di Pietro Valdiserra* – La cronaca, innanzitutto. In occasione della XXVII edizione della “Rassegna Vini Müller Thurgau”, recentemente tenutasi a Cembra (TN), è stata nuovamente esposta al pubblico la celebre situla cembrana, il prezioso contenitore in bronzo del IV secolo a.C. considerato ormai un’icona dell’antica cultura trentina del vino. Rinvenuta in Val di Cembra nel 1825, la situla è oggi conservata al Castello del Buonconsiglio di Trento, il quale ha concesso di esporla nuovamente nella città del suo ritrovamento in concomitanza con la Rassegna 2014.
Bene, direte voi, e che cosa c’entra tutto questo con la vita e con la morte? C’entra, c’entra: vediamo perché.
Come si fa a lasciar morire un grande reperto archeologico del passato? Semplice: lo si lascia languire in un museo polveroso. Sotto una fredda teca in vetro, con la didascalia di una targhetta incomprensibile, con il commento accessorio – su una scheda, su un dépliant, su un catalogo – vergato nel gergo iniziatico degli specialisti degli scavi. L’oggetto, lentamente ma inesorabilmente, scivola nell’oblio, fra l’indifferenza generale. Acquista la rigidità della morte, essendo inserito in un contesto, quello museale, che se non è morto è certamente moribondo. Basta vedere le cifre di affluenza visitatori nei musei, che a parte poche ragguardevoli eccezioni sono drammaticamente in calo.
Come si fa invece a farlo vivere? Semplice: lo si inserisce nella “narrazione” dell’oggi e del domani. Prendiamo ad esempio la situla trentina: riportata, pur se per pochi giorni, nel bellissimo Palazzo Maffei di Cembra, ha immediatamente suscitato un rinnovato interesse. Al di là di questa esposizione occasionale, le sue potenzialità “narrative” sono comunque infinite. Può testimoniare l’importanza della cultura del vino nelle civiltà italiche antiche; può ricordare la reputazione che i vini retici avevano già consolidato ai tempi di Roma (lo storico Svetonio rammenta che ne era grande estimatore lo stesso imperatore Augusto); può richiamare l’importanza che i vini della zona acquistarono nel vettovagliamento delle legioni imperiali (come ha di recente documentato il Professor Attilio Scienza). E via di questo passo.
Molta teoria e poca pratica, si dirà. Benissimo, allora prendiamo la situla e facciamone delle copie, come materiali promozionali, gadget, coppe per premiazioni ecc. Usiamone l’immagine sui dépliant, sui volantini, sugli stampati turistici, sui diplomi e sugli attestati, sui siti web, sui blog. Dedichiamo il suo nome a eventi, concorsi, manifestazioni pubbliche, workshop, attività istituzionali legate al mondo del vino. L’unico limite è la nostra fantasia.
La morale è quindi presto detta. Per far rivivere un lascito del passato, documento o oggetto che sia, bisogna farlo uscire dai sepolcri della memoria e immetterlo nell’attualità dell’oggi. Farlo raccontare di sé, in maniera accattivante. E per far questo deve diventare “ingrediente” di una storia interessante. Nella fattispecie, chi dunque voglia rianimare la situla cembrana deve studiarla a fondo, conoscerne ogni minimo dettaglio e poi “trapiantarla” nello storytelling contemporaneo: poco importa che sia un convegno, una presentazione aziendale, un’iniziativa turistica o istituzionale, un secchiello per vini di forma storica, un semplice souvenir da portarsi a casa dal Trentino.
Dopo 25 secoli di storia, auguriamo dunque una vita di racconti ancor più lunga e gloriosa alla situla di Cembra!
* Giornalista enogastronomico