Il welfare clericalfascista di Roma Capitale

Creato il 26 giugno 2012 da Cristiana

Mi arriva una mail da Roma Capitale, firmata Alemanno. E’ una mail che mi arriva perché sono iscritta a Cliccalavoro.it, non mi arriva dal comune. Il che significa che il comune ha comprato i miei dati – che già aveva – da Cliccalavoro.it o che all’interno di una serie di accordi o di scambi commerciali, fa inviare una newsletter ai contatti di Cliccalavoro e di chissà quanti altri network che raccolgono dati.

E già ci sarebbe materia per incazzarsi. Anche perché per promuovere questo convegno il Comune sta spendendo una montagna di soldi in comunicazione, non al livello di quelli spesi per la beatificazione di Papa Woityla, ma comunque tanti. Mi piacerebbe sapere quanti.

Un’altra cosa che mi manda in bestia. La famiglia con la F maiuscola. Quella che tutti dicono sia scritta nella Costituzione, ma che in realtà è scritta nella loro Bibbia (peccato che il comune di Roma si confonda ultimamente e troppo con lo Stato Vaticano). Quella di un maschio e di una femmina sposati. Cioè quella che ha la F maiuscola solo per la sua composizione, non per la sua qualità. Perché una Famiglia come dicono loro lo era anche quella arrestata nel cosentino che ha seviziato, violentato, torturato il figlio che oggi ha 6 anni.

Ovviamente sto provocando.

Mi manda in bestia che si imponga la visione della famiglia come un luogo retorico di assistenza e socialità e che in questa visione infantile e favolistica non si vedano le difficoltà delle famiglie spesso rappresentazione di difficoltà individuali: disoccupazione, disparità di genere, inesistenza di strutture per l’assistenza a disabili ed anziani. Asili nido dove fare emergere le vere socialità, il vero ingresso alla comunità diffusa.

E poi, sì, mi manda in bestia sapere che in ogni quartiere, in ogni palazzo, ci sono Famiglie di gay e lesbiche alcune con bambini a cui l’unica cosa che riusciamo a dire a tutti è che nessuno li deve pestare per strada, riducendo la loro esistenza ad una sopravvivenza.

La Roma che ho in testa io è una città piena di asili nido. Di scuole. Di luoghi dove la disabilità possa vivere e non vegetare. Di luoghi di sfogo e non di violenza. Perché la verità è che demandare tutto all’interno delle mura famigliari (o al massimo includendo associazionismo e volontariato, spesso macchine da soldi) è la più grande violenza che si possa fare alla società.

Esaltare questa forma di welfare (strumentalizzando i risultati del Censis) è caricare tutto sulle donne. E’ delegare tutto alla politica più becera, quella che finanzia le associazioni ideologicamente vicine. Non volere cambiare la forma di questo Welfare è il disegno di una politica fortemente di destra, fortemente clericale a cui noi dobbiamo rispondere senza tentennamenti, con una coraggiosa, lungimirante, meravigliosa idea di città inclusiva.

Dove tutti, davvero tutti, possano abitare completamente. Non solo con i corpi.


Filed under: IMPOLITICO Tagged: ROMA 2013, Stati Generali del Sociale e della Famiglia, welfare


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