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Continuo questo mio viaggio alla scoperta della letteratura sudamericana meno conosciuta. Questa volta è toccato a José Emilio Pacheco, scrittore, poeta e traduttore messicano che, devo ammettere, non avevo mai sentito nominare. Ho provato a cercare in qualche cassetto della memoria i ricordi dei corsi di letteratura sudamericana frequentati all'università, ma niente, non c’è nemmeno lì.
E anche adesso devo dire che è stato per puro caso, e per la bella copertina di casa Sur con quei gatti a spasso per la pagina, che purtroppo sul mio e-reader in bianco nero non rende tanto, che mi sono ritrovata tra le mani Il vento distante.
Il vento distante è una breve raccolta di brevi racconti, tradotti in italiano da Raul Schenardi. Quattordici racconti che hanno come denominatore comune l’avere come protagonisti dei personaggi fragili, deboli, in qualche modo reietti e vittime di qualcosa, presi in un momento in cui questa loro fragilità è più forte che mai. Vittime di bullismo, vittime di furti, di omicidi, o anche solo dello sguardo della gente che li fa sentire meno di zero.In alcune storie c’è dolcezza (come nel racconto Il vento distante che da’ il titolo alla raccolta), in altre angoscia e violenza (credo che Qualcosa nell’oscurità mi tormenterà per molte notti), in altre voglia di affermarsi, di riscattarsi e la conseguente delusione di cui questi personaggi sono vittime (Pomeriggio d’agosto, ma anche Il Castello di carte o La regina).In tutte le storie, ci sono personaggi, di età, sesso e provenienza diversa, che vorrebbero essere qualcuno ma senza riuscirci e che si offrono al lettore in tutta la loro fragilità e nella loro richiesta d’attenzioni, che trova forse il suo culmine in Lunapark, dove gli essere umani stessi sono un’attrazione.
Rispetto ad altri scrittori sudamericani, in José Emilio Pacheco, o almeno in questa raccolta di racconti, non si percepisce tanto la sua provenienza geografica. C’è qualche rimando al Messico nell'ambientazione, sì, ma potrebbero comunque essere stati scritti e ambientati ovunque, senza perdere la loro forza.Eppure ho patito un po’ l’eccessiva brevità della raccolta e dei racconti che la compongono. Per quanto mi sforzassi di rallentare la lettura (che è una cosa che odio fare, dover spezzare il ritmo che un libro mi porta a seguire dalle sue prime pagine). Tutto è finito davvero troppo presto e, in molti casi, con la sensazione che mancasse qualcosa.José Emilio Pacheco scrive indubbiamente molto bene ma, a parte forse Il vento distante e Il castello di carte, nessuno di questi quattordici racconti è stato per me indimenticabile.
Pur amando io molto i racconti, forse nel caso della narrativa sudamericana non riescono a convincermi come ci riescono invece sempre i romanzi. Anche di García Márquez, che è stato il primo a portarmi in Sud America, per quanto riguarda i racconti ho dei vaghi ricordi solo della raccolta La incredibile e triste storia della candida Erendira e di sua nonna snaturata (il racconto dell’angelo, in particolare).
Quindi forse non è del tutto colpa di Il vento distante, ma una parte di responsabilità è della mia predilezione per il Sudamerica raccontato più a lungo e più in profondità. Questo libro rimane comunque una bella lettura, a cui manca semplicemente qualcosa per essere perfetta.
Titolo: Il vento distanteAutore: José Emilio PachecoTraduttore: Raul SchenardiPagine: 128Editore: SurAcquista su amazon:formato brossura: Il vento distanteformato ebook:Il vento distante
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