A quali romanzi delle Cronache del ghiaccio e del fuoco corrispondono le varie stagioni del Trono di spade? La domanda mi viene rivolta abbastanza regolarmente, perciò ho deciso di rispondere in un articolo invece che semplicemente in coda ai commenti agli altri articoli.
La prima stagione è l’adattamento abbastanza fedele del primo romanzo, A Game of Thrones. Ci sono modifiche, ovvio, e non solo perché si tratta di due forme espressive diverse ciascuna avente il proprio linguaggio. David Benioff e D.B. Weiss, i produttori, non sono George R.R. Martin, l’autore dei romanzi, e anche se amano l’opera di Martin hanno le loro sensibilità che si sovrappone a quella dello scrittore. Impostazioni diverse, problemi diversi, sensibilità, limiti… di questo e di altro parlerò sabato 8 giugno dalle 15,00 in poi al San Giorgio di Mantova Books.
Volete sapere quale sarà per me la difficoltà maggiore? Rimanere nell’ora a mia disposizione! Non ce la farò mai… Questo comunque è il programma dell’evento: http://sangiorgiodimantovabooks.blogspot.it/p/programma.html. Come potete vedere io ed Emanuele Manco, il direttore di FantasyMagazine, saremo in Auditorium già una mezz’ora prima per chiacchierare un po’ intorno a Effemme, la nostra rivista cartacea appena giunta al settimo numero. Il primo numero contiene uno speciale di ben 32 pagine dedicate a Martin. Sono sette articoli (quattro interamente miei, due ai quali io ho collaborato) datati 2010, perciò della serie televisiva parliamo a livello di casting e produzione ma ancora non era possibile parlare nello specifico dei vari episodi, e visto che A Dance with Dragons sarebbe stato pubblicato solo l’anno successivo tutto quello che ho potuto fare è stato parlare dei problemi di scrittura e di quanto ruotava intorno a quel romanzo. A mio giudizio anche a distanza di anni sono cose interessanti, ma io sono di parte e non lo nego. Nei numeri due, tre e quattro di Effemme non ci sono articoli dedicati a Martin, ma nel numero quattro c’è uno degli articoli di cui vado più orgogliosa. Si tratta di Jolanda e le sue figlie: eroine in cerca d’avventura. Quando ho la possibilità di spaziare a piacimento da una saga all’altra mi diverto da matti, sto progettando una cosa analoga – ovviamente con diverso soggetto – anche per il numero otto della rivista, oltre a un nuovo articolo su Martin (e su chi sennò?). Nel quinto numero c’è A sud della Barriera: George R.R. Martin e i Sette Regni, rapido (per i miei standard, che ovviamente non coincidono con quanto è rapido per la rivista) sguardo alle località principali del continente di Westeros. Solo Westeros, non Essos, già così ho sforato alla grande i limiti di spazio. Nel sesto c’è Viaggio nel passato con George R.R. Martin, rapido (sempre secondo i miei standard) riepilogo sull’importanza del passato nella saga di Martin. Nel settimo niente Martin, mi sono concentrata su Robert Jordan, e appena trovo un po’ di tempo vorrei parlare ancora di lui.Spazio pubblicitario finito, torniamo ai romanzi e alla serie televisiva.
Le edizioni italiane dei romanzi non sempre coincidono con quelle originali, credo che ormai lo sappiate tutti. Primo, secondo e quarto romanzo sono stati divisi in Italia in due libri, terzo e quinto in tre libri. Parlando dei romanzi io riporto il titolo originale e fra parentesi i volumetti italiani, in modo da non lasciare dubbi su quale sia il volume a cui mi sto riferendo. Da due anni e mezzo hanno iniziato ad arrivare in libreria nuove edizioni delle stesse storie che corrispondono ai romanzi originali, ma su questi volumi i vecchi titoli italiani sono indicati perciò dovremmo riuscire a capirci comunque.La prima stagione del Trono di spade corrisponde ad A Game of Thrones (Il trono di spade e Il grande inverno). Ci sono un’infinità di piccole modifiche, ne ho accennato più su e ne parlerò più diffusamente a Mantova, ma la storia è quella. Chi doveva fare un viaggio lo fa, chi doveva vivere vive e chi doveva morire muore, chi ha un cambiamento significativo nella sua vita, chi entra in contatto con qualcuno… non proprio tutto è uguale, per esempio Brynden Tully compare già nel primo romanzo ma solo nella terza stagione televisiva perché i produttori hanno deciso di semplificare un po’ le cose per non confondere gli spettatori. I lettori iniziano i romanzi con un appendice di 19 pagine dedicato alle nobili case, e se hanno un dubbio su chi sia un determinato personaggio lo possono consultare senza problemi. Gli spettatori non hanno un simile aiuto perciò una certa semplificazione è necessaria. Romanzo e serie televisiva finiscono nello stesso punto, in fondo Benioff e Weiss non potevano conoscere la risposta del pubblico e non avevano idea se l’opera sarebbe stata apprezzata. Dovevano per forza realizzare qualcosa che poteva stare in piedi anche da sola.
Quando la risposta è diventata un sì, gli spettatori ci sono perciò si va avanti, il progetto è cambiato. Non più “un romanzo = una stagione televisiva”, ma “la saga = la sequenza di tutte le stagioni”. Questo è l’adattamento di una saga, di un’opera di ampio respiro, e un approccio di questo tipo permette ai produttori libertà molto maggiori.
