Il viaggio di maddalena

Da Astonvilla

Il 25/08/2011 arrivo verso le 11:12 del mattino all’ aeroporto dell’ Avana, il mio primo giorno in terra cubana di un viaggio durato, complessivamente, 14 giorni.
Mi dirigo verso il check-in, guardano i miei documenti e sorridendo mi danno il benvenuto. Una giovane donna mulatta, con la testa ornata da tante treccine colorate, controllando i miei documenti mi indica dove poter ritirare le mie valige.
Chi si reca a Cuba deve sottoporsi ad un secondo check-in in cui bisogna lasciarsi fotografare frontalmente e di lato e consegnare un bigliettino che distribuiscono in aereo. Sul bigliettino bisogna riportare le proprie generalità, le motivazioni del viaggio, dove si avrebbe intenzione di soggiornare e per quanti giorni.
Stranamente, l’ uomo addetto al secondo check in, un uomo di mezza età in divisa, mi sorride e chiede gentilmente la mia nazionalità. Dopo essermi fatta fotografare, l’uomo si rifiuta di ritirare il bigliettino appositamente compilato, mi sorride e mi dà il benvenuto in lingua italiana: “benvenuta, signora!”.
Senza effettuare ulteriori controlli, mi lascia passare. Trovavo l’ aeroporto dell’ Avana incomprensibile: non riuscivo ad individuare l’ ufficio del cambio, né i taxi-regular! Giro e rigiro ma …niente! Vedo fuori un uomo in divisa. Chiedo di poter effettuare un cambio di moneta e prendere un taxi-regular. Lui mi risponde che l’ ufficio di cambio è eccessivamente affollato, che sarebbe meglio rinunciare e continuare ad usare l’ euro ed, eventualmente, cambiare la mia moneta direttamente all’ Avana. Infine mi dice: “se vuoi c’è qui un tassista disposto ad accompagnarti all’ Avana per soli 20 euro”! Io rispondo che preferisco cominciare da subito ad utilizzare i CUC e che sono disposta ad affrontare la lunga fila senza problemi. Quindi l’ uomo in divisa mi indica l’ ufficio di cambio ed io mi metto in fila. Nel frattempo mi si avvicina un ragazzo mulatto con la divisa da tassista. Mi dice che la fila è troppo lunga per il cambio, che avrei perso troppo tempo e che al secondo piano dell’ aeroporto avrei trovato una fila più corta. Il ragazzo mi accompagna al secondo piano dove, molto rapidamente, effettuano il cambio del denaro. Eseguito il cambio il ragazzo mulatto si dichiara disposto ad accompagnarmi all’ Avana direttamente verso l’ appartamento dove mi attendeva la signora T. per soli 18 CUC. Il ragazzo mi accompagna in città su una piccola macchina giapponese molto elegante (mi sembrava risalente ai primi anni ’90). Il percorso tra l’ aeroporto e la città dell’ Avana si è rivelato piuttosto lungo: ma mi sono goduta il panorama che mi sembrava meraviglioso.
Le strade erano estremamente pulite e le aiuole molto curate (mentre mi aspettavo di trovare sporcizia e trascuratezza), tra l’ altro, mi colpirono positivamente i numeroso cartelloni colorati con slogan contro il Blocco Economico imposto dagli USA, motti rivoluzionari o/e forme di “pubblicità-progresso” che esprimevano concetti come, ad esempio, il rispetto per l’ ambiente e la natura, l’ incoraggiamento a fare la raccolta differenziata, curare la propria salute ed alimentazione e l’ essere sempre altruista e solidale con tutte/i, etc. In tutta sincerità, non trovare la solita chiassosa (e spesso volgare o/e di cattivo-gusto) pubblicità di prodotti commerciali per le strade mi sollevò molto, mi fece sentire più “leggera”, avevo già la sensazione di essere entrata in un’ altra dimensione ed in un’ altro ordine di idee.
