Avevamo già incontrato Jon dal primo capitolo di Bran, e io lo avevo amato fin da subito. La sua premura verso il fratellastro, il dialogo con Robb sul disertore, l’essere riuscito a convincere Ned a tenere i cuccioli escludendosi dal calcolo dei figli e poi il ritrovamento di Spettro erano sufficienti a far capire che il suo sarebbe stato un gran bel personaggio. E così eccolo qui, felice per una volta di essere un bastardo in modo da non dover subire la noia della tavola alta, che prende “al volo una caraffa” (pag. 58), e io mi domando chi sia l’idiota che lancia le caraffe per vedere se qualcuno è tanto abile e fortunato da riuscire ad afferrarla prima che cada e si rompa e magari evitando che il vino voli in giro dappertutto senza che nessuno riesca berlo. Forse, più semplicemente, era “a passing flagon”, una caraffa di passaggio, forse passata di mano in mano, forse retta da una cameriera che in quel momento stava passando vicino a Jon. E a proposito di altierate, come non ricordare il magnifico “Le alti pareti di pietra grigia erano adornate di stendardi, un caleidoscopio di bianco, azzurro e oro: il meta-lupo degli Stark, il leone dei Lannister, il cervo incoronato dei Baratheon” (pag. 58). Al di là dell’inutile e insensata inversione da “the direwolf of Stark, Baratheon’s crowned stag, the lion of Lannister” con il casato della regina che in italiano viene posto prima di quello del re, come se Cersei fosse più importante di Robert, c’è qualcosa che non torna nei colori. Se rileggiamo l’appendice finale vediamo che lo stemma degli Stark è “un meta-lupo grigio in campo bianco ghiaccio”, quello dei Baratheon un “cervo incoronato, nero in campo oro” e quello dei Lannister “un leone dorato in campo porpora”. L’oro compare in due occasioni, il bianco è ovvio, ma l’azzurro da dove deriva? Probabilmente Sergio Altieri soffre di una rarissima quanto poco nota malattia: il daltonismo da lettura. Lui legge crimson, cremisi, e scrive azzurro, ma ci assicura che non è colpa sua. Come Jessica Rabbit, è che lo disegnano così.
Parafrasando il Poeta, non ragionam di lui (che altrimenti viene l’ulcera) ma guardiamo e passiamo, soffermandoci su una dichiarazione di George R.R. Martin, il quale era un po’ stufo delle immagini false del medioevo propinateci da film e cartoni animati, che mostrano solo i lati nobili dell’epoca, bellissimi castelli, dame elegantissime e nobili cavalieri. Come lui ha ricordato, i cani razzolavano sotto i tavoli dei saloni, e qui cani che razzolano ce ne sono parecchi. Fra loro anche un meta-lupo, Spettro, che mette in fuga una cagna grossa il triplo di lui scoprendo i denti ma senza emettere alcun suono. Jon ci informa che Spettro “Never makes a sound”, che mi sembra un po’ diverso da “Non fa il minimo rumore” (pag. 62). Non solo Spettro si muove in silenzio, ma non emette suono, dettaglio che verrà confermato anche più avanti. Prima che questo avvenga, però, abbiamo una rapida descrizione della famiglia Lannister, quella per la quale Ned, al pensiero di doverla ospitare, non aveva manifestato sentimenti particolarmente felici. Tutti biondi, quasi tutti belli (eccezione: Tyrion, ovviamente, e forse Tommen, grassoccio) e almeno alcuni di loro troppo convinti di essere superiori agli altri e probabilmente stronzi. Segnalo solo che Tyrion ha occhi di colore diverso l’uno dall’altro, come già li aveva Ladislaus Nim di Il segreto del millennio di Katherine Neville, e già solo per questo fatto mi era stato subito simpatico, e che i suoi capelli sono “talmente biondi da apparire bianchi” (pag. 60). Forse il dettaglio vuol dire poco, e semplicemente Martin ha messo un tocco di colore che vale tanto quanto quello della testa sproporzionatamente grossa, ma forse no. Ricordiamocelo, i tratti somatici spesso sono importanti.
En passant ricordo che in televisione il Folletto è interpretato da Peter Dinklage, attore che ha vinto un Emmy per la sua interpretazione e che ha ricevuto parecchie altre nomination. Molti hanno detto che Dinklage è troppo bello per come Martin descrive Tyrion, ma nessuno ha mai messo in discussione la sua bravura.
Fra gli altri incontriamo Benjen Stark. In televisione lo si vede parlare con Ned in una scena che serve a fornire informazioni sui Guardiani della notte e sulla Barriera senza annoiare lo spettatore, ma che comunque mi convince poco. Se Ned fosse davvero così preoccupato, dovrebbe correre a Nord immediatamente. Riceviamo una lezioncina di storia su Daeron Targaryen, e la cosa è meno oziosa di quanto possa sembrare. Quando Aegon il Conquistatore è arrivato sul continente di Westeros c’erano sette regni. Lui ne ha conquistati e unificati sei, ma non ha mai conquistato Dorne. Il più meridionale dei reami, dopo la fallita conquista di Daeron, è entrato nel regno più grande solo attraverso un matrimonio, e anche in tempi non troppo lontani una principessa di Dorne, Elia Martell, ha sposato un Targaryen, Rhaegar per la precisione. Dorne fa un po’ storia a sé, l’ha sempre fatta e chi vorrà stabilire cosa fare in futuro dovrà tenerne conto. Ma di Elia Martin parlerà in un’altra occasione, le sue informazioni sono abbastanza diluite, altrimenti i lettori non gli stanno dietro. Ci sono davvero tante cose da tenere a mente in questi libri.
