Il vento fa il suo giro

Creato il 24 dicembre 2011 da Giuseppe Armellini
Quando capiremo che nei licei italiani oltre ad imparare seni e coseni, quartine a memoria e sbarchi dei Mille ci sarebbe anche la necessità di affrontare profondamente e non superficialmente la vita vera e tutte le su problematiche, e quando ci accorgeremo che per far questo non c'è niente di più stimolante ed intelligente del Cinema, allora Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti dovrebbe divenire uno dei "testi" obbligatori da inserire in programma.
L'accettazione del diverso, del forestiero, la capacità di adattamento, l'importanza delle tradizioni e delle radici e la necessità, a volte dovuta ad una costrizione, altre ad una vera e propria volontà, di accontentarsi delle piccole cose della vita, sono solo alcune tra le tematiche affrontate dal film.
Philippe è un pastore francese che decide di trasferirsi a vivere con la famiglia in un piccolissimo borgo di montagna, praticamente disabitato 11 mesi all'anno, della Val Maira, nel cuneese. Philippe è di un'altra nazionalità, Philippe parla un'altra lingua, Philippe fa un lavoro che nessuno nel borgo ama più fare, Philippe è intelligente, Philippe ha una bella famiglia e una bellissima moglie, Philippe non ha niente in comune con i pochi abitanti del luogo. Per lui tutto questo è soltanto uno stimolo, per i paesani un ostacolo insormontabile.
Certo che ancora una volta il piccolo paese, la piccola comunità, esce completamente distrutta alla prova cinematografica. Impossibile non tornare al Dogville trieriano o allo splendido Cane di Paglia (durante la visione ho pensato continuamente, sbagliando, che la vicenda sarebbe andata a finire come nel film di Peckinpah) ma mi piace anche ricordare quel nero gioiello di Calvaire (e il suo bar, che per un istante ho rivisto nel film di Diritti) o per restare ad un film che ho visto molto di recente, l'ottimo Regreso a Moira. Il piccolo paese chiuso su se stesso, nelle proprie tradizioni o nelle proprie credenze ma anche, particolare da non trascurare, nelle proprie facce, non accetta un figura diversa da se oppure, al contrario, ne è profondamente attratto. Luogo ristretto, mentalità ristretta, sembra una semplificazione troppo netta o un'accusa troppo superficiale ma è inutile nasconderselo, il più delle volte è così. Non è un caso che Diritti  veda nel clarinettista di "città" la persona più coscienziosa ma anche che lo "scemo del villaggio", un ragazzo affetto da gravi problemi mentali, sia l'unico a integrarsi perfettamente con la nuova famiglia, anzi,lo faccia in modo così forte da arrivare persino ad averne bisogno.
Tra paesaggi mozzafiato, luoghi e facce che riportano tanto alla bellissima letteratura di Mauro Corona, Diritti racconta con calma ed accuratezza le invidie, le pulsioni sessuali, l'odio e i tentativi di "boicottaggio" che la famiglia di Philippe è costretta a subire per esser mandata via. Qui alal fine non c'è il padre di Grace a bruciare tutto, il paese avrà la sua vittoria. Vittoria effimera però perchè in un finale che è l'insieme di 4 finali, uno più bello dell'altro, anche il paese dovrà pagare lo scotto di quello che ha fatto.
La ragazza più giovane se ne va, proprio mentre torna nel borgo il più vecchio abitante.
Il ragazzo malato di mente appena saputo della partenza di Philippe e della sua famiglia si uccide. Questo suicidio, il suicidio di un proprio figlio, del sangue del proprio sangue, è per il paese la consapevolezza del l'errore commesso perchè, indubbiamente, sono stati loro ad averlo ucciso. Quel ragazzo che non c'è più rappresenta la reificazione di un senso di colpa che deve venir fuori, di una coscienza collettiva che in qualche modo ha bisogno di essere risvegliata. Non è un caso che la vicenda, dall'arrivo di Philippe alla sua partenza, sia racchiusa in 9 mesi, 9 mesi, quanti ne servono affinchè nasca qualcosa di nuovo.
E il racconto che lo splendido sindaco legge in chiesa, un racconto che mi ha messo i brividi addosso per bellezza e profondità, è soltanto il passo successivo di questo bisogno di nuova vita. Tutti gli uomini hanno bisogno di sentirsi uguali, tutti, nessuno escluso, per poter far qualcosa di grande insieme.
E nell'ultima immagine, nel mio personale 4° finale, un ragazzo forse decide di tornare ad abitare là nel borgo, proprio dove è vissuto Philippe, e  provare a ricominciare.
Perchè alla fine tutto torna al proprio principio, il vento fa il suo giro e torna indietro.
E se Philippe è stato forse l'uomo che è venuto a ricordarlo ai paesani, con un ritorno anche materiale alla vita di un tempo, forse quel ragazzo è l' Uomo che Verrà a ribadirlo ancora.
Il vento fa il suo giro, tutto ritorna prima o poi.
Magari tornerà anche Philippe.
E, forse, sarà tutto diverso.
( voto 8,5 )

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