sarà abolita la schiavitù dell'intelligenza
Popolo, questo libro è per te! Per te, che hai la fronte piegata sul lavoro, che soffri la fame, la miseria e l’oppressione, il Vangelo dell’Uomo-Dio, che nacque in una stalla e morì su una croce!
Da molto tempo gli uomini, abituati a tenerti in schiavitù, interpretavano il libro del Liberatore secondo il proprio vantaggio e i propri interessi: Noi te ne riveliamo ora lo spirito e la lettera in tutta la loro energica semplicità. Prendi e leggi! La prova che la dottrina di Gesù Cristo era democratica, sta nel fatto che fu accolta soltanto dal popolo, e per di più dal popolo povero. Fra i signori o i farisei, c’è qualcuno, chiedevano i maggiorenti della nazione agli arcieri che essi avevano mandato per arrestare Gesù, che abbia creduto in lui? Perché, per quel che riguarda questa plebaglia che l’ascolta, tutti sanno ch’è maledetta da Dio. Chi erano in realtà i seguaci di Gesù? pescatori del mare di Galilea, operai, poveri, tutta una turba affamata di uomini senza pane e senza soldi, ai quali il Salvatore diceva: Non è per i miei miracoli, che voi mi cercate, ma perché avete mangiato il mio pane e ve ne siete saziati. E, ancora, erano dei malati, dei pazzi, dei lunatici, degli afflitti, le persone cui Gesù Cristo guariva tutte le debolezze; erano pubblicani, dissoluti, peccatori, corrotti, ubriachi, gente che aveva cattiva fama nel paese, coloro con i quali andava in pubblico. E un uomo ricco, chiamato Zaccheo, capo dei pubblicani, cercava di vedere Gesù e di conoscerlo, ma, essendo molto piccolo, era ostacolato dalla folla; perciò, partendo in anticipo, salì, per vederlo, su un sicomoro, in un punto in cui egli doveva passare. Gesù, quivi arrivato, lo guardò e gli disse: Zaccheo, scendi subito, perché oggi alloggerò da te. Egli scese in fretta e lo ricevette con grande gioia. Tutta la gente, quando lo vide andare, mormorò, perché Gesù si fermava presso un peccatore. Ma Zaccheo, presentatosi dinnanzi al Signore, gli disse: Signore, dichiaro di aver dato la metà dei miei beni ai poveri e, se ho fatto torto a qualcuno, di ripagarlo quattro volte. Allora Gesù gli disse: La salvezza entra oggi in questa casa, perché anche costui è figlio d’Abramo. Questa salvezza era una reintegrazione. Gesù annuncia a questo peccatore, a questo pubblicano escluso dalla società, che lo riabiliterà di fronte agli uomini e lo farà entrare nella grande famiglia, “poiché anche lui è un bambino”. La missione di Gesù Cristo consiste nel ridare dignità a tutti i ceti sociali, nel render degno di stima qualsiasi lavoro, nell’eliminare le distinzioni di censo e di casta che dividono gli uomini. In un altro passo del Vangelo si legge: Mentre Gesù era a pranzo fa Matteo, venne raggiunto da parecchi pubblicani che sedettero alla sua tavola. I farisei, a tal vista, dissero ai discepoli di Cristo: Qual motivo spinge il vostro maestro ad accettare come commensali pubblicani e peccatori? Gesù rispose loro: Sono venuto a chiamare i peccatori, non i giusti: sono venuto a salvare coloro che avevano smarrito la retta via”. Effettivamente, prima dell’avvento di Cristo, una gran parte dell’umanità si trovava in stato di abiezione. Lo schiavo, il misero, il pubblicano, la peccatrice ricevevano dall’esistenza unicamente miseria e affronti; né erano loro concessi dignità, ricchezza, onori. Tutto quanto, insomma, rende la vita degna di esser vissuta. Si può con piena tranquillità affermare che la maggior parte della società non viveva, perierat. Oggi, il povero