Jon medita sul suo futuro, Benjen non la pensa proprio come lui, e il giovane esce dalla sala e incontra Tyrion.
E quando Spettro fa un ringhio silenzioso, Lannister osserva, ma solo in inglese, “Shy, isn’t he?”. Tyrion non è esattamente tranquillo, e Jon prova a fare lo spavaldo per compensare i sentimenti di poco prima, poi parlando del suo meta-lupo afferma “L’ho addestrato in questo modo” (pag. 66), anche se in originale si limita a un “I’ve been training him”, lo sto addestrando, senza aggiungere parole inutili. La traduzione di Altieri è così: toglie secchezza alle frasi, spesso spersonalizza le affermazioni, aggiunge dettagli inutili, è più truculenta rispetto all’originale e inventa di tanto in tanto. Si legge benissimo, nulla da dire su questo, ma non brilla certo per la fedeltà all’opera originaria. E così noi leggiamo “Ma tu rimani un Lannister, sangue del loro sangue” (pag. 66) a partire da “You are your mother’s trueborn son of Lannister”. Per Jon quello della madre è un tasto dolente, visto che lui non sa nulla della sua, perciò la sua frase è molto più personale rispetto a quel che si legge nella nostra lingua. E forse c’è sotto anche qualcos’altro, o forse io e tanti altri ci divertiamo ad arrovellarci la testa sul nulla.
Comunque, anche solo per il “tutti i nani potranno anche essere dei bastardi, ma non è affatto necessario che tutti i bastardi debbano essere dei nani” Tyrion è diventato uno dei miei idoli prima ancora di poter entrare nella sua testa.
Il capitolo si chiude con un’immagine bellissima, l’ombra del nano che si allunga su tutto il cortile. “Per un momento, Tyrion Lannister fu più torreggiante del re dei Sette Regni” (pag. 67).
Immagine stupenda, ma perché, perché, perché? Perché Altieri deve sempre metterci lo zampino? Il re dei Sette Regni è un enorme panzone che si diverte a passare il tempo bevendo, mangiando e andando a donne. Non un’immagine molto torreggiante, anche se Robert Baratheon è alto. No, “Tyrion Lannister stood tall as a king”, fu torreggiante come un re. È il c’era una volta delle fiabe. Non è un’immagine transitoria, ora questo tizio è alto, è un’immagine eterna, questo tizio è alto. Punto. Non lampadine, ma fulmini, come diceva Tolkien. Cose che rimangono sempre e per sempre, che non sono transitorie e legate all’istante. E Tyrion Lannister è più torreggiante di un re, di qualsiasi re, perché lui torreggia per sempre.
Sotto la foto un rapidissimo accenno alla teoria R+L=J.
Tyrion dice a Jon che in lui c’è molto più Ned di quanto non ce ne sia nei suoi fratelli. È uno dei tanti falsi indizi disseminati da Martin. All’inizio ci viene detto che Jon è il bastardo di Ned, e che motivo avremmo per dubitare dello scrittore? E il fatto che Jon somigli a Ned ci conferma semplicemente la parentela. Ma come viene detto in altri posti, Jon e Arya sono gli unici due a somigliare a Ned, e Arya somiglia a Lyanna. È abbastanza probabile ce Jon somigli alla madre e non al padre.
Sotto la foto spoiler da La regina dei draghi.
La copertina dell'edizione slovena
Jon, uscito dal salone delle feste, contempla Grande Inverno al buio e gli torna in mente un’antica rovina. Per lui i suoi castelli sono molto simili (pag. 65), e viene da chiedersi se non avvia un briciolo di dono profetico. In La regina dei draghi il bastardo di Bolton effettivamente trasformerà Grande Inverno in una rovina.
Sotto la foto una teoria ancora in attesa di conferma. Sono stata tentata di fare un discorso più completo, e inserire spoiler pesantissimi da A Dance with Dragons, poi ho scelto di non farlo. Questa è solo una teoria, con molti meno indizi rispetto a R+L=J, e forse Dance ha cambiato le carte in tavola, ma la riporto ugualmente senza particolari spoiler da nessuno dei volumi successivi.
La copertina del primo volume dell'edizione coreana
Il drago ha tre teste, ci viene ripetuto più volte. E allora tutti siamo partiti a caccia di Targaryen sotto mentite spoglie. Il primo è Jon, ma indizi, anche se meno forti, puntano il dito anche verso Tyrion.
Tutti i Lannister sono biondi, da Jaime e Cersei ai figli della regina, e spesso il colore dei capelli o vari caratteri somatici sono fondamentali all’interno della trama. Di Tyrion ci viene detto che ha i “capelli talmente biondi da apparire bianchi” (pag. 60). Un colore insolito. L’unica famiglia dalle caratteristiche simili è quella dei Targaryen, i cui capelli sono “biondo argento o platino” (pag. 439). Certo, i capelli non sono e non possono essere un elemento decisivo, ma ci sono altri dettagli che si affiancano a questa caratteristica, a partire dall’affermazione, fatta dallo stesso Tyrion, che suo padre non è del tutto sicuro di essere suo padre (pag. 66). Ok, Tywin è troppo orgoglioso per ammettere volentieri di aver generato un nano, quindi se può gettare la colpa su qualcun altro lo fa, ed è difficile immaginare Joanna, o chiunque altro conosca il lord di Castel Granito , combinare qualcosa alle sue spalle a cuor leggero, ma intanto questi sono un paio di piccoli semi da tenere in mente per il futuro.