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Il valore della critica

Creato il 25 agosto 2015 da Frank_romantico @Combinazione_C
Il valore della critica
Visto che non ho film che mi va di recensire (uno c'è, lo voglio massacrare perché è una porcata ma oggi non mi va), visto che ho voglia di sproloquiare, visto che ho già accennato di questo argomento nel post su Birdman e ne ho parlato in privato proprio ieri, ho deciso di dedicare il post di oggi a un argomento che ai più o ai lettori occasionali non interesserà per nulla. Ecco, oggi voglio parlare di critica cinematografica.
Io penso di averlo ripetuto allo sfinimento. E' pure scritto nella pagina di presentazione di Combinazione Casuale: non sono un critico cinematografico. Anzi, a dirla tutta io di cinema ne capisco abbastanza poco: ho letto una manciata di libri, ho guardato un bel po' di film, posseggo qualche conoscenza tecnica sull'argomento ma non ho mai studiato, non ho mai approfondito da un punto di vista puramente nozionistico, non ho la forma mentis del critico. Non mi interessa essere un critico, non saprei che farmene. Nonostante ciò parlo di cinema. Ecco, col tempo ho trovato il mio modo per parlare di cinema, non dando giudizi (che, quando ci sono, sono o puramente personali o basate su una realtà oggettiva e che chiunque potrebbe confutare), non facendo "critica" ma permettendomi di fare un'analisi sul film di turno. Cosa che posso fare anche su una canzone, su un fumetto o, soprattutto, su un libro. Scavare nell'opera estrapolando, attraverso una PERSONALE chiave di lettura, il senso della stessa. Che magari non è il senso che gli da qualcun'altro o non è quello che avrebbe voluto dargli il regista. Credo che in assoluto sia questa la cosa più difficile. La cosa che tutt'ora non riesco a fare.
Questo tipo di "lavoro" va al di là dell'esprimere un'opinione. L'opinionista infatti usa i propri strumenti per opinare su un qualcosa, non necessariamente per analizzarla. L'opinionista basa il proprio "mestiere" sui concetti di bello e brutto, motivando le proprie opinioni in merito. Al contrario, il critico (fino a qualche anno - o decennio - fa) esprimeva un giudizio basandosi su dei canoni tecnici, estetici, poetici. Basandosi quindi su elementi oggettivi, inopinabili. Eppure questo non bastava a dire se un film fosse bello o brutto essendo il gusto soggettivo, il bello bello perché piace, il brutto rivalutato in un ottica moderna.  Ecco, il brutto. Nell'arte classica il brutto era inconcepibile. Ad esempio, un volto preda dell'orrore della disperazione, con i propri lineamenti distorti e quindi "brutto", non poteva essere ritratto da un antico greco o un antico romano. La statua di un personaggio in simili condizioni doveva essere rappresentata con uno stratagemma, magari nascondendo il volto contro un braccio e lo stesso valeva per l'arte visiva e per quella poetica. In altre parole il brutto non poteva essere rappresentato in nessun modo perché disarmonico, contrario ai canoni. Tendenza che subì un primo ridimensionamento nella tardo-antichità, fu annullata con il Rinascimento e fu invertita in epoca Romantica. Il "brutto" allora conquistò dignità, ovvero divenne degno di essere rappresentato.
valore della critica
E' ovvio allora che non esiste una oggettivazione assoluta nel campo dell'arte (nel senso letterale del termine) ma che ogni elemento oggettivo va contestualizzato e riferito ai canoni estetici vigenti. Ancora più ovvio risulta che un vero e proprio "cambiamento" non è detto che sia avvenuto nel corso della storia cinematografica, più recente di quella letteraria o teatrale. Non un totale ribaltamento, questo è certo, nonostante di parli già di ciò che è classico e ciò che non lo è. Ma io non sono così ferrato sulla storia del cinema e se qualcuno può e vuole correggermi è sicuramente il benvenuto. Fatto sta che il critico dovrebbe possedere quegli strumenti che gli permettano di esprimere un "giudizio" per lo meno tecnico. Altro non può fare senza sconfinare nell'ambito del soggettivo. Anche per questo i termini della critica cinematografica sono cambiati col tempo, sostituendo ai toni assolutistici della vecchia critica quelli relativistici della nuova.
Nonostante ciò, esprimere giudizi assolutistici sembra andare ancora di moda. Basta leggere certe "recensione" o guardarle su Youtube per rendersene conto. C'è chi, ancora, si ostina a voler rendere oggettivo un proprio pensiero, una propria opinione. E' proprio così che un film che non piace diventa brutto e un film che piace diventa bello. Questo modo di fare "critica" io me lo aspetto dalla "persona comune", è il modo che ho io per parlare di qualcosa quando sono con gli amici, davanti a una birra, senza né voglia né modo di argomentare. Non posso accettarlo, invece, in un ambito diverso, quando a fare ciò è qualcuno che si definisce esperto. Capita spesso infatti di ritrovarmi a leggere o ad ascoltare chi avrebbe gli strumenti per fare critica e invece si ostina a voler giudicare. Critica e giudizio sono cose diverse, che possono convergere ma che non coincidono.  Allo stesso modo c'è gente che non sa fare altro che interpretare sfruttando le interpretazioni altrui, le parole dell'esperto che, una volta prese in prestito, diventano le proprie. Trovo sleale questo modo di fare. Se l'esperto X ha interpretato in un certo qual modo un'opera può diventare il punto di partenza per un'ulteriore analisi della stessa, può fornire gli strumenti giusti, ma la sua rimane un'interpretazione, in quanto tale soggettiva ma che diventa assolutistica sulla bocca di qualcun'altro. Un modo intellettualmente disonesto per parlare di qualcosa.
Il valore della critica
Disonesto è pure piegare un certo modo di fare dell'autore al proprio modo di concepire l'opera dello stesso. Perché quando non si tratta di errore, quindi di cosa non voluta, la volontà dell'artista (inteso come "artigiano") va rispettata. Non possiamo giudicare sbagliato qualcosa solo perché a noi non piace. Possiamo definirlo brutto, ma non errato. Come posso io, che sto guardando/leggendo/ascoltando un qualcosa, confondere quel che non mi piace con quel che non avrebbe dovuto essere? Come posso dire "lì il regista ha sbagliato" solo perché non concordo con quel che ha fatto? E' l'atto di superbia definitivo questo, è la critica arrogante di chi non sa fare e si arroga il diritto di parlarne ugualmente. Equivale a dire che una cosa che non ci piace fa schifo senza stare a spiegare il perché (ci) faccia schifo.
Allora, prendendo per buono quel che ho scritto fino ad ora, che senso ha per noi blogger parlare di cinema? Nessuno. Parlare di cinema (parlare di qualsiasi altra attività creativa) è masturbazione. E' dedicarci a qualcosa che ci piace per il semplice fatto che ci piace. Eppure si può andare oltre, eppure parlare di tutto ciò di cui parliamo può divenire un modo per fornire nuove chiavi di lettura, un interscambio di interpretazioni che arricchiscono la fruizione dell'opera. In altri casi può voler dire portare sotto lo sguardo di tutti opere che conoscono in pochi e che in positivo o in negativo, possono arricchire l'esperienza del fruitore. Che ne verrà arricchito e che, forse in futuro, potrà fare la stessa cosa. Basta solo un po' di onestà intellettuale. Tutto qui.
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