L’acqua è un luogo. Immobile, stagnante, sicuramente decadente, nel quale immergere i corpi, le carni bianche e sofferenti di figure umane condannate alla pericolosa inutilità. L’assoluta mancanza di movimento, la finzione dell’attesa, la debolezza ostentata come arma, sono la perenne circostanza nella quale l’acqua (o la sua manifesta mancanza ) impone il suo ruolo : isolare totalmente. Ricoprire il vilipendio del vuoto, o , al contrario, lasciare il dominio a quest’ultimo, offrendo alla lenta decomposizione i luoghi che quella stessa acqua dovevano contenere. Un concetto faticoso, una grigia similitudine allo strangolamento che la solitudine impone a chi non sa di essere vittima e contemporaneamente carnefice di se stesso. Nessuna via di fuga, quindi, nessuna limpidezza. Neppure nell’anima.
Sergio Padovani
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