e la prostituta si trovano ancora in questo stato di morte civile e di miseria. Ma Gesù Cristo è venuto per risuscitare i morti e per invitare i peccatori, i proscritti, gli scomunicati a un incontro fraterno con i giusti. Ed è per questo che era seguito da tutta questa folla di esclusi, di pezzenti, di peccatori, di corrotti, di lebbrosi, di pubblicani viziosi. Voleva che tutta questa schiera entrasse nel suo nuovo regno. Tali persone gli erano predilette e ad esse dedicava la sua attività; infatti, per rendere evidente a Giovanni e ai suoi discepoli la sua natura di Cristo, Gesù non trova migliore spiegazione che questa: Andate, e riferite a Giovanni quanto avete visto e sentito; che i ciechi vedono, i paralitici camminano, i lebbrosi sono risanati, i sordi odono, i morti risuscitano e il Vangelo è predicato ai poveri. E’ questa una testimonianza superiore ai miracoli, la venuta del Cristo coincide col momento in cui il povero ha ricevuto la buona notizia della sua liberazione; e poiché il Salvatore sa che l’opera d’innalzamento del povero, del misero, del debole, dell’umiliato, del peccatore incontrerà viva opposizione nell’antica società, aggiunge: Fortunato colui che non troverà in me motivo di scandalo! In effetti per le orecchie dei ricchi non v’è nulla di più scandaloso della dottrina di Cristo, e questo è il motivo per cui essi, ascoltandolo, erano pronti a bestemmiare e a lapidarlo. Il Vangelo peraltro ci riferisce che numerosi capi giudei credettero in lui; ma, a causa dei farisei, non lo confessavano apertamente, temendo, di venir cacciati dalla Sinagoga. Perché essi preferivano – commenta il Vangelo – la gloria terrena alla gloria di Dio. Da ciò si capisce come fosse disonorevole per i giudei pronunciarsi a favore di questo capo della plebaglia, la quale pretendeva di sottrarre ai potenti le loro prerogative. Che cosa dunque faceva riconoscere il Cristo agli occhi degli uomini? Un mendicante, povero e cieco, al quale il Salvatore aveva reso la vista, una giudea di nome Maddalena, dedita alla prostituzione, una samaritana corrotta, dei lebbrosi, degli indemoniati, dei malati, dei poveri, dei vagabondi, in una parola tutti coloro che, come la samaritana al pozzo, attendevano col cuore angosciato una riabilitazione. Christu cum venerit, restituet omnia, quando il Cristo verrà, affermava costei, riordinerà con giustizia ogni cosa. E Gesù le rispose: Colui che aspettavi, è giunto! Coloro che s’intestardiscono, irragionevolmente, ad attribuire alle parole – regno di Dio – un significato diverso da nostro e le interpretano come fine del mondo, travisano la sostanza del pensiero di Gesù Cristo. Infatti Gesù diceva a coloro che l’ascoltavano: Io vi dico, in verità, che fra di voi vi sono alcuni che non moriranno prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo nel suo regno. Ora, dopo ben diciannove secoli, tutti i giudei dell’epoca di Gesù sono morti e la fine del mondo deve ancora arrivare. Gesù voleva quindi unicamente annunciare che, tra i suoi uditori, alcuni avrebbero visto gli inizi di una società ispirata agli insegnamenti del Vangelo. Questa società, che i giudei contemporanei di Gesù hanno visto, è la Chiesa primitiva. La Chiesa è la matrice della società umana. In un altro passo Gesù, per far ancor meglio capire che il regno di Dio, cui si riferiva, era di questo tempo e di questo mondo, dice ai capi giudei:
gli ultimi saranno i primi
Io vi dico che il regno di Dio vi sarà sottratto e sarà dato al popolo che ne produrrà i frutti.