Durante il percorso aereoporto-Avana città, venivo ipnotizzata dalle antiche macchine d’ epoca, tenute spesso in perfetta condizione, come nuove. Arrivata a destinazione, un piacente appartamento nel quartiere Vedado, il ragazzo prende le mie valige e mi accompagna fino al citofono. Pago e subito dopo risponde al citofono la signora T. che mi raggiunge sulla scalinata e salutandomi mi accompagna fino all’ appartamento. T. è una signora anziana alta, snella, bionda e graziosa, con un’ acconciatura ed un’ abbigliamento giovanile ed all’ ultima moda e, nonostante l’ età, ancora straordinariamente agile. T. prende le mie valige, le sistema nella mia camera e mi mostra l’ intero appartamento: non molto grande ma neanche piccolo, provvisto, tra l’ altro, di un bellissimo balconcino da cui scorge un bel panorama del quartiere sottostante. L’ appartamento, con un arredamento molto gradevole ed armonico ma eccessivamente “vintage” dava l’ idea di essere tornati indietro nel tempo. Tutto estremamente vecchio ma tenuto in ottime condizioni mi dava la sensazione di un tempo fermo, dove tutto continua ad avere un’aria famigliare, romantica, irreale, una dimensione non toccata dai nostri drammi e dalle nostre problematiche (l’ imperativo, obbligatorio per tutti gli occidentali che vivono in un’ economia capitalistica: produci ed anche in fretta, consuma il più possibile e crepa).
L’ appartamento era ampio e luminoso, con 3 camere da letto, una cucina, un grande bagno con vasca stile anni ’50. La mia camera da letto era anch’ essa ampia, luminosa e tutta in legno. Sentivo già sulla pelle in caldo torrido ed umido, la mia pelle produceva sudore in quantità industriale. Decido di andare a letto facendomi prima una lunga e fresco bagno nell’ ampia vasca. L’ acqua scorreva fluente ed in gran quantità. Anche il lettone antico, tutto in legno era estremamente comodo. Le mie giornate si avviarono con questi ritmi: si sudava terribilmente anche di notte (non essendo abituata al terribile caldo tropicale) quindi l’ imperativo era svegliarsi obbligatoriamente con un bagno freddo, abbondante colazione a base cappuccino, polpette vegetali (buonissime ma non ho mai compreso gli ingredienti), fagiolini, succo di guava, mango o papaya. Ogni mattina le mie passeggiate cominciavano dall’ Avenida 23, da cui, spesso, mi dirigevo in visita ad altri quartieri o alle viuzze sottostanti.
Mi sorpresero i numerosi villini colorati ed in stile coloniale, i giardini comunali estremamente curati, la pulizia e l’ ordine in cui veniva tenuta la città. Le macchine d’ epoca, anch’esse tinteggiate con i colori più assurdi ed impensabili (giallo canarino, verde pisello, celeste, rosa, arancione, etc.) sfrecciavano per la lunga ed ampia Avenida. Tra i percorso obbligati c’ erano Hotel Avana Libre, la gelateria Coppelia nei pressi di calle 23 sempre nel quartiere Vedado e la Rampa, un grazioso parchetto dove si tenevano mostre artistiche e mercatini di ogni genere e sorta. Un tuffo nel passato: tutto sempre in uno stile “vintage” estremamente curato, un tuffo nell’ arte-coloniale, nell’ artigianato artistico afro-cubano. Il popolo cubano, sin dai primi approcci, mi sembrò estremamente disponibile ed aperto. Privi di paure, pregiudizi o inibizioni di qualunque genere si aprono molto con gli stranieri ma sempre in modo elegante e garbato. Con le donne è ancora molto diffusa una galanteria ed un iper-protettività d’ altri tempi, quasi ottocentesca: si usa ancora salutare le donne con il baciamano o con l’ inchino, ogni uomo cubano aiuta le donne a salire o scendere dall’ autobus oltre che cedere sempre il proprio posto e dimostrarsi sempre difensivi e disponibili per qualunque esigenza.
