Il vero scandalo non è il gelato di Signorini... sono i primi nomi che emergono al "toto-quirinale"

Creato il 09 novembre 2014 da Tafanus

In questi giorni si è molto discusso, in Italia, su Signorini, su CHI, sul gelato della Madia usato volgarmente a fini anti-renziani dall'alleato (si fa per dire) Berlusconi, e rimbalzato come un boomeramg ad imbrattare la faccia di Signorini e dei suoi mandanti. La mia posizione è nota. Credo che Berlusconi & Signorini abbiamo pisciato fuori dal vaso, ma non cambio idea sul fatto che il vero scandalo che "non ha fatto rumore" è iniziato invece con le nomine di personaggi della levatura della Boschi e della Madia a ministre. E il fatto che queste nomine non abbiano fatto rumore è ancor più scandaloso delle nomine stesse.

In questi giorni emergono forti "rumors" sulle dimissioni di Napolinato entro pochi mesi (voci non confermate ma nemmeno smentite), ed è quindi legittimamente iniziato l'abituale "gioco di società (che passa sotto il nome di "toto-nomine", che nel Belpaese è più popolare della "scala a 40".

Fra i primi giornali ad "aprire il gioco", guarda caso, Repubblica. E lo apre con una lista di nomi molto più vergognosa del gelato della Madia e del calippo della Pascale. E con un raffazzonato pressappochismo che lascia davvero diu stucco...

La prima sezione della "scala a 40" si apre - useless to say - col capitolo "le donne". Col quale, sotto il renzismo, stiamo arrivando al razzismo di genere all'incontrario. Due nomi impresentabili, e uno addirittura costituzionalmente improponibile: queello del Giudice Costituzionale Marta Cartabia. Nome di grandissimo rilievo professionale, con tre piccoli difetti:

-a) si è già dichiarata, apertis verbis, contraria a qualsiasi riconoscimento di unione civile di coppi omosessuali, unendosi così alla politica più bieca targata Forza Italia e CVL;

-b) è stata nominata alla Corte Costituzionale da Napolitano, e mi sembrerebbe quantomeno inopportuno sollevare anche il minimo sospetto che si voglia proseguire sulla strada tracciata dell'ultimo anno da Napolitano attraverso una fedele "comtinuatrice" della sua politica;

-c) last but tutt'altro che least, si da il caso che la Cartabia non possa essere assolutamente presa in considerazione per un aspetto tutt'altro che secondario: ha 48 anni, e l'art. 84 della Costituzione recita, fra l'altro:

"Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d'età e goda dei diritti civili e politici [...]"

Io non so chi abbia partorito questo primo "toto-quirinale" per Repubblica. Ma Repubblica, pubblicando questa stronzata, sta dando prova di transizione verso il giornalismo raffazzonato che ho sempre detestato. Ezio Mauro ha qualcosa da dire? Lo stesso articolo mette in pole-position Roberta Pinotti, la professoressa di lettere "Ministro della Difesa". Avrebbe già superato, in questo ruolo, il suo "livello di incompetenza". Ha superato anche certi limiti etici quando, per sapere quali fossero le condizioni di salute di uno dei due marò accusati in India di omicidio volontario, non ha fatto la cosa più normale di questo mondo: chiedere alla Farnesina informazioni da ottenere tramite la nostra diplomazia in India. Ha pensato bene di organizzarsi una bellissima (e costosissima) "TV Opportunity", organizzando un costosissimo volo di stato, con TV al seguito, per andare personalmente ad accertarsi delle condizioni di salute del marò. Da professoressa di Lettere esperta in ischemie.

Infine, nella sezione dei nomi caldi, c'è la "evergreen" Anna Finocchiaro. C'era anche ai tempi della nomina di Napolitano, ma ora è anche renziana, quindi c'è acora di più.

Ancor più comica la lista dei "leaders". C'è l'evergreen Giuliano Amato, e insieme a lui uno che dopo lo "scherzetto dei 101" non accetterebbe di essere candidato neanche per scherzo, e poi c'è "Walter l'Africano", quello che doveva abbandonare la politica ed emigrare in Africa, per aiutare i derelitti, e invece tel ki, renziano da riporto anche lui, di nuovo in gioco, almeno nel "toto-quirinale"...

Infine, fra gli "outsiders" (varie ed eventuali) ci sono Padoan (ministro renzino, con la stessa comunicatività di un armadietto per le scope), e due "saltati sul carro del vincitore: Franceschini (quello che vuole piastrellare il Colosseo per lasciare un segno tangibile del suo passaggio al Ministero dei Beni Culturali), e Pietro Fassino (l'integerrimo cominista di "abbiamo una banca").

