Tempo fa, un amico mi ha bonariamente ingiuriato perché avevo osannato le qualità di Sopra eroi e tombe, capolavoro di Ernesto Sábato e della letteratura argentina. Tutto perché, secondo lui – uomo per il resto specchiatamente intelligente – si trattava di un subdolo tentativo di spacciare una storia d’amore per qualcos’altro. Ecco, ci risiamo, anzi ci siamo fin dall’inizio, perché questo è il primo romanzo del grande autore argentino. La storia è di una semplicità esemplare: Juan Pablo Castel, notissimo pittore, ha ucciso Maria Iribarne, sua amante, e prima di essere processato decide di spiegare pubblicamente le ragioni del suo gesto. Il punto è che l’ossessione amorosa si rivela essere solo una piccola componente del quadro psichiatrico, decisamente alterato, del protagonista. Per cominciare, il pittore le sovrappone fin dal primo istante un più generale bisogno di essere compreso, personalmente e nella propria arte – lodata dai critici, ma secondo lui superficialmente – e Maria è l’unica a notare un dettaglio apparentemente insignificante all’interno di un suo quadro. Poi ci sono le insicurezze sociali di Castel, cui si aggiunge un diffuso disprezzo per gli altri, e infine, a rendere tutto più virulento, una tendenza all’analisi compulsiva, alla razionalizzazione irrazionale di ogni evento, che trasfigura ogni cosa portandola a vette di delirio inimmaginabili, a illuminazioni spesso in contraddizione con sé stesse. E questo è il pregio e insieme il difetto del libro: non mancherà infatti chi troverà il tutto decisamente troppo cerebrale, anzi tra questi mi ci metto anch’io. Quanto alle ragioni del gesto di Castel, non le rivelo perché in fondo costituiscono un po’ la soluzione di quello che può essere considerato un giallo psicologico, ma di certo, nel tesserle con i dovuti sviamenti – come un sospetto di gelosia – Sábato non si fa mancare nulla, incluso un marito cieco, tanto ingannato quanto ingannatore. E in questo, va detto, è magistrale.
Il tunnel, Ernesto Sábato (Feltrinelli, 160 pp, 7,50 €)
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