Dall’8 al 10 luglio la Federazione Russa ha ospitato il vertice congiunto BRICS-SCO, evento che ha riscontrato ampia diffusione presso la stampa internazionale. È toccato alla città di Ufa fare da palcoscenico a questo storico summit che è riuscito nell’intento di riunire i capi di Stato delle cinque maggiori economie mondiali definite emergenti (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) insieme ai Paesi membri della SCO, ossia Cina, Russia, Kazakhstan, Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan. La presenza dei Paesi osservatori SCO quali India, Pakistan, Iran e Mongolia (compresa quella dei dialogue partners Bielorussia e Sri Lanka), ha contribuito a conferire ai lavori un’importanza ancora maggiore. A conti fatti, ad Ufa erano rappresentati quattro continenti: oltre all’America Latina (Brasile) e all’Africa (Sudafrica), nel capoluogo della Baschiria si sono riuniti la quasi totalità dei Paesi eurasiatici e tra i più importanti attori dell’Asia meridionale e orientale. I temi trattati hanno riguardato, principalmente, la politica energetica dei Paesi presenti, la necessità di programmare la realizzazione di grandi opere infrastrutturali e di collaborare per un sistema democratico multipolare delle relazioni internazionali. Aspetto ancora più importante, si è insistito sulla cooperazione economica su base multilaterale tra i vari Stati membri, con l’obiettivo dichiarato di gettare le basi per la creazione di un nuovo ordine economico internazionale.
Il primo vertice dei Paesi BRICS, tenutosi a Ekaterinburg nel 2009, aveva visto la partecipazione di solo quattro Stati, dal momento che soltanto nel 2010 il Sudafrica ha preso ufficialmente parte al gruppo. Fin dal primo incontro, i BRICS hanno tuttavia sempre sostenuto la necessità di una riforma dell’ordine economico mondiale e delle istituzioni finanziarie, con l’obiettivo di salvaguardare gli interessi economici dei Paesi membri. Il gruppo, il cui acronimo fu coniato dall’economista Jim O’Neill del gruppo Goldman Sachs nella sua famosa pubblicazione Building Better Global Economic BRICs, tiene da allora i suoi incontri con cadenza annuale. Tra questi, si distingue per importanza quello del 2014 tenutosi a Fortaleza: proprio in Brasile sono sorti infatti i presupposti per trattare le tematiche approfondite un anno dopo ad Ufa.
La SCO (acronimo inglese di Organizzazione per la Cooperazione di Shangai) è invece un’associazione comprendente Russia, Cina, Kazakhstan, Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan, i cui fondamenti sono stati ratificati con la Dichiarazione di Shangai del giugno 2001. I settori di cooperazione sono volti a prevenire, identificare e sopprimere le tre principali minacce individuate dai Paesi membri, i cosiddetti “tre mali”: terrorismo, separatismo ed estremismo. L’organo principale della SCO è la RATS (Regional Anti-Terrorist Structure), fondata nel 2004 ed adibita all’implementazione di misure condivise e alla coordinazione dello scambio di informazioni sensibili tra i Paesi membri riguardanti organizzazioni terroristiche, traffici illegali di armi o fonti sospette di finanziamento. L’associazione contribuisce notevolmente alla stabilità e alla sicurezza della regione centroasiatica: proprio per questo motivo nel vertice del 2005, tenutosi ad Astana, Paesi come India, Pakistan ed Iran si sono dimostrati interessati a divenire membri a tutti gli effetti ottenendo lo status di Paesi osservatori, un importante attestato circa il crescente prestigio di un’organizzazione che promuove la cooperazione con altre realtà multilaterali, quali le Nazioni Unite, l’ASEAN, L’Unione Economica Eurasiatica e, riguardo al settore sicurezza, l’OSCE.
Il XV congresso della SCO ed il VII vertice dei Paesi BRICS ad Ufa verranno ricordati non solo per la straordinaria ampiezza e l’importanza delle tematiche in agenda, ma soprattutto per aver riunito nello stesso luogo in uno storico incontro molti Paesi interessati ad una revisione degli equilibri che regolano la politica internazionale e l’economia mondiale. Grande risalto è stato dato al tema attualissimo dell’energia e delle strategie da adottare per l’approvvigionamento energetico: la Mongolia (Paese osservatore della SCO) ha avanzato la proposta di prendere parte al progetto che vedrà le risorse energetiche russe rifornire la Cina attraverso la costruzione del gasdotto Sila Sibiri-2, iniziativa anche sponsorizzata dal presidente cinese Xi Jinping che ha ribadito la necessità di costituire un’area di cooperazione tra i tre Paesi. Il coinvolgimento della Mongolia ridisegnerebbe il percorso del gasdotto aggirando, in tal modo, l’ostacolo presentato dai monti Altaj al confine russo-cinese con una significativa riduzione dei costi. L’obiettivo da perseguire è la realizzazione dell’ambizioso progetto della «Via della Seta», un corridoio asiatico attraverso il quale accedere direttamente all’Europa facilitando gli scambi commerciali con l’Occidente. A tal proposito è stata incentivata la costruzione di opere infrastrutturali nella regione.
