Oggi diamo una rapida occhiata alle proposte che ci circondano di arte sedicente sinestetica. Vorremmo evidenziarne la pochezza e di innovazione (l'unico fine che sembra avere l'arte oggi) e di capacità di incisione nella società, quando non nell'animo umano. Detto questo, qualcuno potrebbe considerarla buona arte e talvolta non senza ragioni.
La più assurda ci è sembrata la proposta di Mark Barrow, Synaesthesia, debitamente promossa da Zero, galleria e rivista. Vero è che un lavoro su telaio assume un valore simbolico potente, se non altro per le metafore evocabili nel vissuto di ognuno. A parer nostro bellissime l'idea e la realizzazione, allestimento compreso, davvero suggestivo nell'isolare le opere in un vuoto, un vacuum (anche semiotico) appunto. Il punto è che o qualunque forma d'arte può dirsi/definirsi sinestetica, oppure dobbiamo tornare alla definizione originale di sinestetica come esperienza possibile dall'arte multimediale. Come sembra evidente, oltre che logico, solo l'arte che trasmette su più canali / a più sensi, laddove avesse tali fini, può definirsi sinestetica. Le belle opere di Barrow, con tutto il bene che se ne può dire (o meno), sono impietosamente monosensoriali.
Più audace (e a fuoco in questo senso) ci è sembrato Michael Heizer che, con la sua costosa e inquietante installazione Levitated Mass, ha creato un'opera veramente in grado di evocare altri sensi, oltre a quello visivo che in foto appare essere l'unico. Soprattutto il senso di oppressione, il brivido che dà passare sotto 340 tonnellate di roccia sospese da mura di cemento che in quel momento ti auguri fatte a regola d'arte.Certo, non è Sinestesi: manca la collaborazione fra più artisti. Nondimeno viene evocato uno dei simboli più longevi e potenti d'ogni civiltà umana, quindi un vero archetipo: la massa di roccia, di materia, la montagna. Eppure... di che montagna si tratta, di quella del viaggio? di quella dell'elevazione? No, di quella che potrebbe schiacciarti e ucciderti. Nei nostri post abbiamo riassunto schematicamente le principali paure in Atiqiofobie e Apatepofobie. Il loro evocarle come unico fine comunicativo dell'opera, o suo principale, abbiam detto essere tipico dell'artigianato a fini osnoblotici. Ne segue che forse l'archetipo evocato dal sassòne richiama solo la massività dell'ego dell'artista, il quale davvero lo ha rappresentato per discutibili fini.
Una interessante coincidenza, secondo il nostro modestissimo ma autorevole parere ;), c'è stata con Wave of Matter di Tommi Grönlund e Petteri Nisunen, inconsapevoli (a quanto ci risulta) ricercatori di Sinestesi nella loro poetica. E' arte multimediale, suono e movimento, e magari leggero spostamento d'aria se fruita da molto vicino. L'ego se lo palleggiano due artisti, i quali evocano un archetipo connesso alla simbologia dell'acqua, del suo moto e in qualche modo del mare primordiale.
Eppure secondo noi non è una sinestesopera, nemmeno inconsapevole, per quanto avendone i crismi non escludiamo che possa produrre effetti sinestesici. Nell'allestimento visibile sembra più un giocattolo, un accrocchio meccanico finalizzato a sorprendere per il modo in cui raggiunge l'effetto e a deliziare/ipnotizzare con l'ascolto di quest'ultimo. Non si capisce se è mancata la comprensione profonda dell'archetipo oppure se è solo colpa del modo di fruizione proposto. Che a sua volta non si capisce se allestito da un incaricato non culturalmente adatto allo scopo o subdolamente finalizzato a non far passare sensi e significati "scomodi" dell'opera (la buona vecchia Osnoblosi).
Proviamo a immaginarcela in un luogo simbolico e le sue possibilità significanti aumentano fino al capogiro.
E quindi?
Eh, petita non richiesta, escusatio manifesta ;D