Giulia vola incontro al mattino in un cielo che si tinge di rosa, mentre il buio si affila in una lama sottile: un confine fra il cielo di sopra e quello di sotto. Sono le 5, da quell’altezza, in un’ apparente immobilità, immagina un cielo sotto e un cielo sopra, lei è lì, nello spazio intermedio che si tinge di azzurro, guarda compiaciuta lo strato di nubi che sta sorvolando e che per la prima volta osserva dall’alto in basso; un cambio di prospettiva con impatto visivo ed emotivo. Si muove in un cielo diviso: in basso le nubi bianche, di fronte la distesa azzurra e in alto un cielo cobalto. La quotidianità raggiunge i suoi pensieri e contrappone, l’innocenza del bianco visto dall’alto con la faccia arcigna e grigia dedicata alla Terra. Stacca gli occhi dal cielo , li chiude , è inquieta , ma sa benissimo che il suo turbamento non muove da quel diverso modo di guardare il mondo, un altro mondo è dentro di lei; lo sente vorticare nel corpo immobile e fermo come il volo dell’aereo. In lei si agita qualcosa, un animale imprigionato che cerca una via d’uscita, ma lei lo frena e lo contiene, non sa cosa potrebbe accadere se gli lasciasse spazio; a quel punto nessuno sarebbe capace di contenere lei che è lì, sola fra tanti. Apre nuovamente gli occhi e vede, in candida trasparenza, la luna posata sull’ala dell’aereo. E’ la stessa luna diurna che a casa, nel cielo del mattino,la sorprende e la commuove con la sua aristocratica distanza; qui, vista di fronte, le appare un’ordinaria geometria. Ancora una volta il diverso modo di guardare modifica anche i suoi pensieri, ma non vuole pensare, facendolo la bestia che trattiene dentro riprenderebbe a muoversi. Apre il libro abbandonato sulle ginocchia riprende la lettura ma le parole scorrono in una sequenza sorda e muta. Rinuncia, preferisce guardare fuori, il cielo è un immenso libro che può guardare senza pensare. L’aereo attraversa banchi di nubi spesse e compatte, nubi che in un attimo perdono la loro infanzia in un cielo che alterna squarci di azzurro a residui di oscurità. L’altitudine, la luce, il volo, l’azzurro le fanno tornare pensieri bambini. Quando era piccola, in tanti, le dicevano che Dio era in cielo, e lei, quando guardava lassù lo immaginava seduto su una nuvola in compagnia degli angeli. Ora si trova a cercare, con la stessa ingenuità di allora, gli angeli fra le nuvole. Dio no, non può essere a quella quota, sarà sicuramente più in alto, nel cielo di sopra. Nell’ingenuità delle sue divagazioni si convince che, vedendola all’opera, un giorno Dio avrà sentenziato: -Dalla teoria alla pratica! La diversità è un valore? Dimostralo! Questi pensieri la fanno sorridere, gli angeli non li ha visti e Dio neppure, ma Lui ha ben altro da fare che muovere rivalse nei suoi confronti. Quella bestiola che trattiene dentro sembra essersi appisolata, ora può arrendersi a quei pensieri che fino ad ora aveva allontanato. Pensa a Giuseppe e a Souad, ancora non riesce a pensarli all’unisono; prima c’è lui, poi lei, presto li penserà insieme.
– Mamma, ho pensato di sposarmi, probabilmente fra dicembre e gennaio!- le disse una sera di settembre-. Quella data le si era impressa in testa, le sembrava lontana e per questo lei si svagava fra risolutezza e dubbio. Gli amici la incoraggiavano a partire, i familiari con il loro silenzio contrastavano il suo progetto. Un giorno, all’improvviso ha deciso di lasciare la sua cornice e di prendere il volo. Un’opportunità sempre rinviata per i mille ostacoli, veri o presunti, che si interponevano al suo desiderio di raggiungere il figlio in Marocco. Quella mattina, una mattina qualunque,non ha avuto più esitazioni, ha deciso. Rapidamente ,senza considerare paure e timori, ha “preso il volo” ed è atterrata in un mondo altro. Sorride pensando ai giorni trascorsi, alle sensazioni provate, all’impressione di essere scivolata in un libro che non aveva ancora letto. Ad ogni pagina: volti, parole e suoni diversi, storie nuove; fra le tante storie quella di suo figlio che avrebbe voluto leggere e rileggere per comprenderla. Non c’è stato la possibilità di farlo; ha dovuto muovesi al ritmo di un racconto scatenato e adeguarsi ad uno stile narrativo che non le apparteneva. Ormai era uscita, era fuori dalla cornice, e stranamente non le interessava più di capire. Voleva vivere quella nuova e spaesante avventura, si è inserita fra i personaggi di quella storia e guardava suo figlio, unico ma simile a tanti.
-Voulez vous cafè o the? le chiede la hostess porgendole il vassoio. Ancora assorta nei pensieri accetta il caffè pentendosi subito della scelta, avrebbe preferito il the. Fuori, l’azzurro è scomparso e il grigio dilaga. Chiude gli occhi Giuseppe e Souad che sono rimasti là, fra i colori vocianti del Marocco. Li ha lasciati, doveva tornare.
–Ciao mamà! l’ha salutata sua nuora abbracciandola. Giulia avrebbe preferito che la chiamasse per nome , ma non è stato possibile far comprendere alla ragazza le sue ragioni, Giuseppe, da parte sua, non si è attivato in un seppur minimo soccorso linguistico, quindi sarà mamà!
- Ma cosa t’importa- le ha detto- dov’è la differenza? Già la differenza. Le diversità arricchiscono, lei l’ha sempre sostenuto, a parole! Ora deve viverla la differenza, interiorizzarla per favorire situazioni condivise ,preparare un terreno comune per creare uno spazio accogliente alla nuova famiglia. Il grigio si fa più compatto, il cielo è cupo, in basso si delinea un paesaggio aggrottato che ben presto si distende nei campi ricoperti di neve. Ballonzolata nella luce ampia del mattino, pensa che fra non molto scenderà; sola fra tanti, si stringerà nel cappotto bianco e avrà freddo. Chiude nuovamente gli occhi e vede i suoi ragazzi muoversi in quel paesaggio tracciato a mana libera, casuale e improvviso. -Bismillah ragazzi!
L’aereo si abbassa, la neve si definisce nella geometria dei campi: bianca, prevista e puntuale: è inverno.
Loretta Buda