Una docente universitaria statunistense, madre single, ha portato sua figlia al lavoro con lei perché l’asilo non l’ha accolta a causa di un po’ di febbre e, a fine lezione, l’ha allattata al seno in aula suscitando le proteste dell’Ateneo e rischiando il posto.
Nel frattempo, una rivista francese pubblicava le foto in topless ( e poi total naked ) della duchessa di Cambridge, Kate Middleton. La pruderie mondiale ha passato giornate intere a cercarle in rete.
Le Pussy Riot condannate a due anni per oscenità e teppismo religioso e le Grup Yorum, band della sinistra radicale turca, torturate dalla polizia.
A Roma, una prostituta bruciata viva non merita la solidarietà del mondo politico, pronto però alla lotta per il decoro urbano. A Milano, Nicole Minetti sfila in bikini e i benpensanti piccoli piccoli gridano allo scandalo mentre votano e comprano e ti danno della troia, random.
I media si cibano di persone, storie, fantasie. Le ingoiano per poi risputarle modificate a gusto e somiglianza del grande pubblico, della massa che sfamano e dei poteri che alimentano.
I giornali delle ultime settimane abbondano di questo tipo di storie femminili.
Di cosa parlano realmente, cosa raccontano queste vicende?
“Il tuo corpo è un campo di battaglia” suggeriva Barbara Kruger, ed è proprio sul corpo che si combattono le battaglie economico-sociali più pericolose. In un mondo estremamente sessualizzato, il corpo e la sessualità femminile acquistano valore come luogo dello svilimento o della forza del potere delle donne.
La fruibilità del corpo femminile è totale, il potere è dei consumatori, legislatori e censori ed è proprio questo il primo dominio da abbattere.
Così tutte le storie di questi giorni, dalla consigliera regionale/indossatrice alla professoressa che tira fuori tette piene di latte a lezione, parlano in realtà di proprietà dei corpi, di autodeterminazione.
Non si potrà certo considerare l’impegno di una musicista turca rivoluzionaria alla stregua dei 110.000€ di compenso della Minetti, ma nel raccontarli c’è qualcosa di simile.
Il corpo femminile è tanto codificato da poter essere completamente controllabile, dalla religione quanto dalla pornografia o dal racket della prostituzione. Finché si esercita un dominio sul corpo femminile, non c’è pericolo di insurrezione, di cambiamento.
Al sorgere di qualsiasi tipo di autodeterminazione, la socio-economia che ruota intorno al corpo femminile si mette in allarme. E spara.
Se le Pussy Riot avessero usato stessi abiti e visi per un servizio sexy non sarebbero state accusate di “oscenità”, ma se la sessualità, la Pussy, è usata contro il potere, ecco la repressione, e di certo non solo in Russia. Meglio posare per Playboy.
Finché si può seviziare Kate Middleton con il gossip e il vestito sbagliato e l’acconciatura che non va, Dio Salvi la Regina! Ma se per caso escono le foto della principessina delle favole che prende il sole con i capezzoli e le chiappe al vento, questo è irrispettoso della sua persona.
In quanto membro della famiglia reale, attenzione!, non in quanto donna.
Imporre leggi e precetti sulla sessualità femminile non scandalizza tanto quanto le tette di una docente, perché disciplinare i corpi delle donne dà il controllo in mano ai crociati che fingono di non capire il ruolo marginale della Minetti nello sfruttamento dell’immagine femminile.