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Il Viaggio di Arlo

Creato il 27 novembre 2015 da In Central Perk @InCentralPerk
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Come si può passare nel giro di pochi mesi da un capolavoro che fa versare fiumi di lacrime, profondo e sincero, a una bambinata senza originalità, senza niente di nuovo da raccontarci?
Difficile credere che dalle stesse menti che hanno partorito Inside Out, che ha conquistato pubblico e critica (e la sottoscritta) appena un paio di mesi fa, ora, oggi, esca questo Viaggio di Arlo che scopiazza Il Re Leone e tutti gli altri film di formazione Disney e non.
Difficile, ma se si va a guardare la genesi di questo Arlo, di questo dinosauro buono, si capisce che di problemi ce ne sono stati parecchi, e che sono forse alla base di un’idea che non s’aveva da fare, o almeno non così.
Nel giugno 2011, la data di uscita prevista per il film era il 27 novembre 2013, è stata  poi posticipata di un anno (30 maggio 2014), e di un altro ancora finendo dietro a quell’Inside Out che ora gli si pone davanti come un impietoso paragone.
A portare avanti il progetto, poi, non quel Bob Petersen coautore di Up, incapace di dare consistenza al terzo atto e arenato in problemi di sceneggiatura, ma Peter Sohn subentrato come regista, dopo il licenziamento di un centinaio di lavoratori e la riscrittura completa della sceneggiatura, compresi i personaggi protagonisti.
Il cambiamento, e l'inesperienza (Sohn ha finora diretto solo il corto -bellissimo- Partly Cloudy), si fanno sentire soprattutto alla base di un soggetto che manca completamente del colpo di genio, del guizzo intuitivo che è il marchio di fabbrica della Pixar.
Dov'è il capovolgimento del punto di vista? Dov'è il punto di vista nuovo e divertente? Quale mondo fantasioso sono andati a studiare o a inventare?
La preistoria, certo, una preistoria dove uomini e dinosauri convivono, dove due cuccioli di queste due specie si incontrano e si scontrano, ma dove tutto finisce nel più classico archetipo del viaggio come racconto di formazione fatto a tappe.
Il Viaggio di Arlo
E così, quel meteorite che invece di colpire la Terra e sterminare i dinosauri la sfiora appena, è un semplice espediente sfruttato male (molto male) per rendere possibile la coabitazione dell'uomo e del dinosauro, allo stato preistorico uno, evolutosi come contadino il secondo.
Gli stessi protagonisti sembrano usciti da uno dei tanti libri di favole: Arlo, giovane, maldestro, pauroso e debole dinosauro, e quel cucciolo di uomo indipendente e solo, selvaggio ma addomesticabile.
E vai di personaggi cliché anche sullo sfondo, vai di padre saggio e forte, di madre protettiva, di fratello sbruffone e di sorella intelligente, di cattivi perfidi e di amici generosi, vai di un Arlo che ha paura anche della sua ombra, che vuole essere all’altezza degli altri per poter lasciare la sua impronta, e che così facendo provocherà una tragedia, una perdita, si perderà lui stesso, e solo nel lungo percorso per tornare indietro, assieme a quel suo nemico che diventa suo amico, si farà forte e coraggioso, affrontando le sue paure, nemici temibili dalla natura, incontrando nelle sue tappe altri animali a caccia, che affollano un parterre di personaggi usati male (altro che Nemo), che non arricchiscono ma confondono, come a dire: se non hai forza in quello che hai, cerca di aggiungerci qualcosa per poter andare avanti, arrancando, fino alla fine.
Il Viaggio di Arlo
Niente di nuovo, anzi, tutto sa di già visto e di scontato, e se la storia è quella che è, non aiutano dialoghi melensi, che dicono troppo, anche lo scontato, e dimostrano se non ce ne fosse ancora bisogno come il target di questo Arlo sia quello dei più piccoli.
Alla faccia di quell’animazione che conquista anche gli adulti, di quei racconti che se i più piccoli apprezzano per i colori e la fantasia, i più grandi li amano per quello che in realtà raccontano: la loro infanzia, i loro sogni, i loro sentimenti.
Peter Sohn non fa niente di tutto questo, annoia i più grandi, li riempie di scontentezze che già ha incontrato al cinema, li stupisce con crudeltà inaspettate e inutili, non dandogli nulla di originale, anzi, cercando di strappargli a forza lacrime in modo ruffiano.
Se non fosse per disegni sopraffini, per una tecnica di animazione che più volte lascia senza fiato, con scene che sembrano rubate a un documentario dei più attenti, con quella natura che la fa da padrone, con la sua bellezza e la sua irruenza, e quel dinosauro che si staglia in tutta la sua dolcezza, Arlo sarebbe davvero in tutto e per tutto un film da bocciare.
E se a dirlo è una fan della Pixar come me, che qui non solo non riconosce la sua Pixar, ma nemmeno una Disney solitamente così “famigliare”, il guaio combinato è bello grosso.
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P.S. Anche il cortometraggio allegato Sanjay's Super Team non entusiasma, trasformando gli dei hindu del regista Sanjay Patem rappresentato bambino, in supereroi che lo avvicinano alla religione e quindi al padre.
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