Sempre molto cordiali e disponibili non mancano neppure d’ ironia ed umorismo con cui sdrammatizzano le problematiche quotidiane (la burocrazia elefantiaca, spesso assurda, che il governo ultimamente si sta sforzando di snellire, il contrasto fitto e stridente tra tradizioni, antiche memorie ed una modernità fluida che penetra lentamente ma incisivamente). Quello che più mi ha sorpresa sono state le lunghe file che si formano per godere di 15 minuti di gloria assaporando un gelato della gelateria Coppelia (una gelateria enorme, decorata con simpatici murales e numerose aiuole dai fiori sgargianti) che, tra l’ altro, produce e vende anche pasticcini di ogni genere e sorta, torte estremamente fantasiose e panini. Una volta raggiunta la Coppelia ti siedi su uno dei tanti tavoli vicino a sconosciuti e, se notano che sei straniera/o, ci sarà sempre qualcuno o qualcuna pronta/o a chiederti informazioni sul tuo paese, pareri, impressioni sul proprio… A Cuba, fare la fila è qualcosa di normale e si tratta, spesso, di socializzazione. Una propaganda “ideologica” ha descritto ciò come un difetto (le file a Cuba) ma, questa propaganda, trascura anche il fatto che simili file sono estremamente diffuse anche in paesi capitalisti come in Italia (Spagna o Portogallo) e che il cubano le vive in modo nettamente differente.
I ritmi di vita di Cuba sono molto più lenti e rilassati rispetto ai nostri (quindi non hanno lo stesso bisogno e la stessa necessità di correre) e, spesso, i cubani approfittano dei ritagli di tempo per leggere qualche quotidiano o libro, socializzare o sfoggiare la loro ampia cultura in cui gareggiano nella recita della poesia più bella, dell’ aneddoto, informazione o/e notizia più “curiosa” (i cubani sono tutte/i estremamente colte/i, appassionate/i di poesia ed arte in genere). La socializzazione crea questo tipo di situazioni che si ripete alla fermata dell’autobus, davanti a un negozio, un piccolo supermercato o davanti ad una farmacia. Dopo ogni mattinata, terminata la lunga passeggiata, mi ritiro nell’ appartamento assegnatomi dove T., la padrona di casa, terminata la mia seconda doccia gelida, comincia a raccontarmi del suo glorioso ed avventuroso passato.
T. discende da una famiglia di poveri contadini. Era una ragazzina analfabeta e malnutrita quando conosce il Movimento 26 Luglio all’età di soli 14 anni. La ragazzina, povera, disperata e priva di futuro, decide di aderire alla Rivoluzione guidata da Fidel Castro in qualità di staffetta. Durante l’ addestramento, i guerriglieri le insegnano i primi rudimenti di scrittura e lettura. Vinta la rivoluzione, T. continua a studiare e decide di iscriversi all’ Università dove si laurea in chimica. Successivamente troverà lavoro nell’ industria zuccheriera, si sposa e diventa una madre di famiglia colta ed indipendente. Continuerà tutta la sua vita ad ampliare il proprio bagaglio culturale allargando il proprio orizzonte anche nell’ ambito della storia, della letteratura, della sociologia e dell’ antropologia. T. diventa una fedele castrista e sarà sempre devota ad una rivoluzione che ha vissuto come una forma di riscatto da una vita che altrimenti sarebbe stata di stenti, emarginazione sociale ed analfabetismo. Attualmente T. è impegnata nella Federazione delle Donne Democratiche Cubane e si occupa di pari opportunità e tematiche di genere (la questione femminile e quella degli omosessuali e dei transessuali). Incontra quotidianamente intellettuali ed artisti cubani o stranieri (da ogni parte del mondo), partecipa a grandi eventi, viaggia e scrive articoli e libri su politica e questioni sociali. Ogni giorno, nel nostro appartamento, passavano scrittori e poeti con cui si dibatteva ininterrottamente degli argomenti più disparati, mentre io chiedevo suggerimenti e consigli sui luoghi o monumenti più interessanti da visitare.