Regno di Dio, continua lo stesso evangelista, che i capi dei giudei e i farisei non avevano mai mancato di attribuirsi. Effettivamente, questo nuovo regno non era destinato ad essi. Il regno di cui parla Gesù Cristo non è destinato ai ricchi, dal momento che la proprietà non vi sarà ammessa. Abbiamo già narrato il fatto di quel ricco che aveva voluto seguire Gesù Cristo, e che si allontanò desolato, perché il Salvatore gli aveva ordinato di vendere i suoi possedimenti e di distribuire il ricavato ai poveri. Parecchie persone, anche ai nostri giorni, spinte dalla loro coscienza vorrebbero partecipare alle rivoluzioni, ma presto si ritirano, tristi e intimidite: infatti costoro possiedono notevoli ricchezze. E’ più facile – afferma Gesù Cristo – che una gomena passi attraverso la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio. Il regno di cui parla Gesù non è destinato ai potenti, perché non vi saranno ammessi orgoglio e separazione di casta. Gli ultimi saranno i primi. Il regno di cui parla Gesù non è per gli scribi, né per i dottori, né per i preti che vogliono far pesare le loro opinioni sulla moltitudine, poiché in esso sarà abolita la schiavitù dell’intelligenza. Se la vostra giustizia – dice Gesù Cristo – non sarà più grande di quella degli scribi e dei dottori, non entrerete nel regno di Dio. Chi dunque entrerà per primo in questo regno, in questa terra promessa sociale, che Gesù Cristo è venuto ad annunziare al mondo? Il peccatore, il pubblicano, il misero, la mondana. Tutti costoro e tutti coloro che, soffrendo e con la fronte imperlata di sudore, durante i secoli avranno percorso l’arido deserto della nostra società. Io vi dico in verità – sosteneva Cristo nel tempio dinanzi ai sacerdoti e agli anziani del popolo – che i pubblicani e le donne corrotte vi precederanno nel regno di Dio. Per far ben comprendere cosa sarebbe avvenuto in futuro, Gesù diceva: Infelici voi, o ricchi, perché avrete la vostra consolazione! Infelici voi, che siete sazi, perché avrete fame! Infelici voi, che ora ridete, perché piangete e vi lamenterete! Profezia terribile, che si è già avverata una volta: abbiamo visto i ricchi terrorizzati, abbandonare piangendo le case, le ricchezze, la patria e trascorrere lontano giorni d’inferno, in preda alla miseria e alla fame. Ma i ricchi non hanno ancor versato tutte le loro ultime lacrime, ma coloro che si riempivano e si impinzavano dei beni del popolo non hanno ancor sofferto la fame per l’ultima volta. Infatti la nostra società ancora afferma: Fortunati i ricchi! Fortunati coloro che ridono! Fortunati coloro che sopraffanno i deboli e accrescono i propri beni! Ora, secondo l’insegnamento di Gesù Cristo, il regno di Dio verrà realizzato soltanto quando tutta la Scrittura si sarà avverata. A coloro che, terminata una rivoluzione, si lasciano prendere dall’ignavia e non vogliono proseguire, temendo nuovi sacrifici e nuove lacrime, Gesù dice: Chi non porta la sua croce fino alla fine e non mi segue, non è mio discepolo. Infatti chi è colui che, volendo costruire una torre, in precedenza non si siede per calcolare la spesa necessaria, onde aver la sicurezza di condurre a termine l’opera, e questo per il timore di suscitare il riso del popolo per aver gettato le fondamenta e non aver potuto finire l’opera. Che uomo è costui – direbbe il popolo vedendolo – che ha iniziato una costruzione e non l’ha terminata? Così anche voi, che avete cominciato l’edificio rivoluzionario e che, stanchi, ad un certo punto vi arrestate, rifiutando senza motivo di completarlo, susciterete il riso di tutti i popoli del mondo, che, passando davanti alla vostra opera, diranno: Ecco gli uomini che hanno gettato le fondamenta del grande edificio dell’umanità e non hanno avuto il coraggio di giungere alla fine! E i popoli della terra si prenderanno giuoco di voi. Avendo i farisei chiesto quando si sarebbe realizzato il regno di Dio, Gesù rispose loro: Non ci saranno segni che indicheranno l’inizio del regno di Dio. Non si dirà: è qui, o è là; poiché dovete sapere che il regno di Dio è dentro di voi. Nell’umanità, e in ogni uomo in particolare, si deve realizzare questo regno. E’ cominciato con Giovanni e con Gesù Cristo. La legge, i