I voli pieni di Cagliaritani si riconoscono subito, specialmente nei viaggi di ritorno: l’imbarco é una piccola festa, tutti a condividere l’attesa in piedi, mangiando le provviste fatte a casa per il lungo viaggio, chenonsisamai, e ad abbracciarsi come al ritorno dalla guerra, dopo un solo fine settimana; e tutti a dirsi che dove sono stati era bellissimo ma poi alla fine Cagliari è meglio perché “alla Vigilia ero al Poetto in magliettina“. In cabina ogni uomo, specialmente se anzianotto, ti vuole a tutti o costi tirar su il bagaglio a mano anche se l’hai già fatto da sola. Il vicino di sedile ti chiede dove sei stato e perché, ma soprattutto se sei di Cagliari centro, perché lui di sicuro non lo è e deve fare un viaggio lunghissimo dall’aeroporto a casa…e te lo racconta tutto, chilometro per chilometro, passando poi a vita, morte e miracoli del parente di turno che lo viene a prendere.
Da quando inizia la fase di atterraggio il cagliaritano è attaccato al finestrino, pronto a riconoscere città, paesini e appezzamenti di terra: la vista di Cagliari diventa una competizione d’orgoglio sardo, tutti a far gara per vedere per primi il Municipio e il Sant’Elia e c’è sempre uno che “è colpa di Massimino”. E sono tutti aviatori nati perché “se c’era maestrale facevamo manovra al contrario“.
L’atterraggio poi, che lo racconto a fare? Applausi fragorosi al pilota, per la serie “ce l’abbiamo fatta“, tottu paris, tutti contenti e ubriachi di profumo di macchia; il vicino di posto appena conosciuto ti da due baci e ti dice “alla prossima”, non prima di averti ripreso il bagaglio.
Ma la cosa più bella è, dopo il decollo, sentire quello di dietro dire alla moglie, di fianco: “ooooh tessora, la ghé non mi devo ritrovare il tuo gomito nell’ascella!” Ilaria Vanacore