Sono state avviate, inoltre, le procedure per il tanto auspicato ingresso dell’India nella SCO, discutendo anche della possibile adesione dell’Iran (procedura, al momento, resa impossibile dal regime di sanzioni imposto dalle Nazioni Unite nei confronti di Teheran, nonostante le dichiarazioni del ministro degli esteri russo Sergej Lavrov tradiscano un certo ottimismo per il futuro, considerando gli accordi ratificati a Vienna). Con l’ingresso dell’Iran nella SCO, le potenze nucleari facenti parte dell’organizzazione sarebbero quattro: ciò, secondo il presidente uzbeko Islam Karimov, potrebbe modificare sensibilmente gli equilibri di forza nell’arena mondiale. Un forte interessamento a prendere parte al gruppo BRICS è stato invece espresso da Turchia, Messico, Indonesia, Argentina, Egitto e Nigeria. Ai lavori ha presenziato anche il Vice-presidente della Banca di Sviluppo industriale turca Chidem Ichel, a dimostrazione del richiamo esercitato dal BRICS su altri Paesi in via di sviluppo, considerate le buone prospettive offerte ai suoi Stati membri.
L’aspetto economico è senz’altro quello foriero delle novità più salienti del doppio vertice di Ufa: innanzitutto la creazione, da parte dei Paesi BRICS, di un pool comune di riserva di valute nazionali ammontante a 100 miliardi di dollari per fronteggiare possibili brusche riduzioni delle loro riserve valutarie. È stata, poi, ribadita la necessità di attuare delle contromisure idonee a proteggere le economie BRICS dalle fluttuazioni dei prezzi del petrolio. Proprio il Presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che il vertice ha tenuto in forte considerazione l’instabilità dei mercati e l’alta volatilità dei prezzi delle risorse energetiche, considerando questi squilibri come un fattore di rallentamento della crescita delle economie dei Paesi coinvolti. Non è esclusa neanche la possibilità di costituire un’associazione energetica tra i Paesi BRICS con un’unica base di informazioni ricavate dalle esperienze del settore industriale energetico di ciascun Paese membro. Un’ipotesi non tanto lontana dalla realtà, considerando le specificità degli attori in gioco: la Russia è esportatrice di gas e petrolio, il Brasile è produttore ed esportatore di biocombustibili, il Sudafrica ha recentemente aumentato le attività di estrazione e di raffinazione. Tutti questi Paesi hanno bisogno del know-how necessario per trarre maggior vantaggio dalle proprie risorse e porre fine alla dipendenza da tecnologie occidentali. I BRICS si preparano, inoltre, a promuovere l’utilizzo delle valute nazionali nel commercio reciproco, considerando che essi contribuiscono a circa il 75% del volume di scambi commerciali internazionali. L’iniziativa è stata presa considerando anche che il valore degli scambi interni al gruppo BRICS è raddoppiato e che gli investimenti incrociati tra questi ultimi e i membri della SCO sono aumentati del 20% circa. In ultimo, di grande rilevanza è l’istituzione della Nuova Banca di Sviluppo BRICS con sede a Shangai: si tratta di un’istituzione finanziaria volta al reperimento di fondi a condizioni più vantaggiose per facilitare lo sviluppo dei progetti infrastrutturali nei Paesi del gruppo, gli stessi Paesi che spesso hanno riscontrato difficoltà nell’ottenere finanziamenti, date le modalità di ripartizione delle quote del FMI spesso considerate inique.
Come interpretare queste iniziative inserendole nell’ampio scenario attuale della politica internazionale? In primis, occorre rimarcare il ruolo decisivo giocato dalla Russia nel contribuire alla creazione di un’agenda così ricca di iniziative. I recenti accadimenti ucraini sembravano aver relegato il Paese più vasto del mondo in uno stato di isolamento forzato, così come più volte ripetuto dallo stesso Presidente degli USA. A più di un anno dal referendum e dalla riunificazione della penisola di Crimea, Mosca ha dimostrato, smentendo taluni auspici provenienti da Occidente, la sua capacità di riuscire a riunire intorno a sé un intera schiera di Paesi interessati a portare avanti progetti innovativi, facendo leva sugli interessi nazionali di ciascuno, tutti convergenti, però, in un’unica direzione: la necessità di svincolarsi dai dettami dell’unipolarismo per entrare definitivamente in un ordine mondiale di tipo multipolare.
