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Forse la morte è come una vacanza. Hai presente che in vacanza fai sempre finta di divertirti, ma in fondo, soprattutto verso la fine, non vedi l'ora di tornare a casa? Non desideri altro che essere a casa e dormire nel tuo letto. Forse la vita è così, e te ne rendi conto alla fine. Vuoi solo tornare. Forse siamo in vacanza senza saperlo.
Il weekend (2013, tit. or. The Weekend) è l'ultimo romanzo di un autore, Peter Cameron, che di recente ha goduto di una discreta fama per via del film tratto dal suo celebre Un giorno questo dolore ti sarà utile. Quella prova mi aveva convinto fino a un certo punto, mi era sembrata e mi sembra tuttora un prodotto editoriale al passo con i tempi e niente più (fin dal titolo piuttosto ruffiano). Secondo incontro, seconda possibilità. L'impressione qui è, se vogliamo, più precisa. Il weekend gioca a tutti gli effetti con il mezzo cinematografico e il romanzo è una sorta di presceneggiatura.
La scrittura di Cameron è, certo, vivida e sicura (per quel che posso giudicare io, ben resa nella traduzione di Giuseppina Oneto per Adelphi), però quel che colpisce è la dissolvenza un po' onirica delle immagini, che mima il montaggio di un film, appunto. L'autore qui è un abilissimo mosaicista che combina tempi e scene con sapienza indiscutibile, imbastisce dialoghi che reggono a qualsiasi telecamera, ma sembra curarsi meno del contenuto delle sue tessere.
L'effetto è quello di una disarmante ingenuità quando si affrontano temi come l'attualità dell'arte (e del romanzo in particolare): non commuove perché (in buona misura) sincero, snerva perché superficiale. Cameron tratteggia, a tratti incide, personaggi vivi, radicati con forza nella tradizione letteraria americana, ma spreca tutto volendo alzare il tono. Resta il fatto che Il weekend - pretenzioso e prevedibile montaggio di situazioni ben dosate - rimane niente più che uno svago, una pausa non obbligatoria tra letture ben più importanti.
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