Il giorno 26 agosto visitai il Parque Central e La Torre, monumenti caratterizzati da grande eleganza, da uno stile coloniale spagnolo molto curato e ben conservato con la modernità dei servizi e delle installazioni. Tutti gli hotel sono circondati da diversi edifici famosi, come il Capitolio, il Teatro García Lorca che si trovano a pochi minuti dalla Cattedrale, dalla Plaza de Armas, dai negozi, dai musei e dagli altri servizi complementari. Il Parque Central è molto frequentato da gente di ogni genere e si trova in un’ottima posizione sul limitare de la “Habana Veja”, cui si accede a via Calle Obisbo. Luogo di ritrovo per cubani e turisti, è circondato da notevoli edifici in stile barocco, art-decò ed art-nouveau. Il tutto è sempre accerchiato da ampie aiuole colme di fiori sgargianti ed esotici ed enormi palme reali. Lungo due isolati, delimitato dal “Paseo de Martì” e dalle calles Agromonte, Neptuno e San Martì si trova il meraviglioso monumento al patriota, scrittore ed intellettuale cubano José Martì (uno dei personaggi più amati in assoluto da tutti i cubani, indistintamente dalla loro età e dalle opinioni politiche), il monumento è stato realizzato nel 1905 in marmo di Carrara. Per le strade dell’ Avana noto che un elemento per cui i cubani nutrono una grande passione è proprio lo sport e la cura del corpo. Tutti i cubani, indipendentemente dal sesso, dall’ età e dalle loro condizioni, dedicano almeno un’ ora della loro giornata a qualche attività sportiva (anche in età avanzata).
Il cittadini cubani, infatti, nella stragrande maggioranza dei casi sono estremamente atletici e slanciati, scattanti ed amanti dell’ abbigliamento sportivo comodo ma di qualità e, spesso, “griffato” (in barba all’ embargo ed al loro stile di vita che dovrebbe essere, per ragioni morali e politiche, piuttosto frugale ma pur sempre dignitoso). Al ritorno, verso le ore 16, T. mi invita alla festa di compleanno di sua figlia. Ci prepariamo è verso le ore 18 saliamo su una comoda auto d’ epoca che ci conduce verso l’ appartamento di sua figlia. L’ appartamento, molto carino, è composto da varie stanze e stanzette provviste da ampie finestre e balconcini. L’ arredamento è piuttosto “vintage” ma funzionale e tenuto in buone condizioni. Il cibo era abbondante, così come le bibite (birre locali di cui le più consumate sono la Cristal e la Bucanero). Il miglior piatto cubano assaggiato consiste in riso condito da pollo, abbondanti carote e ricoperto da uno strato sottile di crema di patate. Era molto buono anche una sorta di tronchetto di mais (a base di farina di mais) e carne di vitello. Le torte cubane sono molto appariscenti e colorate, con ampi e gonfi strati di panna dai colori e dalle decorazioni più disparate e bizzarre. L’ atmosfera era, come sempre, amichevole e famigliare, allietata dalla presenza di numerosi giovani e bambini: Cuba ha un alto tasso di natalità che è direttamente proporzionale all’ ampia e ricca emancipazione femminile raggiunta in ogni ambito della vita sociale e politica. Come di consueto, gli uomini presenti alla festa, erano estremamente galanti: mi offrivano tutto quello che desideravo bere o mangiare, tra baciamano ed inchini. Tornata a casa, dopo la cena luculliana mi godo un pò di TV cubana. Mi sorprende l’alta capacità tecnica raggiunta paragonabile a quella di un paese europeo tra i più progrediti, l’ alto contenuto culturale dei programmi: numerosi i documentari storici e scientifici (molti i documentari di medicina ed educazione alimentare), le biografie dei grandi personaggi storici latino-americani, le programmazioni su libri e letteratura in generale. T. guardava molto CUBAVISION : è stato il primo canale creato a Cuba. Iniziò le sue trasmissioni il 10 dicembre 1950 col nome di CMQ-TV. Nel 1959 venne nazionalizzato e cambiò la sua denominazione in Canal 6.
