Storia autobiografica in cui vengono narrate le vicende di Samia, giovane donna nata a Parigi da genitori algerini benestanti. A 7 anni la famiglia decide di tornare alle proprie radici, in quella Algeri totalmente impregnata dall’ideologia islamista che condiziona ogni aspetto della vita sociale e
culturale e Samia, colpevole di essere nata femmina, cresce fra violenze fisiche e psicologiche perpetrate dal padre quanto dalla madre. A 15 viene obbligata a sposare un uomo molto più vecchio di lei violento e crudele, da cui subisce abusi sessuali, minacce di morte, angherie di ogni tipo.
Le stesse che vengono inflitte anche alle giovani figlie, Norah e Melissa. Vane risultano le richieste di aiuto rivolte ai parenti che, in nome di una religione integralista e misogina, difendono l’uomo legittimando il suo comportamento. Samia è una donna e come tale non ha possibilità di disporre nemmeno della propria vita. Il primogenito le viene portato via e non è neppure immaginabile ribellarsi o sporgere denuncia poiché la trappola di violenza e ritorsioni psicologiche è costruita dalla sua stessa famiglia, da quel contesto che invece di proteggerla diventa carnefice.
Deve obbedire e sottomettersi. In quel mondo la legge non sta certo dalla parte delle donne.
Samia rischia di morire ogni giorno ma proprio mentre non riesce ad immaginare nemmeno la più piccola possibilità di salvezza, una reazione vitale si fa strada in lei. L’istinto di madre emerge e la spinge a dover vivere e combattere per i propri figli, per renderli liberi. Riesce a fuggire prima in Francia e poi, grazie ad un passaporto falso, in Canada. Viaggio della speranza verso una libertà agognata, esempio di vita per tutte quelle donne che come lei hanno vissuto l’annullamento di se stesse di fronte alla potenza di un’ideologia. Ma alzare il velo della paura è possibile e la drammaticità del messaggio contenuto in questa storia diventa speranza di vita.
Maria Portovenero






