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Il viaggio per pordenonelegge parte da lontano, comincia da un uovo e da una manciata di domande.

Creato il 29 settembre 2013 da Imago
Il viaggio per pordenonelegge parte da lontano, comincia da un uovo e da una manciata di domande.Sull’ultimo numero de L’Espresso è apparsa la consueta bustina di Minerva di Umberto Eco, dedicata questa volta ai festival letterari e al loro successo crescente. Eco s’interroga sul motivo che porta “folle da stadio” (ipse dixit) a partecipare a lunghe maratone di parole, in cui scrittori, giornalisti, filosofi e registi si interrogano e ci interrogano sul significato di una storia, di un personaggio o di un semplice aggettivo. Una delle possibili risposte che Eco ci propone è l’inadeguatezza della socializzazione virtuale. La necessità della folla di cinguettanti e facebookanti unità a interfaccia umana di interagire dal vivo. Sarà vero? Come avrebbe fatto uno scienziato, sono partito dall’osservazione sul campo e nella notte di venerdì ho lasciato Roma e attraverso un frastagliatissimo network di treni, aerei e auto, sono arrivato a Pordenone per la quattordicesima edizione di pordenonelegge, festa del libro con gli autori Mentre viaggiavo pensavo: ma cosa distinguerà queste folle da quelle che si precipitano allo stadio, ai provini di un reality o a sentire un concerto di LadyGaga? Tutto, forse niente. Sono sempre persone, sono sempre desiderose di esserci ed essere. E io perché stavo andando a Pordenone? Per scoprire qualche nuovo autore da leggere? Per rimanere deluso da uno che già leggevo o per tentare di scoprire che faccia avessero gli editor che decidevano ciò che avrei dovuto leggere da qui al 2017? Per riuscire a farmi autografare il maggior numero di libri dai rispettivi autori? Per mettermi in fila con gli altri e sentire di aver preso parte a qualcosa d’importante?
Il viaggio per pordenonelegge parte da lontano, comincia da un uovo e da una manciata di domande.Tutte domande corrette. Risposte però di notte me ne sono arrivate ben poche e spesso non erano quelle che avrei voluto sentire e così ho aspettato il sabato. Sono uscito alle 8:30 dal mio albergo fuori dal centro di Pordenone e mi sono incamminato verso piazza San Marco, C.so Vittorio Emanuele II, Piazza della Motta e gli altri luoghi del centro storico di Pordenone infiocchettati di giallo canarino (il colore scelto dalla manifestazione) e mi sono messo ad aspettare.
La rivelazione ha bisogno di tempo. Guardavo le vetrine ricolme di poster neri con un uovo fritto al centro (lo slogan della XIV edizione era: meglio un uovo anche domani), cercando di covare tutto lo stupore di cui disponevo per accogliere la verità. Intanto iniziavo a fare file, dapprima piccole e scomposte, poi sempre più regimentate e lunghe, man mano che le ore si susseguivano e gli autori ospitati diventavano più conosciuti: Nassif, Durastanti, Ravera, Tamaro, Amis, Saviano. Per l’ultimo la fila era divenuta chilometrica già prima che finisse l’incontro precedente, costringendo i volontari del festival a tentare di dissuadere le persone in fila: “ Guardi che non ce la si fa. Rischia di aspettare tre ore e rimanere fuori. Io fossi in lei andrei a farmi un aperitivo.” Quest’ultimo consiglio in molti lo avevano già seguito, ma il loro spritz se lo bevevano in fila, con tanto di calice di vetro e parlavano, parlavano davvero, con la bocca intendo e con le mani, senza mettere mano allo smart-phone. Amicizie nuove e dimenticate si mescolavano, mentre la fila cresceva e i volontari si addossavano alle pareti cercando di capire come potevano farsi portare un bicchiere di qualcosa, di qualsiasi cosa.
Il viaggio per pordenonelegge parte da lontano, comincia da un uovo e da una manciata di domande.Io guardavo la scena dall'esterno della fila, per esaminare non si deve vivere insieme agli altri e per un attimo ho pensato: “Eureka, ma allora Eco aveva ragione!” Forse fra un po’ gli smart-phone avranno una crisi di vendite e le persone inizieranno a parlarsi come nelle file di pordenonelegge, solo di libri e di storie, loro o altrui, inventate o reali, poco importa, perché per raccontarle dovranno prima ascoltare, senza poter passare a un’altra pagina mentre il proprio interlocutore parla, sebbene mi sembra di aver visto qualcuno che tentasse di cambiare argomento con un veloce gesto della mano, come sul suo i-phone. A questo, per ora, non siamo arrivati, ma non facciamo avere un’idea alla Apple, non si sa mai.

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