profeti hanno resistito fino all’avvento di Giovanni: da allora ad oggi il regno di Dio è stato predicato dal Vangelo, e ognuno tenta disperatamente di entrarvi. Una tale società esiste per ora soltanto in qualche essere umano. Tuttavia il popolo cerca con forza di accedervi, omnis in illud vim facit. Questi sforzi e questi tentativi si sono manifestati fra di noi, soprattutto da trent’anni a questa parte, con le rivoluzioni. Ora, Gesù ci dice esplicitamente da chi saranno fatte queste rivoluzioni e chi se ne avvantaggerà. Ci dice che la vogna piantata e coltivata sarà tolta dalle mani dei vignaioli che ne raccolgono i grappoli, e sarà data ad altri. E quando i maggiorenti del popolo, vedendo che, con queste parole, egli si riferiva a loro, gridarono: Non voglia ciò Iddio! Gesù li guardò in faccia e disse: La pietra che gli architetti avevano scartata è stata posta al vertice dell’angolo. Colui che cadrà su questa pietra ne sarà spezzato e colui sul quale cadrà, ne sarà schiacciato. Allora i sacerdoti e gli scribi cercarono di mettergli le mani addosso, poiché capirono che questa parabola era rivolta contro di loro, ma ebbero paura del popolo. Uomini del popolo, lavoratori, proletari, esseri banditi e donne proscritte, siete voi questa pietra che l’architetto dell’antica società ha scartato. Siete trattati come la pietra della strada su cui si cammina e che viene calpestata; ma abbiate fiducia e fede nel Vangelo: sarete posti al vertice nella ricostruzione dell’edificio sociale. Voi, infatti, siete la pietra angolare e sovrana; il potere che vi si opporrà sarà spezzato, e i signori, sui quali piomberete il giorno della riscossa, saranno schiacciati. Gesù non nasconde ai discepoli che la lotta contro l’antica società sarà lunga e faticosa. E’ uno stretto passaggio da superare; è una tempesta che si deve affrontare su una piccola barca, mentre il vento la scuote con onde tempestose; è una madre che partorisce e soffre, perché è giunta la sua ora. Gesù afferma che gli uomini assaporeranno i principi rivoluzionari del Vangelo soltanto lentamente, a poco a poco.
è più facile che una gomena passi attraverso la cruna di un ago,che un ricco entri nel regno di Dio
Chi beve del vino vecchio non ne richiede subito del nuovo, e dice che il vecchio è migliore.
La costruzione della nuova società assomiglia a una casa costruita sulla sabbia. Più volte verranno le onde dal mare, i venti soffieranno e porteranno via l’edificio, proprio perché era stato costruito sulla sabbia. In realtà noi abbiamo già tentato di fondare una società giusta e umana; ma sono venute le ondate degli eserciti stranieri, hanno soffiato i forti venti del dispotismo e hanno portato lontano l’opera dei nostri padri. Così succederà fino a quando la nuova società non sarà fondata sulla pietra, cioè sulla convinzione e sulla fede dei popoli. Allora verranno i grandi venti del settentrione, allora si solleveranno le ondate del mare, ma non la abbatteranno più. La lotta contro l’antica costituzione del mondo sarà non soltanto lunga: sarà terribile. Si udrà parlare di guerre e di fragore di guerre, si vedranno rivolte di popoli contro popoli, di regni contro regni. E tutto questo sarà soltanto l’inizio dei dolori. Infelici le donne che saranno gravide e nutrici in quel periodo! Perché il dolore sarà così grande, che, dalla creazione del mondo fino ad ora, non se ne è presentato né se ne presenterà uno simile. Queste parole sono state interpretate come la fine del mondo: sarà infatti la fine del vecchio mondo, la fine della società antica, che entrerà in agonia e morirà; il sole del dispotismo si oscurerà e tutte le potenze che illuminavano il cielo cadranno al suolo, e seguirà una gran notte! Tuttavia, voi che avete fede nel Cristo e nell’avvenire, non temete! Poiché, in quel momento, s’avvicinerà l’ora della vostra liberazione. L’umanità, nostra madre, è prossima a partorire nel sangue e nelle lacrime; l’arrivo del Figlio dell’uomo, cioè, del Cristo del popolo, è vicino: egli giungerà sulle nuvole che oscurano la faccia della terra; verrà in gloria e in maestà. Se il Verbo s’è incarnato in Gesù, dovrà un giorno farsi popolo in tutti gli uomini: sarà il secondo e ultimo avvento, il Messia che