Magazine Italiani nel Mondo
E' finito. Non devo piú rifare lo zaino, né scoprire da dove partono i minibus per qualche destinazione, né dov'é il mercato. Non devo trovare una stanza d'albergo, non devo piú cercare una lavanderia a chilo, né cercare un posto economico dove mangiare. Non ci saranno piú mappe da consultare, viaggiatori da interrogare, serate sociali con perfetti sconosciuti. Non ci sará piu' il troppo caldo o il troppo freddo, notti insonni nei bus, il vicino di letto che russa, il tassista che ti fa la cresta, la coppia francese che va in panico perché ha paura anche dell'aria che respira. Niente piú ghiacciai da scalare, vulcani da conquistare, spiagge per dormire, animali da andare a scovare. Niente piú percussioni che suonano per strada, venditori che salgono sui bus, amigos che ti propongono di tutto. Basta crema solare, cappellino, scarpe da montagna. Finito quel senso di estraneitá nell'arrivare in un posto sconosciuto e anche quello di familiaritá dopo qualche ora che cammini per delle strade ormai tue. Niente succhi di frutta fresca bevuti nei baracchini agli angoli di una piazza, né pollo e riso, né fagioli, né zuppe calde con zampe di gallina che escono dal piatto. Nono ci saranno piú piatti sconosciuti (quasi sempre nomi diversi dati alla trippa) che si masticano con i denti che non hanno il coraggio di toccarsi. Non ci saranno piú isreliani rumorosi, coscienziosi tedeschi che sottolineano la guida come fosse un libro di testo, americani che non riescono neanche a dire gracias, francesi che devono intellettualizzare anche la carta igienica. Niente piú post sul blog, ricerche su internet per trovare un posto da dormire o per comprare un biglietto aereo.
Questa è l'Italia, il posto che chiamo casa. Come sempre, ogni volta che torno la trovo piu' triste, piu' ripiegata su se stessa, un po' incarognita, ma per il resto uguale a se stessa. L'ultimo scandalo sessuale sembra scorrere sulla pagine dei telegiornali come una lacrima nella pioggia che cade senza interruzione da quando ho messo piede a terra all'aeroporto di Venezia. Quella stessa pioggia che non è caduta quasi mai in circa sette mesi di vagabondaggio.
Mentre una nuova giornalista del TG1 spiega che è meglio essere puttanieri che gay, ripenso ad una poesia di Kavafis:
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
- devi augurarti che la strada sia lunga,
- fertile in avventure e in esperienze.
- I Lestrigoni e i Ciclopi
- o la furia di Nettuno non temere,
- non sara` questo il genere di incontri
- se il pensiero resta alto e un sentimento
- fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
- In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
- ne’ nell’irato Nettuno incapperai
- se non li porti dentro
- se l’anima non te li mette contro.
- Devi augurarti che la strada sia lunga.
- Che i mattini d’estate siano tanti
- quando nei porti - finalmente e con che gioia -
- toccherai terra tu per la prima volta:
- negli empori fenici indugia e acquista
- madreperle coralli ebano e ambre
- tutta merce fina, anche profumi
- penetranti d’ogni sorta; piu’ profumi inebrianti che puoi,
- va in molte citta` egizie
- impara una quantità di cose dai dotti.
- Sempre devi avere in mente Itaca -
- raggiungerla sia il pensiero costante.
- Soprattutto, non affrettare il viaggio;
- fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
- metta piede sull’isola, tu, ricco
- dei tesori accumulati per strada
- senza aspettarti ricchezze da Itaca.
- Itaca ti ha dato il bel viaggio,
- senza di lei mai ti saresti messo
- sulla strada: che cos’altro ti aspetti?
- E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
- Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
- gia` tu avrai capito cio` che Itaca vuole significare.
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