In Italia vengono diagnosticati 250.000 nuovi casi di tumore ogni anno. In questi pazienti, le abilità di reazione e di adattamento con cui si affronta il cancro dipendono da numerosi fattori: medici, psicologici, sociali e spirituali. Fattori che costituiscono le dimensioni sulle quali si fonda la qualità di vita di ciascuno. La conoscenza di questi fattori dovrebbe essere tenuta sempre in considerazione nella relazione con il paziente, al fine di cogliere i possibili indicatori predittivi di sofferenza e disadattamento. Negli ultimi anni, in Italia, il processo di umanizzazione delle cure ha portato gli operatori sanitari ad integrare i bisogni psicologici e sociali dei pazienti e dei loro familiari, alla terapia medica. Spiritualità, quindi, come fonte di supporto e di facilitazione nei confronti dell’adattamento agli eventi della vita, incluse le malattie ad alta disabilità ed il cancro in particolare. La spiritualità individuale, che è un fenomeno umano universale, osservato in tutte le culture, usualmente ma non necessariamente associato a credenze religiose, si è dimostrata infatti uno dei principali elementi che consentono di affrontare e gestire con fiducia e dignità la malattia e la sofferenza. La sfera spirituale resta però ancora sottovalutata ed è ipotizzabile che, ad oggi, sia collocabile in un’ampia area di bisogni non riconosciuti e non corrisposti in oncologia. Le terapie di supporto, infatti, dovrebbero iniziare durante la fase attiva del trattamento e gli oncologi dovrebbero essere esperti nella gestione dei sintomi, riuscendo a fornire le terapie di supporto come parte integrante dei servizi per i pazienti. Basti pensare che il 55% di un campione di 220 pazienti a cui è stato diagnosticato il cancro, risulta positivo a uno screening per l’ansia e il 45% a quello per la depressione, confermando la necessità di integrare nella cura del malato oncologico una maggiore attenzione al disagio psicologico e al benessere spirituale. Questi dati derivano da uno studio realizzato dall’Associazione di volontariato AISCUP-Onlus e condotto, con il patrocinio dell’IDI-IRCCS di Roma e dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma, da me e dal Dr. Alessandro Scoppola (Dirigente Medico di Struttura Complessa IDI), nato proprio con l’obiettivo di misurare l’influenza delle convinzioni spirituali e religiose sulla qualità della vita e sul disagio psicologico nei pazienti oncologici. Per dare una risposta concreta ai bisogni dei pazienti è stato istituito presso l’ospedale IDI-IRCCS di Roma un gruppo di ascolto e di auto-aiuto, condotto da psicologi, in cui ognuno possa raccontare la propria storia, sia personale che di malattia in un clima di condivisione e reciproco supporto.
* II Facoltà di Medicina e Chirurgia “Sapienza” Università di Roma
da:http://iltempo.ilsole24ore.com
Commento del Dott. Zambello
E’ suggestiva l’ipotesi che mi sembra venga sottesa nell’articolo: il cancro é l’espressione biologica di una parte dello “spirito” che rimane indifferenziato, che non si esprime, che degenera. La cura sta, oltre a quella biologica, nell’aiutare il paziente a trovare se stesso, la sua parte ”spirituale” che non si é ancora espressa. Penso al Sé junghiano, quello che secondo Jung va cercato nella seconda metà della vita, in quel processo che lui definiva “individuazione”. Precisava Jung, il processo di individuazione non avviene in vista di una guarigione, ma in vista del raggiungimento della propria autenticità, ciò che ciascuno”in fondo” propriamente è.