i cristiani attendono. Gesù Cristo ha voluto consacrare nella comunione, con un segno tangibile, l’unità santa e fraterna degli uomini. Egli ha voluto che tutti mangiassero lo stesso pane e bevessero lo stesso vino, affinché tutti avessero un solo sangue e una sola carne, la carne e il sangue dei figli di Dio. In questa unità umana è la vita, in questa comunione reciproca è la fecondità: Chi si ciba di me – dice Gesù – vivrà in me. La vita consiste nell’unione dei rami col tronco: Vivrete in me, ed io vivrò in voi: come il ramo della vite non può dare frutti se non è legato al ceppo, così è per voi, se non vivete in me. Ora Gesù era, come abbiamo detto, l’incarnazione dell’unità umana. Esortandoci a cibarci di lui e a vivere in lui, ci impegna a nutrirci dell’umanità e a vivere in essa. E poiché l’unità umana è il legame tra l’uomo e la Divinità, ne deriva che essendo uniti insieme saranno anche uniti col Padre. Cibandoci tutti dello stesso pane, mangeremo tutti il medesimo Dio. E’ questo il pranzo unitario al cui confronto il pasto libero degli antichi era soltanto un semplice abbozzo. Mangiate – dice il Cristo versando il vino – questo è il mio sangue. Cioè il sangue dell’umanità. Fratelli, mangiamo e beviamo dunque tutti sotto questa specie; poiché comunicarsi con l’umanità vuole dire comunicarsi con Dio. Come il Padre mio vivente mi ha mandato, e io vivo per il padre, così che si ciba di me, vivrà in me. Io sono il pane vivente – diceva Gesù Cristo – se qualcuno mangia questo pane vivrà in eterno, e il pane che darò per la libertà del mondo, è la mia carne. Ora, poiché queste parola indignavano i suoi ascoltatori, Gesù insisteva e diceva: In verità, in verità vi dico, che se voi non mangerete la carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo sangue, non avrete la vita in voi: poiché la mia carne nutre veramente e il mio sangue disseta. Colui che mangia la mia carne e beve il mio sangue vive in me e io vivo in lui. I discepoli però continuavano a mormorare, e dicevano fra loro: Queste parole sono difficili a comprendersi, e chi può ascoltarle? Alcuni si allontanarono perfino. Questa legge di antropofagia umanitaria, secondo la quale noi ci beviamo il sangue e ci mangiamo la carne reciprocamente, di modo che ci assimiliamo l’un l’altro, come il corpo assimila il cibo, e viviamo gli uni negli altri, manete in me et ego in vobis, è infatto l’aspetto trascendente e l’ultima parola del cristianesimo socialista. Gesù, volendo dimostrare la superiorità del grande banchetto morale, che stava per offrire agli uomini, lo contrappone alla manna, simbolo del banchetto comune ed egualitario. Non è come la manna, di cui si sono nutriti i vostri padri, e che tuttavia sono morti: chi mangia questo pane vivrà in eterno. La vita è legata a questa transustanziazione del figlio dell’uomo nel suo simile, perché l’umanità, rinascendo, in ogni suo membro, viene a possedere l’eternità di Dio. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue – dice il Cristo Figlio dell’uomo e rappresentante dell’umanità – otterrà la vita eterna, habet vitam aeternam. L’unità conduce, per una china dolce ma necessaria, alla comunità. Tutti gli uomini, unendosi, devono mirare ad avvicinarsi, a vivere insieme, a mangiare lo stesso pane e a bere lo stesso vino. Come la comunione dei beni è una conseguenza naturale del matrimonio, così la partecipazione agli stessi vantaggi accompagnerà i grandi sponsali dell’umanità. Questa unità nel vitto e nell’abitazione sarà fonte di abbondanza; a questo Gesù Cristo pensava quando, bevendo il vino per l’ultima volta insieme agli apostoli, disse: Io non berrò più il succo di questa vigna, fino a quando non berrò con voi, nel regno del Padre mio. L’astinenza, il digiuno, la mortificazione della carne, come dimostreremo in seguito, sono leggi della Chiesa, dettate dalle necessità contingenti, ma che non derivano affatto dallo spirito del Vangelo. Gesù afferma, al contrario, che è venuto a portare l’abbondanza e la pienezza della vita, ut vitam habeant et abundantius habeant. Non vuole che i suoi discepoli digiunino; egli stesso partecipa a grandi banchetti, dove ci sono molti convitati, quasi per avvicinarsi ai pasti comuni; infine