La Russia è riuscita a sfruttare al meglio una fortunata coincidenza: avendo assunto temporaneamente sia la presidenza dei BRICS che quella della SCO, i vertici del Cremlino hanno ben pensato di riunire le due associazioni in un unico summit arricchendolo con la partecipazione degli esponenti dei tanti Paesi osservatori presenti e dei rappresentanti dell’Unione Economica Eurasiatica, dimostrando, in tal modo, di voler fare quadrato intorno a sé e di provare ad integrare diverse piattaforme non occidentali nel tentativo di stabilire una strategia condivisa. Tutto ciò trasforma un comune vertice BRICS in una dignitosissima alternativa al G7 occidentale. Il valore simbolico dello scenario scelto per questo importante vertice non è stato casuale: la centralissima Mosca e la troppo “europea” San Pietroburgo hanno ceduto il passo, per questa volta, al capoluogo di una provincia, la Baschiria, ai confini col Kazakhstan e quindi molto più vicina all’ Asia centrale che ai tradizionali centri di potere russi.
È sempre più evidente quello che gli addetti ai lavori hanno spesso indicato da un anno a questa parte: stiamo assistendo ad una progressiva e costante «orientalizzazione» della politica estera russa. La Russia, in questo senso, sembra tentata di superare le prevaricazioni occidentali puntando su delle «politiche di blocco» e cercando, in tal modo, dei partners con i quali rapportarsi nel tentativo di superare i problemi presentatisi con il regime di sanzioni economiche imposto dall’Occidente. In questo senso sarà fondamentale, per la ripresa economica russa, attingere ai fondi dalla Nuova Banca dello Sviluppo BRICS istituita proprio ad Ufa: gli investimenti dei Paesi BRICS in Russia nel 2014 sono aumentati del 25%, il 60% dei quali da parte cinese. È d’altronde proprio l’asse Mosca-Pechino a distinguersi per la capacità di cooperazione: non soltanto sono stati confermati gli ambiziosi progetti riguardanti la costruzione di due gasdotti principali per venire incontro al fabbisogno energetico cinese, ma la Cina sembra oggi più intenzionata rispetto al recente passato ad appoggiare la Russia nelle attuali questioni politiche che la riguardano nei confronti dell’Occidente.
Da questo punto di vista, non appare certamente casuale l’appello di Xi Jinping rivolto ad Ufa ai Paesi BRICS ad unire le forze per evitare qualsiasi revisione storica relativa alla Seconda Guerra Mondiale e nel rifiutare il riproporsi dell’ideologia bipolare che ha caratterizzato il periodo della Guerra Fredda. L’assenza dei leaders occidentali a Mosca per il Giorno della Vittoria del 9 maggio scorso è un ricordo ancora vivo in una Russia che, da un punto di vista simbolico, vede sminuire da parte occidentale il suo decisivo contributo alla vittoria contro la Germania nazista. Il riferimento all’ideologia bipolare, invece, sembra fungere da monito agli Stati Uniti e all’Unione Europea, fautori delle sanzioni anti-russe. Tuttavia, dati alla mano, il doppio vertice di Ufa si è distinto come detto soprattutto per la natura economica dei temi trattati, più che per gli intenti specificamente geopolitici.
Le strategie di politica estera dei Paesi BRICS, nonostante i tanti campi di cooperazione, rimangono infatti per il momento differenti ed, in alcuni casi, concorrenziali tra di loro. La SCO, invece, con la sua politica di sicurezza e prevenzione, potrebbe adottare delle strategie più condivise nel prossimo futuro: nella dichiarazione di Ufa è stato espresso l’auspicio di un sistema policentrico di relazioni internazionali ed la necessità di creare uno spazio indivisibile di sicurezza per allontanare il terrorismo e l’estremismo dai Paesi coinvolti, tenendo presente la forte componente musulmana presente in Asia centrale ed in Russia. I Paesi aderenti alla SCO formano d’altronde uno spazio continuo, senza contare che insieme compongono il 22% circa della popolazione mondiale, il 20% della superficie del pianeta e il 16% del PIL mondiale. Non bisogna dimenticare che nel 2006 la richiesta degli Stati Uniti di entrare nello SCO come Paese osservatore fu respinta. Ciò è indicativo dei fondamenti stessi intorno ai quali è costruita l’organizzazione: non solo la necessità di arginare le ondate di estremismo e le minacce alla sicurezza, ma anche il tentativo evitare qualsiasi ingerenza esterna in un territorio dal peso strategico fondamentale come l’Asia Centrale.
In conclusione, il dato più importante che emerge dal doppio vertice di Ufa è il progressivo avvento di un mondo sempre più multipolare e il rilievo assunto da questo incontro sta nell’aver contribuito con un piccolo mattone alla sua formazione. Il tentativo russo di avvicinare piattaforme differenti e tanti Paesi interessati ad aderire per il perseguimento degli stessi obiettivi non fa altro che avvicinare i vettori di integrazione nel tentativo di costituire una valida alternativa all’egemonia geopolitica statunitense, del dollaro e della struttura finanziaria di matrice occidentale. Nonostante questa aspirazione sia ancora in fieri, sarebbe un grosso errore strategico, da parte dell’Occidente, sottovalutare o, addirittura, ignorare i chiari segnali provenienti da Ufa. Probabilmente, solo l’ultimo errore di una lunga serie.