Sarà la volta buona? La notizia dell’introduzione – a partire dal prossimo anno scolastico – di una pianificazione glottodidattica aperta finalmente all’utilizzo della metodologia CLIL è di quelle che, in altri tempi, avrebbe fatto gridare al miracolo o, sposando le tesi degli instancabili difensori dell’identità, alla catastrofe. Se, come pare, tali accenti estremistici risultano invece oggi più sommessi, diciamo pure di routine, significa che forse qualcosa sta cambiando davvero, nel nostro Alto Adige/Südtirol.
Spiegare un mutamento del genere è possibile chiarendo ad esempio perché la sigla CLIL risulti meno problematica della parola “immersione”, lo spettro a lungo agitato da chi si è sempre mostrato contrario a interpretare la glottodidattica in senso pragmatico all’interno di una scuola impostata in modo preminente sul principio e la tutela della madrelingua, pur non differendone nella sostanza. Detta all’ingrosso, “immersione” evocava, almeno sul lungo periodo, l’erosione dei limiti riconosciuti al suddetto principio, una sorta di cavallo di Troia con nella pancia i vecchi fantasmi dell’assimilazione delle minoranze. Parlare invece di Content and Language Integrated Learning significa circoscrivere più chiaramente le aree d’intervento e di esposizione alle lingue “straniere”. La preminenza dell’insegnamento nella madrelingua non è messa in discussione mediante formule passibili di scatenare una guerra ideologica, ma appare alla stregua di una semplice innovazione da provare con cautela ed eventualmente secondo una formula a bassa intensità di dosaggio, comunque regolabile in corso d’opera. CLIL rappresenta insomma il volto buono dell’immersione, accreditata da una mole cospicua di ricerche ormai sostenute e messe in pratica da anni anche negli ambienti scientifici dell’Università di Bolzano.
Anche se è molto importante sottolineare la positività di una simile svolta, è tuttavia necessario non cedere all’illusione che, da adesso in poi, avremo come per magia una allegra e giocosa comunità plurilingue. Aperture di questo tipo implicano la moltiplicazione dell’impegno da parte di tutti, sia dentro che fuori il mondo della scuola. Già la selezione del personale in grado di somministrare buone lezioni orientate dalla metodologia CLIL è una sfida alla quale non molti sono preparati. Insomma, il volto buono dell’immersione non nasconde tracce di sudore, e il sudore ci fa capire che il cammino sarà lungo e difficile. Ricordarlo serve solo a prepararci con la dovuta serietà e consapevolezza per il meglio.
Corriere dell’Alto Adige, 11 luglio 2013