ci mostra i miracoli prodotti dall’unione e dalla comunità in due passi importanti del Vangelo: essendo stato invitato a delle nozze a Cana, in Galilea, e, verso la metà del pranzo, essendo venuto a mancare il vino, Gesù disse: Riempite d’acqua queste giare. Si trattava di sei grandi giare di pietra, di cui i giudei si servivano per le loro purificazioni. I servitori le riempirono d’acqua fino ai bordi. E Gesù tramutò quest’acqua in un vino migliore di quello dello sposo. Un’altra volta, era tardi e Gesù si trovava nel deserto con una grande folla. Domandò ai discepoli: Quanto pane avete? Dopo essersi informati, ritornarono dicendo che c’erano cinque pani e due pesci. Egli comandò loro di far sedere tutta questa gente in diversi gruppi sull’erba verde. Sedettero divisi in vari gruppi, alcuni di cento, altri di cinquanta persone; allora Gesù, dopo aver preso i inque pani e i due pesci, li benedisse guardando il cielo, e spezzò i pani, che diede ai suoi discepoli perché li offrissero al popolo, e fece distribuire a tutti una parte dei due pesci. E tutti ne mangiarono fino a esserne sazi. Invece di cercare in questo miracolo un motivo di facile scherno, interpretiamolo come un magnifico esempio dei benefici che la comunità diffonderà sulla terra; questa madre dei miracoli cambierà per noi l’acqua in vino e moltiplicherà il pane nei cesti, quando l’umanità, seduta sull’erba e divisa in gruppi, mangerà lo stesso cibo guardando verso il cielo e benedicendo Iddio. Cercate – dice Gesù Cristo – in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù. Ci promette infatti, in questa nuova società, la vigile amministrazione di un padre giusto e liberale, che distribuirà a ciascuno secondo le sue necessità, e farà splendere come un sole su tutti gli uomini l’uguaglianza. Una società i cui membri soffrono la fame, il freddo o la sete non è una società cristiana; perciò Gesù ha voluto che il bere, il cibo e le vesti fossero comuni a tutti come l’aria del cielo e la luce. Questa fiducia in un potere che distribuisce il necessario permea così profondamente l’insegnamento del Cristo, ch’egli ne fa la caratteristica del suo popolo: Sono gentili, afferma, che si comportano diversamente, e che si preoccupano delle cose terrene. Invece, il popolo rigenerato, che ha fede in una provvidenza sociale infallibile, allontanerà il tormento e la preoccupazione della vita materiale, che avvelenano tutte le gioie dell’anima. Lo spirito, non essendo più turbato dalla paura del domani, dal problema di che cosa bere e che cosa mangiare, quid libemus et quid manducabimus, s’innalzerà più facilmente a questa parola della verità, che esce dalla bocca di Dio e che è il vero nutrimento dell’intelligenza. Infatti, se l’umanità affiderà la cura del soddisfacimento dei suoi bisogni a una mano giusta e liberale, che darà a ciascuno secondo il lavoro che ha compiuto, nessuno si preoccuperà più per le proprie vesti o per il domani, perché il domani porterà una pari ricompensa a chi avrà eseguito gli stessi lavori o avrà le stesse necessità. Non essendo più la proprietà nelle mani di pochi uomini, che la nascondono nella terra dove la ruggine la corrode e i vermi la divorano, essa si estenderà a tutti e risulterà moltiplicata. Allora la ricchezza, come il sole, splenderà per tutti gli uomini. In questa nuova éra l’usura, la fortuna individuale, il cumulo delle ricchezze non esisteranno più nel consorzio umano; la Borsa e la Banca saranno demolite, perché il regno di Dio non ammette questi templi di Mammona. La parola di Cristo è esplicita: Nessuno può servire due padroni; perché o proverà avversione per l’uno e amore per l’altro, oppure onorerà l’uno e disprezzerà l’altro. Voi non potete servire Dio e il danaro! Non potete essere contemporaneamente cristiani e proprietari! Vendete i vostri beni – diceva Gesù ai ricchi – distribuite il ricavato e, dopo, venite e seguitemi. Perciò, ricchi, prima di entrare nelle chiese, se non siete degli ipocriti e dei bugiardi, incominciate a spartire e a dividere le vostre sostanze; perché, altrimenti, incontrerete sulla porta la severa figura di Cristo, che dirà: Queste persone mi onorano a parole, ma i loro cuori sono lontani dalla mia dottrina.