Assume la sua attuale denominazione nel 1988. Canale generalista, trasmette lungo tutte le 24 ore, CUBAVISIONINTERNACIONAL (Creato il 26 luglio 1986, è la versione internazionale di Cubavisión, destinata alla trasmissione via satellite verso l’estero) e TELEREBELDE (Creato il 22 luglio 1968 come Canale 2, trasmette perlopiù programmi di informazione ed eventi sportivi.). L’uomo con le sue necessità sempre più crescenti è l’oggetto fondamentale della società cubana ed è il fulcro della comunicazione dei mass-media nazionali. La TV cubana basa la propria azione e programmazione sulle investigazioni sociologiche che si sono estese a tutte le sfere della vita della popolazione, con lo scopo di ottenere informazioni che servano da base per l’elaborazione di una politica che desidera rendere tangibili i postulati socialisti, all’interno di un Paese che impiega la propria esistenza nel diffondere valori etici, morali, storici, culturali e pedagogici.
La mancanza di pubblicità nella TV cubana è praticamente assoluta, si intravedono unicamente forme di pubblicità-progresso e varie forme di pubblicità educative (sulla raccolta-differenziata dei rifiuti, consigli su come salvaguardare la propria salute e quella di anziani e bambini, etc.). Sono molto comuni anche le soap-opera ma con caratteristiche molto diverse dalle nostre o da quelle nord-americane: si tratta di soap-opera caratterizzate da estremo realismo, in cui si traspone fedelmente la vita quotidiana di una normale o ordinaria famiglia cubana, senza edulcorare o offuscare le tematiche dell’ isola ed i suoi problemi. Gli attori e le attrici delle soap-opera cubane sono molto gradevoli nell’ aspetto ma senza eccessi (nessuna è una top-model e non esistono donne siliconate): conservano tutte e tutti una certa autenticità e verosimiglianza (alle caratteristiche antropologiche e sociologiche del popolo).
Le donne, le giornaliste, le conduttrici e presentatrici delle tv cubane sono tutte estremamente attraenti, sensuali ed eleganti ma che non saranno mai rappresentate in abiti eccessivamente succinti e la prima cosa che ostentano in tv, più che il bel corpo, è la loro ampia cultura o l’ abile oratoria e dialettica nel gestire interessanti ed impegnativi dibattiti. Sono molto comuni anche i talk-show: ebbene, anche le TV cubane hanno i loro talk-show! Anch’ essi, estremamente diversi dai nostri (oserei affermare molto meglio). I talk-show cubani non sfuggono al loro carico pedagogico ed educativo: si dibatte su tematiche sociali, culturali o letterarie. Le conduttrici dei talk-show, donne attraenti e colte, modulano il dibattito con interruzioni di musica cubana, canzoni e recital di poesie. Il 30 agosto, dopo una lunga chiacchierata con T. sul processo storico della Rivoluzione Cubana decido di visitare il noto Malecon, il lungomare dell’Avana conosciuto anche come avenida Antonio Maceo
Il Malecon è stato costruito nel 1901 dagli statunitensi come un viale pedonale alberato con grandi luminarie. Parto ovviamente dal Vedado e termino il mio cammino presso la Chorrea, il castello che sorge alla foce del Rio Almendares da cui il viale diventa un tunnel che corre sotto il fiume. Da questo momento ha inizio il quartiere Miramar e la strada prende il nome di Avenida 5: sul Malecon sporgono palazzine neo-coloniali dai colori pastello scolorite dal sole (celeste, giallo-canarino, verde-chiaro o arancioni sbiaditi), dalla salsedine e dalle intemperie oltre a palazzi del XX secolo, spesso a due o tre piani con colonnato e porticato superiore in cui si possono notare stili dissimili. Il Malecon è sempre gremito di gente di ogni genere e sorta, discoteche e locali all’ aperto, bancarelle d’ artigianato artistico, artisti di strada, pescatori appostati sulle scogliere, coppiette e giovani sposini. Le botteghe che costeggiano il lungomare hanno le caratteristiche tende variopinte che rendono ombrose le strade, sono fresche ed accoglienti all’ interno e molto comode per gli avventori. Il Malecon è l’ anima più autentica dell’ Avana: testimonia lo stato di transizione in cui si trova l’ isola, uno stato di transizione che avverto come “eterno” (derivante anche dal miscuglio razziale e culturale che caratterizza l’isola). Del resto, l’ Avana, dopo poche ore che si è veduta, non può definirsi in altro modo se non che “la città degli odori e dei rumori”.