Se fossimo vicini al 1° aprile potrei capire, ma a novembre... Ma passiamo alle cose serie... Nell'articolessa di oggi, Scalfari spiega perfettamente cosa succederà: Renzi cercherà di indirizzare il voto verso un "presidente amico", perchè non può permettersi il lusso di transitare da Napolitano - che gli ha consentito praticamente tutto (incluso un voto di fiducia ogni tre settimane), ad un presidente - diciamo così... meno benevolo. Ecco un estratto dell'articolessa di Scalfari

È l'Italia il personaggio pirandelliano in cerca d'autore (di Eugenio Scalfari - Repubblica)
I nomi che dominano la scena italiana ed europea in questi giorni sono due: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi. Qualche osservatore malizioso ha anche messo in rapporto queste due eminenti personalità ipotizzando un'eventuale successione dell'uno all'altro ma le cose non stanno affatto così, Draghi non ha alcuna intenzione di andare al Quirinale, i suoi compiti e i suoi obiettivi sono del tutto diversi come lui stesso afferma pregando i suoi amici di diffonderla. Cosa che, adempiendo al suo invito, faccio con piacere.
Napolitano dunque se ne va. Compirà novant'anni in giugno e molti speravano che restasse fino a quella data, invece non sarà così: le condizioni fisiche che sarebbero sopportabili per sostenere normali responsabilità non gli consentono invece di esercitare ancora per molti mesi le funzioni connesse alla carica estremamente impegnativa che ricopre da otto anni. Darà le dimissioni entro la fine dell'anno e probabilmente ne darà l'annuncio con il messaggio alla Nazione del 31 dicembre prossimo. Si apre quindi fin d'ora il tema della sua successione, nel quale non spetta certo a lui dare indicazioni di sorta.
Avrebbe voluto - e l'ha detto al nostro collega Stefano Folli - che alcune leggi di riforma istituzionale fossero state approvate durante il suo mandato e in particolare quella di riforma elettorale; ma il lavoro del Parlamento si è ingolfato per approvare una serie di annunci e proposte e perciò il desiderio di Napolitano resta inappagato.
Questa è la situazione con la quale la nostra vita pubblica dovrà fare i conti da domani in poi e che chiama in causa altri tre nomi da aggiungere a quelli di Napolitano e di Draghi e cioè Renzi, Grillo, Berlusconi.
"Sei personaggi in cerca di autore", scrisse Pirandello per una delle sue più brillanti tragicommedie. Ma i nostri cinque non cercano autore, lo sono stati e alcuni di loro lo sono ancora. È l'Italia semmai che cerca il suo autore e ancora non l'ha trovato. Io la penso così e non sono affatto felice [...]

Dunque da domani inizierà il balletto delle trattative vere e finte fra un ragazzotto destinato a finire in pellicceria, un pregiudicato, un rinviato a giudizio, e un altro pregiudicato, nonchè comico bollito. E non siamo su "Scherzi a parte".

Scalfari prosegue tessendo un elogio a tutto tondo di Napolitano. Non concordo. Napolitano ha preso i giusti (e necessitati) provvedimenti quando l'Italia stava affondando sotto il peso di uno spread a livello 560. Bene ha fatto a "facilitare" la cacciata di Berlusconi, e l'arrivo di couli che allora era ancora ritenuto un tecnocrate "col loden". Poi anche il tecnocrate ha imparato - presto e male - la lezione della politica politicante. Si è fatto il suo partitino, che in un amen ha raccolto il 10% di reduci da altri ambiziosi progettini simil-centristi, e di transfughi di Forza Italia e di UDC. Poi, il crollo.

A questo punto le nomine "reali" avrebbero dovuto avere una fine. Invece è arrivato "Letta il Temporeggiatore", poi cacciato col contributo di Napolitano, per far posto al ragazzoto di Frignano, meglio noto come il "Serial Twitter". Indimenticabile "L'ultima Cena", non già fra Napolitano e Letta (Premier in carica) ma fra Napolitano e Renzi, durante la quale, dopo il famoso #enricostaisereno, è arrivato il regicidio. A me, che inizialmente ho giudicato positivamente l'operato di Napolitano, è tornato in mente il peggior Napolitano: il comunista "migliorista", eufemismo che stava per "farsi portare gratis dal taxi comunista verso l'alleanza organica della destra craxiana".