io vi dico che il regno di Dio vi sarà sottratto e sarà dato al popolo che ne produrrà i frutti
Anche la fraternità deriva naturalmente dalla santa legge dell’unità.
Voi avete soltanto un padre, - dice Gesù Cristo – siete tutti fratelli! Un giorno il Cristo, guardando attorno a sé, dirà di tutti i popoli vicini e di tutte le nazioni credenti: Ecco le mie sorelle e i miei fratelli! Tutti gli uomini sono fratelli perché sono figli di Dio. Siamo orgogliosi, popolo, di questa filiazione divina; non abbrutiamoci con le dottrine del materialismo disgustoso, che abbassano tutti gli uomini in una fratellanza vile, quali porci di uno stesso branco. Dobbiamo pur sapere che, se si maltrattano facilmente i maiali, perché sono maiali, non ci si mette contro gli dei, perché, essendo dei, hanno le nelle loro mani il fulmine: è per questo che Cristo ci ha detti tutti, secondo Giacomo e Giovanni, Boanerges, figli del fulmine.
chi beve del vino vecchio non ne richiede subito del nuovo,e dice che il vecchio è migliore
Gesù Cristo vuole eliminare fra i suoi seguaci ogni questione di precedenza.
Voi sapete che coloro che comandano le nazioni le reggono con imperio e che i potenti detengono una autorità da padroni: che non succeda lo stesso fra voi. E aggiunge, parlando degli scribi e dei farisei, che componevano l’aristocrazia fra i giudei: Essi desiderano che li salutiamo e li chiamiamo padroni: ma voi non assumerete il nome di padrone, perché siete tutti fratelli. Lo stesso Gesù mise in pratica questo principio di uguaglianza e testimoniò la sua avversione per l’istituto della sovranità presso i popoli, quando, sapendo che molti venivano per farlo re, si ritirò tutto solo, lontano, sulla montagna. Ammiriamo l’altezza e la potenza cui Gesù intende innalzare gli esseri umani: Voi siete tutti fratelli, e avete un solo Padre, che è nei cieli. Come sembra meschina la politica dei nostri deputati e uomini di Stato, paragonata alla dottrina del Nazareno! Le Costituzioni dicono: Tutti gli uomini sono uguali davanti alla legge; il Vangelo dice: Tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio! Rivoluzionari, figli di Dio, fratelli miei, voi che siete umiliati, oltraggiati, spogliati, gettati nudi nelle prigioni con le prostitute e i forzati, voi che siete chiamati davanti al tribunale degli uomini come dei malfattori, dovete venir rincuorati in nome di Gesù Cristo, mio Signore, e bisogna che vi dica da che parte suo delle buone parole: Voi siete il sale della terra! Talvolta avete in bocca parole aspre e amare, ma voi siete il sale e, se sparite, la società, che non avrà più voi che la conservate, diventerà soltanto corruzione e insulsaggine. Voi siete la luce del mondo. Non si mette la luce sotto un moggio, ma su un candeliere, perché possa splendere per gli uomini. Non lasciatevi perciò sterminare né soffocare dai governi sotto il peso del moggio; splendete sul candeliere, loro malgrado e a dispetto di tutto! Voi siete una città posta su un’alta montagna. Non potete perciò nascondervi; gli occhi dei perseguitati si leveranno verso di voi, per chiedere asilo; gli occhi dei governi si leveranno verso di voi, per assediarvi. Restate saldi e tenete duro, perché, alla fine, la vittoria sarà dalla vostra parte. Ascoltate ora i consigli che il grande agitatore Gesù mi ha incaricato di comunicarvi; andate verso le pecore perdute della nazione; invece di adirarvi, predicate che la nuova società è prossima; ridate la salute ai malati di cuore, risuscitate i morti civili, guarite i corrotti moralmente, cacciate lo