La seconda stagione corrisponde ad A Clash of Kings (Il regno dei lupi e La regina dei draghi). Si tratta però di una corrispondenza meno precisa. La storia si discosta dai romanzi in misura molto maggiore rispetto a quanto avvenuto nella prima stagione, e in più si chiude con una scena che è basata – molto liberamente – sul prologo del terzo romanzo.Lo sappiamo quanto è forte l’ultima scena – che siano parole o che siano immagini – di A Game of Thrones (in questo caso di Il grande inverno). Per quanto A Clash of Kings (La regina dei draghi) abbia una sequenza di battaglia (7 o 8 capitoli e un intero episodio) emotivamente molto forte, dopo la battaglia ci sono alcuni aggiustamenti da fare e si rischierebbe di chiudere sotto tono. Se però si devono agganciare gli spettatori per farli tornare dopo un anno serve in chiusura una scena forte. Da qui l’anticipazione del prologo del terzo romanzo alla conclusione della seconda stagione.
La terza stagione si basa approssimativamente su due terzi di A Storm of Swords. Il romanzo è lunghissimo e ricco di avvenimenti, condensarlo in un’unica stagione non gli avrebbe reso giustizia. La terza stagione perciò narra più o meno gli eventi che si svolgono in Tempesta di spade e nei Fiumi della guerra mentre la parte conclusiva del libro, Il portale delle tenebre, confluirà nella quarta stagione. Per chi è interessato e sa di cosa sto parlando confermo che qualche giorno fa negli Stati Uniti hanno iniziato a parlare del casting di Oberyn Martell, anche se per ora non è stato fatto il nome di nessun attore.In futuro non sappiamo come verranno gestite le stagioni anche se la produzione si dovrà per forza allontanare dal lineare svolgimento dei romanzi. In A Feast for Crows (Il dominio della regina e L’ombra della profezia) mancano diversi personaggi, fra cui tre dei più amati. Martin doveva raccontare troppe cose, il libro stava diventando troppo lungo, e così ha escluso quelli che, geograficamente parlando, erano lontani dagli altri. Quei personaggi sono tutti tornati in A Dance with Dragons (I guerrieri del ghiaccio, I fuochi di Valyria e La danza dei draghi). La televisione non può fare la stessa cosa e lasciare fuori alcuni attori con il rischio da un lato che gli attori prendano altri impegni e dall’altro che gli spettatori si dimentichino di loro, perciò probabilmente la quarta stagione, che inizieranno a girare a breve, comprenderà la parte finale di A Storm of Swords (Il portale delle tenebre) e alcune parti di A Feast for Crows e A Dance with Dragons. La quinta stagione dovrebbe essere dedicata alle parti rimanenti di A Feast for Crows e A Dance with Dragons.
Martin sta ancora scrivendo il sesto romanzo, The Winds of Winter, e dovrebbe concludere la saga con il settimo, A Dream of Springs. HBO conta di rializzare sette stagioni, perciò probabilmente avremo in chiusura l’equivalenza fra romanzo e serie televisiva, ma è presto per dirlo. Al momento è presto pure per dire se Martin finirà di scrivere i romanzi prima che la televisione concluda il suo show. I produttori conoscono la conclusione, glie l’ha detta lo scrittore per consentirgli di fare i loro piani futuri, quindi potrebbero andare avanti autonomamente e, se Martin non si sbrigherà, arriveranno a farlo davvero. A quel punto sarò io che dovrò fare del mio meglio per evitare gli spoiler perché se posso guardare la serie basata su alcuni romanzi che amo mi rifiuto di conoscere la conclusione (una conclusione, visto quante differenze ci sono) dalla televisione.A proposito di spoiler, non leggete assolutamente l’altra sezione di questo articolo se non avete visto il nono episodio della terza stagione, o se non avete letto I fiumi della guerra.
Per darvi ancora un po’ di tempo e scoraggiarvi dall’andare avanti se non sapete cos’è successo inizio divagando, tanto divagare mi viene bene.Domenica sera HBO ha trasmesso RW. Venerdì Sky giungerà a NR, ma visto che la televisione italiana trasmette due episodi per volta non si fermerà lì e giungerà fino a quella che per ora è la fine della storia. Ovviamente non sto dando i numeri, anche se c’è chi pensa che quando io inizio a parlare di George R.R. Martin mi dimostro lievemente fuori di testa.
Le due sigle si riferiscono all’evento principale della nona puntata della terza stagione di Game of Thrones (Il trono di spade). Per chi la letto A Storm of Swords (o almeno fino a I fiumi della guerra compreso) non c’è bisogno di essere più precisi, sanno esattamente a cosa mi sto riferendo, per chi non lo sa è meglio non sapere oltre. Davvero, si tratta di un episodio che è meglio conoscere prima, l’impatto emotivo è uno di quelli che non si dimenticano facilmente. Alcuni commenti inviati dai fan su Twitter sono stati raccolti da io9 qui: http://io9.com/the-100-best-tweets-about-last-nights-game-of-thrones-511003444. In certi casi ho riso fino alle lacrime ma, come detto, ne sconsiglio la lettura a chi non sa cosa sia avvenuto.