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Il vino e il tempo

Da Trentinowine

trentino bianco uno

Scrivo di un vino che non c’è. O meglio di un’annata che, dopo 12 anni, credo sia ormai fuori commercio; perché, invece, quel vino – Trentino Doc Bianco -, è ancora in produzione sebbene siano cambiate decisamente l’etichetta e, in parte, anche la composizione varietale, e sia ancora uno dei prodotti di punta della cantina, posizionato su una fascia di prezzo attorno ai dieci euro.

Quella che avevo in mano ieri sera, ripescata dal fondo della cantina, era la prima bottiglia (primo anno di produzione) del Trentino Bianco Vigna Learmele della Mori Colli Zugna. La vendemmia quella del 2003. Credo, ma non ne sono sicuro, uno dei primi lavori sulla qualità portati avanti dalla Colli Zugna sul monte Baldo – oggi Parco Naturale – dall’enologo di allora della cantina – oggi direttore generale -, Luciano Tranquillini.

Etichetta colorata e floreale, come ora non si usa più e riferimento territoriale preciso e minuzioso: Pendici del Baldo – Vigna Learmele, la zona collinare che sovrasta Mori, a circa 500 metri di altitudine, sopra l’abitato di Besagno. Una cuvée di Chardonnay e Sauvignon, ben passata nel legno.

Il vino si è conservato strabene ed è ancora un ottimo bicchiere, piacevole da bere. Ne scrivo perché, mentre facevamo fuori la bottiglia, ieri sera insieme all’amico Giuseppe, riflettevamo sul fatto che ci si è abituati a pensare ai bianchi come a vini da pronta beva, da consumare al massimo entro un paio d’anni dalla vendemmia. Certo, lo so che non è sempre così, che ci sono in Italia e nel mondo un sacco di eccellenti vini bianchi che si lasciano bere anche dopo un lungo invecchiamento. In Trentino, però, non capita quasi mai di sentirti proporre un bianco decennale. Ci siamo abituati a fare, a costruire e a bere vini pronti subito per il grande mercato, già in bottiglia a gennaio e già pronti per le due grandi manifestazioni di marzo (ProWein e Vinitaly). Non solo in Trentino eh. Attorno all’epifania di quest’anno, eravamo quindi ad inizio gennaio, un distributore mi raccontava del Gewürztraminer 2014 già imbottigliato di una prestigiosa cantina altoatesina. Quindi, il discorso vale per tutti, anche per quelli che ogni tanto consideriamo i nostri maestri.

Epperò, la bottiglia di ieri sera è la prova che anche fra le colline della valle dell’Adige si possono fare vini bianchi destinati alla storia e non solo al mercato sbrigativo e distratto della pronta beva.

Cuvée dichiarata in retro etichetta di Chardonnay e Sauvignon dal colore solare intenso e vivido senza cedimenti a imbruniture, il naso presenta una paletta sensitiva ricca di profumi che si muovono fra la frutta secca, la confettura di fichi, il miele di castagno e il fieno riposato. In bocca è ampio e caldo ed esprime la trama di una struttura solida, fortificata dal legno che arrotonda senza spegnere la punte aromatiche e un senso di piacevole freschezza collinare. La confettura di fichi e le sensazioni mielose tornano a farsi vive e si rigenerano ad ogni sorso. Un vino e un’annata, per le quali alla fine non ti resta che dire: aspettare ne è valsa la pena. Poi non so se questa possa essere la strada maestra per il vino trentino di collina e di montagna. Non so siano pronti i mercati e siano pronti i produttori. Dopo questa bottiglia, però, so che certe cose (buone) le possiamo fare anche in Trentino. E che se non le facciamo è perché abbiamo scelto, si è scelto, di fare altro.

trentino bianco due


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