Nella vita di una donna ci sono le “grandi” cose indispensabili come: la casa dei sogni, l’uomo giusto con cui costruire una famiglia o magari una favolosa vita da single e per concludere, il lavoro perfetto.
Poi ci sono le “piccole” cose indispensabili: una pelle luminosa, una chioma fluente, una linea invidiabile, l’abito giusto, la borsa all’ultimo grido e le scarpe della nuova stagione.In un angolo ci sono invece le “piccole cose utili” che sono talmente vicino a noi e di cui nemmeno ci accorgiamo, perché le diamo per scontate. Ed è da queste cose che ci arrivano le più grandi lezioni di vita.L’ultima domenica l’ho trascorsa a lavorare a un nuovo progetto sul mio inseparabile notebook, mentre il mio fidanzato si godeva una giornata di meritato riposo facendo una maratona di serie televisive su Sky.La domenica è anche però la giornata addetta al “grosso” delle faccende domestiche e quando ho spento il computer, ho detto la solita frase: “Tesoro, sistemiamo un po’?” Del resto non posso lamentarmi, perché ho un fidanzato che partecipa attivamente alla vita di casa. Ma dal divano è arrivata questa risposta: ”Ieri ho passato il Folletto mentre eri fuori”. Mi guardo un po’ intorno e penso “Ma dove lo ha passato il Folletto?”. Decido di lasciarlo davanti alla tv, consapevole della settimana di lavoro impegnativa che lo avrebbe aspettato. Esco sul balcone e prendo il Folletto dal ripostiglio; inizio a passarlo per terra e il mio fidanzato collega le cuffie alla tv per non sentire il rumore. Dopo un paio di minuti il Folletto, improvvisamente, si spegne. Stacco e riattacco la spina: nulla. Prendo il cavo in mano, lo muovo e il Folletto riparte, per poi fermarsi di nuovo. A quel punto, con un’espressione simile a quella della bambina nel film "L'esorcista", dico ad alta voce: “Cosa hai fatto al Folletto?”, ma dal divano nessuna risposta. Ripeto a voce ancora più alta ma niente. Poi mi ricordo delle cuffie e mi ritrovo a mimare il problema davanti al divano con gesti incomprensibili e il Folletto in mano. Il mio fidanzato si toglie le cuffie e con un’espressione basita dice: “Cosa c’è?”. Il demone in me era cresciuto e, con un tono tutt’altro che cordiale, lo aggredisco: “Hai rotto il Folletto!”. Lui si alza e d’istinto afferma: “Io? Ma se non lo tocco da una settimana!”. E meno male che l’aveva passato il giorno prima. A quel punto tira fuori il MacGyver che c’è in lui e determina che il cavo del Folletto si è rotto internamente. Bisogna trovare un centro assistenza a Roma. A Roma, dove le distanze sono sempre incalcolabili e il pressapochismo dei centri assistenza regna sovrano. Lui non si scompone più di tanto, si rimette sul divano e con leggerezza dice: “Dai, ci andiamo in settimana!”. In settimana? Io, che non ho nemmeno la scopa in casa perché il Folletto è la mia arma letale... “No caro, ci andiamo domani nella tua pausa pranzo!” Lui fissa attentamente i miei occhi scorgendovi il terrore e così acconsente.Il centro assistenza più vicino a casa nostra si trova in zona Vaticano. Sul google maps sembra un gioco da ragazzi: 3 chilometri e mezzo.Ed ecco che alle 12:00 in punto del giorno seguente mi passa a prendere a casa. Noi due sul motorino (perché così si fa prima, dice lui) X City Yamaha nuovo di zecca, con i caschi in coordinato Dainese (che ovviamente ho voluto io).
Io attrezzatissima: giacca di pelle nera leggera, stivaletti biker borchiati, Roady bag di YSL su una spalla e stretto nell’altra mano…il Folletto.Ci addentriamo nella giungla del traffico romano, abbiamo un’ora per arrivare perché il negozio chiude alle 13, ma considerando i 3 chilometri e mezzo che ci separano dalla meta, non siamo certo preoccupati. Arrivati in zona Vaticano i sensi unici ci fanno girare come delle trottole, facendoci sempre ritrovare allo stesso malefico incrocio. Ci fermiamo numerose volte per controllare sull’applicazione mappe dello smartphone, ma è in questi tragici momenti che ti accorgi che non vale una cicca.Chiediamo a qualche passante, ma casualmente nessuno ha mai sentito nominare la via dove si trova il centro assistenza. Insomma arriviamo a destinazione alle 12.58 con il commesso del negozio che sta già abbassando le serrande. Io smonto dal motorino e blocco la serranda con il Folletto pregando quell’uomo di aspettare un attimo. Vedendo la mia espressione disperata, mi fa entrare. Guarda il mio Folletto con aria sospetta e sentenzia: “Ma questo è er modello VK121, è en reperto storico, no o sò se c'ho ancora li ricambi”. Sbarro gli occhi, terrorizzata, e il commesso sparisce nel retro per almeno dieci minuti. L’attesa è insopportabile; guardo il mio fidanzato che è rimasto fuori, in sella al motorino e sotto il sole cocente, perché ovviamente non c’era parcheggio. Finalmente il commesso torna e da una scatola impolverata tira fuori il filo dicendo: “C'ha avuto fortuna, era l’urtimo!” e in un nano secondo lo sostituisce. Una volta uscita dal negozio mi accorgo che non mi sono nemmeno tolta il casco. Torniamo a casa e il mio fidanzato prosegue per l’ufficio con un incalcolabile stress addosso. E ora sono qui che scrivo, mentre guardo il Folletto appoggiato alla parete e che, probabilmente, sta ridendo di me.Ha resistito per anni sotto l'accurata tutela di mia madre prima di essere tramandato alla sottoscritta,ha sopportato importanti sbalzi climatici nel ripostiglio fuori dal balcone di casa, è stato sballottato in motorino per le strade di Roma, ma... il Folletto ha deciso non abbandonarmi (ancora). Insomma, un "survivor".Ed ecco svelato il senso del prologo esistenziale di questo post: ci sono quelle piccole cose utili così vicine agli occhi, tanto che non le sai vedere, ma che un giorno "ti lasciano a piedi" e capisci che devono stare in prima linea in mezzo alla chioma fluente, alla pelle luminosa, alla casa dei sogni, al lavoro perfetto, al principe azzurro e alle scarpe della nuova stagione.
(i)Love(Folletto), G.
L'ultimo modello del Folletto Vorwerk VK 140- The last model of the Vorwerk Folletto VK 140
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