Leggo sul dorso trentino del Corsera di qualche giorno fa, una lunga intemerata contro quelle bottiglie che riportano in etichetta le truci effigi di Hitler e del Duce. Mi dico: oddio ci risiamo. Ecco la sfilata dei buoni sentimenti. Di etichette trucide ne abbiamo viste di ogni. E di cazzate scritte sopra le etichette, e non solo sopra le etichette, ne abbiamo lette altrettante. E allora? Sono queste le mostruosità del vino? Sono i faccioni di Stalin o di Benito, a spaventarci? Ne vale la pena? Mi lascia perplesso questo sentimentalismo etico. Lo stesso a cui ci è toccato di assistere recentemente a proposito delle discutibilissime esternazioni di quel grande produttore friulano che risponde al nome di Fulvio Bressan. E di cui io comunque continuo a bere il vino, sebbene mi senta lontanissimo dalle sue opinioni.
E ora, eccoli qui, anche in Trentino, gli eticisti del vino. Le penne facili allo scandalo. Per cosa? Per un’etichetta imbecille? Sono altre, mi permetto di suggerire alle animi belle, le enormità del vino Trentino. Sono le vicende che scuotono la viticoltura a nord di Trento, sono le stanze blindate dei palazzi proibiti ai più, sono i silenzi ostinati di molti. Sono i marchi commerciali che non funzionano e che non hanno mai funzionato. E’ la resa incondizionata delle varietà autoctone all’egemonia commerciale delle varietà internazionali. Sono altre, cari amici, le enormità. Non le etichette più o meno eccentriche che girano su certi scaffali (e anche nella mia cantina, dove conservo gelosamente una bottiglia di Rosso Che Guevara con l’effige del compianto compagno argentino: e non me ne vergogno). E poi il vino non è un’esperienza apollinea, in senso nietzschiano; il vino, al contrario, è un delirio dionisiaco e una danza orgiastica. É un contenuto originariamente eversivo ed eversore. E’ un rutto rivoluzionario. Non è un pranzo di gala.
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« La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è un’opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un’insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un’altra »
[M. Tse-tung, Libretto rosso]