L’ entrata nella baia, il più bel porto del mondo, è bella e sorprendente: da cui si scorge un’ alta montagnola rocciosa ove i famosi porti di El Morro e Cabanas sono gremiti di cannoni. La città, distesa tra la baia e l’ alto mare, ha qualcosa di allegro con il suo sole splendido e cocente, con le sue case dipinte, verdi, rosse, gialle e azzurre, e la sua quantità di chiese e campanili di stile e gusto variforme. Vi sono seimila veicoli a nolo che percorrono queste strade, come i nativi si affrettano ad informarti con grandissima gioia. Il cubano, in fondo, a dispetto di tutto e tutti è un’ inguaribile ottimista. Osa dire e pensare che domani andrà sempre meglio, di conseguenza, a dispetto degli innumerevoli sacrifici a cui il popolo è stato per secoli e decenni sottoposto, si può sempre descrivere qualcosa di bello, un piccolo o grande successo popolare o culturale, un’ innovazione o una particolarità di cui andare fieri (ultimamente l’ ecologia, lo sviluppo-sostenibile, i continui successi artistici, etc.). Perciò è estremamente semplice allacciare rapporti d’ amicizia con il popolo cubano, semplice fare nuove conoscenza e trovare, per l’ intera durata della permanenza nell’ isola, amici fedeli e leali che ti guideranno, consiglieranno e sosterranno per tutto il soggiorno. Proprio al Vedado, casualmente, incontrai due giovani studenti di medicina afro-cubani: un ragazzo ed una ragazza. Due giovani estremamente vivaci, curiosi e disponibili. Strinsi una particolare amicizia con la ragazza, una giovane madre afro-cubana con il sogno di diventare chirurgo. Abita in uno splendido villino color pastello, proprio tra il quartiere Vedado ed il Malecon.
La ragazza, nonostante avesse l’impegno degli studi universitari e di una meravigliosa bambina dell’ età di 5 anni, era sempre disponibile ad accompagnarmi ovunque desiderassi e fornirmi preziosi consigli, nonché offrirmi nella sua dimora, cibo locale in gran quantità. All’ Avana, ogni straniero viene accolto con un rituale di infinita nobiltà. Gli offrono cibo e buone parole, sanno ascoltarlo, compiangerlo, comprenderlo. Frutto d’ incrocio fra stirpi diverse, i cubani sono incapaci di intolleranze razziali e religiose. Ogni sera, al vespro, le donne cubane più anziane sgranano il rosario sulla porta di casa, invocando, con la più assoluta innocenza, il nome di Gesù Cristo e, insieme, quella di qualche antica divinità afro-cubana. Ci si può perdere nei bassifondi dell’ Avana vecchia, ci si può trovare ebri nell’ antro più sconcertante della periferia oppure solitarie e sconosciute in qualche contrada di campagna: nessuno farà mai del male allo straniero ed, in particolar modo, alla donna straniera. “Cica, no te preocùpe”: sarà l’ immancabile parola di conforto. “No te preocùpe” è la norma che vale in ogni circostanza. L’ autobus non parte, smarrisci il portafogli, non hai denaro per un taxi, non hai spiccioletti per i mezzi pubblici, nessuno si presenta all’ appuntamento fissato in un ministero…? A tutto c’è un rimedio. Da questa incantevole pigrizia, relitto superstite d’ una civiltà ormai travolta nel vortice dell’efficienza che domina il mondo, si apprezza la sensualità materna ed avvolgente con cui accoglie il mondo che viene a farle visita.
