Sigmund Freud e Dio. Un incontro-scontro che è al centro de Il visitatore, pièce scritta da Èric-Emmanuel Schmitt e rappresentata per la prima volta nel 1993. Uno spettacolo che ritroviamo sul palco del Teatro della Pergola di Firenze con due interpreti d'eccezione, Alessandro Haber e Alessio Boni, e la regia di Valerio Binasco.
Una notte tragica, lunga, in cui c'è da aspettare qualcosa. 1938: l'Austria è stata annessa al Terzo Reich, le truppe naziste sfilano cantando sotto le finestre della residenza di Sigmund Freud che, ormai vecchio e malato, cerca di resistere, per puro senso di giustizia, alla tentazione di andarsene legalmente da Vienna mettendo in salvo se stesso e i suoi familiari. Durante l'ennesima perquisizione della Gestapo, però, la sua adorata figlia Anna viene arrestata da un giovane caporale senza scrupoli, lasciando Freud solo nella sua casa, in preda ad una profonda preoccupazione. Nel corso di una tormentata notte, Dio fa visita al vecchio professore. Ma il Divino Creatore non ha affatto l'aria di un essere soprannaturale, ma l'aspetto di un giovane senzatetto all'apparenza mentalmente disturbato.
I due personaggi iniziano così a fronteggiarsi, cominciando un dialogo che passa in rassegna i grandi interrogativi dell'umanità con una buona dose di sano umorismo, nonostante i canti dei nazisti giungano fino a loro, riempiendo l'aria notturna. Freud, alla continua ricerca di prove della sua reale esistenza, ha molte domande per quel Dio dall'aria trasandata. Dal canto suo, Dio è incuriosito dalla mente del professore, dal suo acume e dalla sua esperienza. L'aspetto malfermo e spigoloso del vecchio Freud fa da contrappunto alla natura fluida ed esuberante di un Dio giovanile nell'aspetto e nevrotico nei modi.
Gli spettatori assistono così alla creazione di un nuovo dualismo - artificio narrativo/realtà - che si affianca a quello tra fede religiosa e sapere scientifico, al centro dell'opera.
Alessandro Haber è un Freud perfetto nelle sue inquietudini, in grado di dare sostanza ad un uomo che ha dedicato la sua vita al pensiero razionale e che in una notte vede mettere in discussione ogni convinzione, ogni certezza. "Sono un attore che ama la verità: non mi piace recitare, piuttosto cerco di vivere appieno il ruolo che mi è stato affidato. Non mi risparmio mai: arrivo fino in fondo allo spettacolo che ho cambiato voce, passo, identità. Essere questo Freud descritto da Schmitt mi travolge e sconquassa: ogni sera non vedo l'ora di arrivare alla fine della rappresentazione perché sento che l'interpretazione necessita di una concentrazione estrema".
Alessio Boni è l'abile interprete di un essere divino guizzante e quanto mai vivo, una figura mai statica ed immobile come la sua natura ultraterrena vorrebbe. "Il mio personaggio ha preso il corpo di un uomo, si è casualmente vestito così e va a parlare con Freud. Questa antitesi, rappresentata in scena da me e da Alessandro, è il presupposto perché si affronti il tema del bene e del male, del coraggio e dell'etica, perché si parli, più in generale, dell'essere umano. Quando la Gestapo porta via Anna avviene una specie di ribaltamento: uno dei più grandi intellettuali del mondo, il padre della psicanalisi e che ha scritto interi tomi affermando che Dio non esiste, crolla e si confronta con questa figura che viene a trovarlo. Chi sarà realmente il mio personaggio? Una proiezione della mente di Freud oppure il vero Dio che scende sulla Terra e vuole dialogare con il massimo dei non credenti... non si sa, ma non è importante. L'importante è ciò che accade in scena, cioè la disputa tra due uomini pensanti".
Intenso, mozzafiato, profondo, commovente, capace di ammutolire il pubblico per tutta la sua durata (circa centodieci minuti), questo spettacolo è uno straordinario connubio di un testo di rara potenza e della bravura straordinaria di due attori.