro proprio in quel momento? No, qualcosa non torna, anche se Ned non ci dice nulla dei suoi sospetti e noi siamo rimasti alla pulce nell’orecchio che gli ha messo la lettera di Lysa molti capitoli fa.

Usciti dalla stanza con l’interrogativo su chi stia davvero servendo Pycelle respiriamo un’aria migliore con Arya che cerca di rimanere in piedi su un dito solo. Complimenti per la dedizione al maestro, ma io mi allontanerei comunque dalle scale. Così, giusto per sicurezza. Ne abbiamo abbastanza di bambini che cadono, vero?

Fa piacere vedere che Arya, più giovane di Sansa di due anni, sia rimasta sveglia molto più a lungo a pregare per Bran. Dimostra la determinazione della lupacchiotta, anche se Sansa, fin qui poco simpatica, non ci fa una bella figura.

E qui ci becchiamo un’altra altierata, causata dal fatto che in inglese alcune parole non presentano variazioni per il genere maschile o femminile. Non ho dubbi sul fatto che Altieri conosca l’inglese molto meglio di me, temo però che in alcuni punti fosse un po’ troppo distratto o non avrebbe scritto certe cose.

Pag. 285: “«Io potrò mai diventare consigliera del re e costruire castelli ed essere somma septa?»

Ned la baciò leggermente sulla fronte. «Tu sposerai un re e dominerai sul suo castello. I tuoi figli saranno cavalieri e principi e lord. E forse, ebbene forse sì, anche tu potrai diventare somma septa.»”.

Cosa? E da quando in qua esiste una somma septa nei Sette Regni? C’è un solo Sommo Septon, e direi che uno basta e avanza. Quella di Arya è una battuta, detta per evidenziare le discriminazioni di cui è oggetto per il solo fatto di essere femmina: ci sono cose che lei non potrà mai fare. Non potrà mai essere consigliere del re o somma septa, e il padre rigira le sue aspettative sui figli. Cosa perfettamente in linea con l’ambientazione di tipo medievaleggiante della saga, ma che mi fa fremere dalla rabbia. I figli non sono la donna e quando vedo, in qualsiasi contesto, che la donna non può avere aspettative sue ma deve limitarsi a riversarle sui figli a me viene voglia di mordere qualcuno. Il testo di Martin, giusto per la precisione, è: ““Can I be a king’s councillor and build castles and become the High Septon?”

You,” Ned said, kissing her lightly on the brow, “will marry a king and rule his castle, and your sons will be knights and princes and lords and, yes, perhaps even a High Septon.”

Martin dice che sposerà un re, anche se di re in circolazione non ce ne sono proprio tanti e il futuro re è promesso sposo a Sansa, probabilmente per uniformarsi alla frase della figlia. Non consigliera ma moglie di re, così come non costruirà un castello ma lo condurrà, si occuperà della sua gestione. Sarà sempre in subordine, al servizio degli altri, senza poter mai agire o prendere decisioni importanti. Coloro che faranno qualcosa in prima persona saranno i suoi figli, che diventeranno cavalieri, principi, lord e magari Sommo Septon. Un figlio, non lei. C’è da stupirsi che Arya ribatta “Quella è roba per Sansa?” Lei ha di meglio da fare.

Il trono di spade di George R.R. Martin. Capitolo 25: Eddard

Aidan Gillen

E se non avevamo respirato abbastanza veleni ecco arrivare Ditocorto, e con lui ammiriamo ser Barristan Selmy. Altieri ci informa che “Ned aveva il massimo rispetto per il canuto lord comandante della Guardia reale” (pag. 285), di cui ancora sappiamo ben poco. Lo abbiamo visto presentarsi a Cersei e scherzare con Sansa subito prima dell’episodio che è costato la vita a Lady, ma chi è davvero? A un certo punto lo perderemo di vista, tanto da rischiare di dimenticarci della sua esistenza (ma Martin non si dimentica di nessuno, al massimo lo ammazza), ma tornerà perché il Valoroso ha ancora molte cose da fare. Ha un futuro da affrontare, e probabilmente anche un passato da raccontare, come fanno capire alcuni brevi accenni nella Danza dei draghi. Intanto Ned non ha il massimo rispetto per ser Barristan, lo ha acquisito: “Ned had come to have a deep respect for the aged, white-haired Lord Commander of the Kingsguard”. Sono due cose diverse. Cosa c’è stato fra loro? Sappiamo che prima di essere al servizio di Robert Baratheon ser Barristan era stato consigliere anche di Aerys Targaryen, ma viene da chiedersi se sia davvero tutto qua, il fatto di essere stati su fronti diversi nel corso della guerra, il briciolo di vecchia diffidenza che si percepisce. O è solo perché Eddard, dopo essere giunto ad Approdo del Re, non sa di chi fidarsi e pian piano è giunto ad apprezzare Barristan?

Ned continua a non fidarsi di Ditocorto malgrado la promessa da lui fatta a Catelyn, ma in quest’occasione Petyr si dimostra davvero utile indicandogli un paio di spie e parlandogli di quattro persone che potrebbero sapere qualcosa. C’è anche un briciolo di ironia, anche se la prima volta non me ne ero resa conto, quando i due parlano di persone fidate e Ditocorto suggerisce la possibile vendita di un palazzo a Valyria… terra che ormai non esiste più. Ricordate il Disastro di Valyria, quello che ha spinto i Targaryen verso il continente di Westeros? Per ora se ne accenna solamente, per avere un’idea più precisa bisogna aspettare I fuochi di Valyria, comunque è meglio non prendere mai un palazzo lì, a meno di non voler buttare via i propri soldi.

Nella serie televisiva questa conversazione avviene non nelle stanze di Ned ma nei cortili della fortezza, e Ditocorto indica una sua stessa spia. E il capitolo finisce con una frase ammonitrice e inquietante: “Da quando sei smontato da cavallo, non fidarti di me è stata la cosa più giusta che ti abbia fatto.” (pag. 287). Ve lo siete visto Aidan Gillen con quel suo curatissimo pizzetto mentre dice “Distrusting me is the wisest thing you’ve ever done?” Wow!



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