Durante il mio soggiorno, l’ appartamento di T., era diventato il via vai degli intellettuali e politicanti della città. Ogni giorno trovavo ospiti diversi nell’ appartamento: direttori di musei, professori, poeti, attivisti politici, attiviste femministe, artisti di ogni genere e sorta. Tutte e tutti la sera sprofondavano sulle altalenanti sedie a dondolo o sulla poltrona, si era sempre circondati da foto d’ epoca, quadri o libri e riviste che qualcuno portava. Tutte e tutti parlano con calma, convinzioni salde e dolcezza (non ho mai conosciuto un cubano nevrotico. Credo che le nevrosi siano il frutto della nostra civiltà malata), con la dolcezza dei creatori di fiabe. Per circa 14 giorni, ogni tardo pomeriggio, tornata dalle mie lunghe passeggiate per la città, assistevo a lunghi dibattiti intrattenuta dai migliori intellettuali dell’ Avana. Poi giungeva, improvvisamente, la notte. Le notti cubane, ovviamente, sono caratterizzate dalle musiche caraibiche, i cubani ballano sempre, in ogni occasione. La notte libera i complessi della sensualità e dell’ erotismo: le discoteche all’ aperto ed i locali si popolano di giovani, giovani cubani ma anche centinaia di giovani turisti europei e nord-americani, che familiarizzano tra loro, danzano e si blandiscono sorseggiando rum, Cuba Libre, Daiquiri, Mojito, birra Bucanero o Cristal.
Qualcuno potrebbe sorprendersi nel notare come, nell’ isola, il più intransigente “puritanesimo” rivoluzionario convive con la sensualità più sfrenata. I due aspetti, non si escludono reciprocamente. Rigorista e severa deve essere la condotta dei vari leader di partito e dei vari funzionari pubblici poiché vengono additati come “esempi” o modelli per il popolo, oltre che “simboli” (a causa dei loro ruoli istituzionali) della rivoluzione per altre nazioni latino-americane e per il mondo. Mentre, il popolo minuto non è tenuto ad osservare simile intransigenza e può facilmente trasgredire (senza, però, superare i limiti della decenza ed “inficiare” le altrui libertà). Io non so fino a che punto le mordaci cure in direzione del rafforzamento (e della conservazione) dello “spirito-rivoluzionario” (obbligo d’ istruzione per tutte e tutti, televisione piena di documentari e programmi educativi e culturali, forme di pubblicità-progresso ovunque, etc.) possano essere soffocate dalle chiassose gozzoviglie.
So soltanto che, presto, feci amicizia anche con un colto e raffinato intellettuale afro-cubano (scrittore, artista e pubblicitario). L’ uomo che aveva circa 42 anni (ma che ne dimostrava decisamente di meno, come minimo 15 in meno), trascorreva la sua vita tra università (era alla V° laurea), concerti da lui presieduti e eventi culturali da lui organizzati. In realtà, sono molti i cubani che scelgono di condurre una simile vita, sia perché per studiare il governo offre un sussidio mensile (a cui il governo ultimamente sta ponendo dei freni per via di abusi frequenti causati da persone che collezionano lauree di ogni genere), sia perché, spesso, i concerti e gli eventi “arrotondano” il sussidio percepito (perciò molte famiglie riescono a vivere così). Una vita da sogno per molti “occidentali” (come si potrebbe notare, gli occidentali non sono tanto più fortunati dei cubani), eppure lui si lamentava! Lamentava i rigidi criteri ed una sorta di “clientelismo” (più che clientelismo si tratta di “favoritismi”) con cui il Partito e li Istituzioni Cubane favorivano un certo tipo di artisti, piuttosto che altri. È un problema! Ma, credo, sia un problema scottante anche per molte nazioni Europee (non mi risulta che l’ Italia sia molto diversa, al contrario, sporadiche personalità italiane possono condurre questo genere di vita che a Cuba, invece, si tratta di pura normalità) e, probabilmente, anche dei tanto “democratici” e “libertari” U.S.A.