Ma ecco cosa scrive Scalfari sull'operato di Napolitano:
[...] Giorgio Napolitano è stato, non c'è dubbio, uno dei nostri migliori presidenti della Repubblica: ha avuto un rispetto non formale ma profondo per gli altri poteri dello Stato e per le prerogative che la Costituzione attribuisce al Presidente; ha considerato i cittadini come i destinatari dei benefici che la democrazia gli riconosce. La sua fermezza è stata probabilmente la maggiore caratteristica della sua presidenza e gli ha anche consentito di far sentire ai governi in carica la "moral suasion" che il Presidente può e deve usare per aiutare il potere esecutivo a governare il Paese nel modo migliore.
Le circostanze l'hanno obbligato a nominare tre governi senza che avessero ricevuto la preventiva designazione elettorale: quelli di Monti, di Letta, di Renzi. Li ha nominati perché la crisi economica internazionale aveva colpito anche e soprattutto l'Italia ed era necessario tentare di superarla o almeno di contenerla senza renderla ancora più critica ricorrendo ad elezioni anticipate, per di più con una legge elettorale sconfessata dalla Corte Costituzionale.
A volerlo sintetizzare nella sua essenza, questo è stato il ruolo di Napolitano. Le sue dimissioni aprono da domani una fase delicatissima che sarà di non facile né rapida soluzione. La ragione è semplice da spiegare: Renzi e il suo partito vorranno ora un inquilino del Quirinale che riconosca la primazia del capo del governo. Cioè esattamente il contrario di quanto è accaduto nell'ultimo quinquennio.
È un cambiamento? Certamente lo è, ma non nel senso di un'apertura al futuro, bensì di un ritorno al passato. Per tutto il corso della Prima Repubblica furono la Democrazia cristiana e i suoi alleati a "tener per mano" l'inquilino del Quirinale. La Dc lo eleggeva e la Dc lo guidava. Ci furono le sole eccezioni di Gronchi e di Pertini e non a caso: Gronchi era stato eletto da una inconsueta coalizione di minoranze e Pertini aveva un carattere che non a caso ne ha fatto uno dei capi della Resistenza. Per tutti gli altri il motore stava nel governo e il Quirinale aveva un ruolo subordinato. Il progetto di Renzi è di ritornare alla vecchia Dc nel suo rapporto con il Quirinale. Ma una difficoltà c'è: il Pd non ha nel plenum del Parlamento la maggioranza assoluta richiesta per l'elezione del Presidente. Quindi ha bisogno di costruirla. Con Berlusconi e/o con Grillo. Il gioco sarà questo e comincerà fin da domani [...]

Esatto, Caro Scalfari... Renzi, da domani, vorrà esattamente, dal nuovo inquilino del Quirinale, ciò cheNapolitano purtroppo gli ha già concesso: TROPPO. Gli ha conmcesso l'ignominiosa cacciata di Letta non già per via elettorale, ma per Decreto Regio. Gli ha concesso di aprire mille fronti di lotta. Gli ha concesso di sprecare 10 miliardi per una marchertta elettorale probabilmente incostituzionale, che riguarda il suo elettorato di riferimento, e non per una equa distribuzione con premio proporzionale ai meno abbienti; gli ha concesso ben un voto di fiducia ogni tre settimane, un abuso inaudito della decretazione d'urgenza, e del NULLA dei disegni di legge vuoti di contenuti. Gli ha concesso di nominare "ministri e ministre" che quando la politica era una "cosa vecchia" non avrebbero potuto ragionevolmente fare neanche dli assessori a Roncobilaccio.

Noi, caro Scalfari, siamo grati quanto lei per ciò che ha fatto Napolitano fino alla cacciata di Berlusconi. Quello che è successo dopo, speriamo di riuscire a dimenticarlo. Ora si apra un nuovo capitolo: che a Renzi non ci siano alternative, è una leggenda metropolitana che rafforza Renzi. Ci sono non meno di dieci milioni di italiani capaci di non fare quello che non fa Renzi. Magari senza affliggerci dall'alba a notte fonda col suo faccione incombente come il monoscopio di RAI Uno, che occupava lo schermo per 18 ore al giorno. Quindi, per piacere, o spendiamo tutti le nostre energie affinchè il prossimo presidente non si chiami Pinotti, o Delrio, o Fassino, o Chiamparino, o accettiamo "ora per allora" altri dieci anni di annunci, di tweet, e di altre minchiate veloci veloci. Grazie

P.S.: Caro Scalfari, preziosa, invece, la notizia che ci da in fondo alla sua articolessa, che potrebbe essere ridotta telegraficamente a questo
"La Guerra di Renzi all'art. 18 è una cagata pazzesca". Come la Corazzata Potiomkin. Chiusde Scalfari:

[...] Per quanto riguarda l'articolo18, del quale ho spesso parlato le scorse settimane, ho approfondito il tema della sua abolizione e sono arrivato alla conclusione che l'articolo 30 della Carta dell'Unione ha la sua interpretazione più netta e chiara nell'articolo 52 della Carta medesima.
Anzitutto il titolo di quell'articolo: "Portata e interpretazione dei diritti e dei principi" e poi il primo comma dell'articolo suddetto che così recita:

"Eventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciute dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti. Possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione e dall'esigenza di proteggere i diritti".

Il che vuol dire che l'articolo 30 che prevede il ricorso di ogni lavoratore contro licenziamenti ingiustificati non può essere abolito perché andrebbe a ledere "l'interesse generale dell'Unione" già approvato insieme al Trattato di Lisbona.
La Cgil dovrebbe semmai estendere l'articolo 18 a tutti i lavoratori, quale che sia il loro specifico contratto di categoria. Sarà comunque interessante vedere l'adesione dei lavoratori della Fiom allo sciopero generale ormai imminente.

Eugenio Scalfari

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