spirito di schiavitù; avete avuto gratuitamente, date gratuitamente; non conservate né oro né argento e non tenete denaro nelle vostre cinture; la vostra povertà sarà una protesta contro l’abuso di proprietà. Quando vi mettete in cammino non portate né sacco, né abito di ricambio, né scarpe, né bastone, perché chi lavora ha diritto di essere nutrito. Voi, all’inizio, sarete nutriti dai vostri fratelli, prima di esserli, come sarebbe giusto, dallo Stato. Quando arriverete in qualche città o in qualche villaggio, informatevi se c’è qualcuno degno di ricevervi, e restate presso di lui fino a quando soggiornerete in quel luogo. Entrando in casa, saluterete dicendo: la pace sia in questa casa! E se qualcuno rifiuta di ricevervi o di ascoltare le vostre parole, uscite dalla casa e dalla città, e scuotete perfino la polvere dai vostri piedi. Io in verità vi dico che, il giorno del grande giudizio dei popoli, i paesi di Sodoma e Gomorra non saranno puniti tanto tremendamente quanto quella città. Io vi mando come pecore in un branco di lupi, poiché avete come uniche armi la parola e la verità, mentre avrete a che fare con uomini armati e forti. Siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai giudici e vi porteranno di fronte ai governanti. Se vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra; perché in verità vi dico, che la liberazione del popolo giungerà prima che siate passati in tutte le città del regno. Non offendetevi delle parole che vi rivolgeranno e dei discorsi che faranno su di voi: Poiché hanno nominato Belzebù padre della famiglia, e a maggior ragione vi insulteranno, voi, i discepoli e i continuatori del Cristo. Predicate in pieno giorno quello che avete appreso nelle tenebre, e annunciate dall’alto delle case quanto il Vangelo vi diceva finora a parole. Non temete quelli che possono farvi morire: quelle persone possono uccidere soltanto i vostri corpi, ma non hanno alcun potere sulla vostra anima; lo spirito rinarra per reclamare, per protestare e per gridare vendetta! Temete piuttosto questo spirito di schiavitù che può uccidere le anime e i corpi gettandoli nell’inferno dell’ignoranza e dell’abbrutimento. Ecco i consigli di Cristo, io li penso buoni, perché sono quelli che dava agli apostoli; questi primi rivoluzionari hanno incominciato con la propaganda e le prediche una grande missione di liberazione, che noi, oggi, siamo chiamati a portare a termine. Andiamo perciò come loro con i piedi nudi, senza bastone e senza danaro, andiamo missionari della libertà, andiamo ad annunciare ai popoli, con la parola, con la stampa e con l’esempio, che il grande giorno è vicino e che bisogna essere pronti, perché splenderà all’improvviso come lampo, perché verrà quando nessuno se lo aspetta, come un ladro.
-Alphonse Esquiros- [estratti tradotti, di Gian Mario Bravo e Maria Teresa Pichetto, Editori Riuniti, Roma, luglio 1973.]
il regno di Dio è dentro di noi
SENZA TITOLO
La società recidiva
senza occhi
senza voce
senza orecchie
reprime immensità di nuova vita
in metafore di vista, di urli, di udito.
La compagine povera che soffre
percepisce ciò che nessun potente
potrà mai imitare o soffocare.
Una nuova èra avanza
nell’aria e nel sangue
già volteggia e pulsa.
Nel sapere di chi non sa
l’alba e il tramonto
è ancora alba e tramonto.
Ma se il tramonto
si chiamasse alba?
E se l’alba
si chiamasse tramonto?
E se la morte della ricchezza
si chiamasse vita?
-Renzo Mazzetti-
(Orizzonti, Libroitaliano, Ragusa, 2001
A “TIRELLA”
- DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010