L’ artista si chiama Vladimir, ci siamo conosciuti nei pressi di Casa Balear (un Centro Culturale spagnolo) del Vedado in cui si organizza concerti, corsi di ballo ed opere teatrali. Ogni pomeriggio (quasi) ci davamo l’ appuntamento a Casa Balear, dove tra una confusione e l’ altra, causata dalla folla di turisti-spagnoli ed artisti-cubani si sorseggiava un mojito pagato in moneta nazionale e si tentava di parlare (sfuggendo alla musica assordante). Fu proprio lui, il mio penultimo giorno di permanenza, ad accompagnarmi sia al Capitolio
El Morro è una fortezza conosciuta come EL CASTILLO DEL LOS TRES REYES DEL MORRO. Ha una struttura di poligono irregolare che si adatta rigorosamente alla forma della rupe dove sorge, che ha favorito il suo carattere difensivo. Sentinelle fanno guardia dai bastioni e vigilano sul gran fossato pieno zeppo di cannoni d’ epoca. Ero ansiosa di visitare, prima di partire, la casa in cui abitò il Che situata verso alla Cabana, non molto lontana dal Morro. Ricordo soltanto che è un posto meraviglioso ma composto da ampi prati in cui le abitazioni dei civili si fanno sempre più rade e molto distanti l’ una dall’ altra. Camminammo per circa due ore, sotto il sole rovente su una vegetazione rigogliosa ma impervia, per raggiungere la casa del Che. Un villino meraviglioso (ma estremamente isolato) su un’ altura da cui si percepisce tutto il panorama della città a partire dall’ ampio porto. Il villino in architettura neo-coloniale, estremamente grazioso e tenuto in ottime condizioni , contiene molte reliquie dell’ eroico guerrigliero: mobili, oggetti da lui usati, vestiti, foto, libri, lettere, etc. Qualcuno, leggendo queste memorie, potrà percepire la profonda emozione che provai nel visitare e toccare con mano uno dei luoghi che furono più cari al guerrigliero-eroico. Io mi sorpresi soltanto di una cosa: non immaginavo che il Che fosse vissuto in un luogo così incantevole ed avvincente (uno spettacolo naturale unico al mondo). Un’ abitazione relativamente piccola per un ministro (ma che persino per un romano benestante di oggi risulterebbe enorme) ma luminosa e fornita di tutto ciò che un uomo o famiglia possa desiderare o esigere.
Mi sorprende ancor di più pensare come abbia fatto a rinunciare ad un simile incanto ed a simili comodità per seguire e restare fedele al la sua “febbre-rivoluzionaria” e riaccendere i suoi “fochi” nel mondo. Senza ombra di dubbio era pervaso da una sorta di “fede-incrollabile” nei suoi principi e valori che lo hanno portato a compiere innumerabili sacrifici e rinunce: i posti e le comodità da ministro, gli onori, la gloria, la splendida abitazione, la famiglia numerosa, etc. Probabilmente, molti nell’ isola, opposero qualche resistenza ai suoi utopistici progetti di riforma che non provenivano dalle classi abbienti, schiacciate dalla rivoluzione, ma dagli stessi operai cubani. Il suo libro “Pasajes de la guerra revolucionaria”, è un documento fresco, avvincente delle giornate di lotta, quando il mitra faceva da protagonista. Ma poi? Numerosi cubani anziani sopravvissuti lo ricordano ancora, pistola al fianco, barba incolta, presiedere la Banca Nazionale. Andava in giro a firmare assegni a chiunque gli chiedesse finanziamenti “progressisti”. Firmava assegni e non teneva conto delle cifre versate. Come poteva un personaggio simile resistere alla normalità dell’ amministrazione quotidiana?

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