Il vestito nuovo di Zeroconsensus: come un auspicio

Creato il 19 ottobre 2013 da Zeroconsensus

Dopo circa due anni di attività zeroconsensus ha deciso di cambiare vestito. Mi riferisco alla testata del blog. Abbandono “gli ambasciatori” di Hans Holbein di cui in passato vi parlai spiegando le motivazioni che mi avevano spinto ad adottarlo come testata di questo blog. Ora la testata sarà un particolare di un altro quadro da me molto amato: “Mort du fossoyeur” di Carlos Schwabe. Si tratta di un quadro carico di profondi significati e dipinto da un pittore tedesco aderente alla corrente artistica conosciuta come “simbolismo”. Ma io, non essendo un critico d’arte mi limiterò a darvi sommariamente la mia interpretazione che è strettamente legata agli argomenti trattati in questo piccolo blog.

Innanzi tutto – sia chiaro – la scelta di questa opera vuole essere assolutamente beneaugurante sebbene a prima vista potrebbe apparire il contrario. La speranza è quella di voler vedere nella fossa quella strana prassi di politica economica che non è definibile né come keynesismo né come neoclassicismo e che è attualmente in voga.

Infatti sono abbastanza persuaso che – al di là dei giuramenti di eterno amore urlati da chi detiene le leve del potere nei confronti di una delle due teorie economiche dominanti – i fatti dimostrino come la dottrina realmente applicata sia un minotauro mezzo keynesiano e mezzo neoclassico. Ovvero l’applicazione delle dottrine del libero mercato alle classi sociali subalterne e l’applicazione delle dottrine keynesiane quando invece sono in ballo gli interessi delle classi dominanti. Se andiamo a guardare, infatti vediamo che da un lato vengono erosi i “costosi” diritti delle classi subalterne quali per esempio il welfare, mentre dall’altro lato per salvare dalla “distruzione” – ciclicamente fisiologica – il capitale delle classi dominanti, si assiste ad interventi colossali di aiuto sia di natura finanziaria che di natura reale, basti pensare alle operazioni di quantitative easing poste in essere da tutte le banche centrali occidentali oppure all’occhio benevolo – al di là delle dichiarazioni di facciata – con cui la politica guarda alle colossali operazioni di elusione fiscale fatte dalle grandi multinazionali nei paradisi fiscali. Ecco, il piccolo auspicio del vestito nuovo del blog è quello di vedere seppellito questo minotauro che, a sua volta, in questi anni, ha seppellito le speranze, i sogni e i diritti di milioni di donne e uomini, di giovani e anziani.

Fino all’ultimo sono stato in dubbio se usare questo “vestito” di cui vi ho spiegato ora il significato oppure se indossarne un altro: “l’angelo ferito” di Hugo Simber anche esso un pittore aderente alla corrente simbolista. In questo caso il significato sarebbe stato, ai miei occhi un altro. L’angelo ferito è la corrente economica e politica alla quale – nel mio piccolo – mi onoro di appartenere: il marxismo. Sono fermamente convinto che l’applicazione – anche parziale – di politiche economiche improntate all’insegnamento di Karl Marx potrebbero lenire o anche guarire le sofferenze che milioni di persone subiscono a causa di questa terribile crisi. Purtroppo l’applicazione di queste dottrine appare attualmente impossibile visto lo strapotere anche mediatico delle classi dominanti e il loro enorme potere di manipolazione delle masse. Questo soprattutto in Italia. Non manca certo, né la volontà né l’impegno da parte dei marxisti ma purtroppo non vengono ascoltati. Spesso non vengono ascoltati non perchè non capiti ma perchè troppi si cullano nella vana illusione che i tempi del credito e del consumo facile possano presto tornare. Vane illusioni temo. Ma a me piace pensare che Karl Marx possa risorgere dalle sue ceneri come una Fenice. E possa risorgere così come profetizzato da Josef Schumpeter: “La maggior parte delle creazioni dell’intelligenza o della fantasia scompaiono per sempre dopo un periodo che va da un’ora ad una generazione. Alcune, tuttavia, sfuggono a questo destino: subiscono eclissi, è vero, ma risorgono, e risorgono non come elementi irriconoscibili di un patrimonio culturale, ma nella loro veste unica e con le loro inconfondibili cicatrici, che tutti possono vedere e toccare. Sono le creazioni che meritano d’essere chiamate grandi – definizione cui non nuoce il fatto di legare la grandezza alla vitalità. Preso in questo senso, il termine si applica indubbiamente al messaggio di Karl Marx.”



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