Dopo lo strepitoso successo mondiale del suo primo romanzo, “La cattedrale del mare”, c’era grande attesa per la seconda fatica editoriale di Ildefonso Falcones, “La mano di Fatima”, che, come quasi sempre succede, ha lasciato i fan divisi più o meno equamente tra entusiasti ed insoddisfatti. L’azione si sposta di circa un secolo lasciando le strade ed i vicoli della Barcellona del XV secolo, per approdare nei grandi spazi delle montagne e delle città dell’Andalusia del XVI secolo durante le rivolte religiose dei “Moriscos”, i musulmani spagnoli sconfitti dai re cattolici e costretti ad una conversione forzata. Nei villaggi delle Alpujarras esplode violenta la ribellione, avviliti e sfibrati da anni di ingiustizie e umiliazioni, i moriscos iniziano una guerra senza quartiere contro i cristiani che li hanno obbligati a rinunciare alla loro fede. È il 1568. Tra i musulmani c’è anche un ragazzo di appena quattordici anni dagli occhi incredibilmente azzurri, Hernando. Nato da uno dei tanti stupri etnici di quel periodo, la madre morisca aveva infatti subito violenza da un prete cristiano, il giovane dal sangue misto è rifiutato dalla sua gente. La rivolta giunge a proposito per fornirgli dunque un’occasione di riscatto: grazie alla sua generosità e coraggio riesce ben presto a conquistare la stima di compagni più o meno potenti. Come spesso accade però il rovescio della medaglia è quello di farsi anche nemici invidiosi e pericolosi che faranno di tutto per eliminarlo. E quando, nell’inferno degli scontri conosce Fatima, una ragazzina dagli immensi occhi neri a mandorla che porta un neonato in braccio, deve fare di tutto per impedire al patrigno di sottrargliela.
Inizia così la lunga storia d’amore tra Fatima ed Hernando, un amore ostacolato da mille traversie e scandito da un continuo perdersi e ritrovarsi. Ma con l’immagine della mamma bambina impressa nella memoria, Hernando continuerà a lottare per il proprio destino e quello del suo popolo. Anche quando si affaccerà nella sua vita la giovane cattolica Isabel. Questi sono gli ingredienti con cui Falcones costruisce il suo gigantesco affresco di questo periodo tribolato, misterioso e tragico della storia spagnola, che diventa anche occasione per un’attualissima disamina delle incomprensioni religiose causa, oggi come ieri, di sanguinosi conflitti e terribili massacri commessi in nome di Dio. Quel che l’autore fa emergere è proprio la difficoltà di dialogo e la sfiduciata incomprensione che regna tra cristiani e musulmani che, provando a scavare ed esaminare in profondità, sembrano essere molto più simili di quel che possono essi stessi immaginare. Difatti, le loro religioni monoteiste, unificate dalla figura della Vergine Maria, sono tanto vicine eppur così lontane soprattutto se viste con gli occhi della massa incolta e soggiogata. Hernando, figlio della colpa e dell’odio, proprio per questa sua natura ibrida, non completamente musulmano, né totalmente cristiano, rappresenta l’uomo scevro di preconcetti che dedica tutta la sua esistenza alla ricerca di un dialogo possibile tra le due fedi, finendo poi per sacrificare gli affetti personali e apparendo come un reietto o un rinnegato a seconda della parte di barricata da cui arriva il giudizio sul suo agire.
Ai più è proprio la parte filosofico-religiosa, dotta e particolareggiata, a tratti lenta ed eccessivamente minuziosa, a finire per risultare indigesta, preferendo l’intreccio amoroso-esistenziale e criticando l’eccessiva lunghezza del libro (oltre 900 pagine). Chi predilige le grandi ricostruzioni socio-economiche, non può invece che rimanere soddisfatto dell’opera che Falcones ci regala, credibile e documentata, fin nei minimi dettagli, dal punto di vista storico, ma anche movimentata e ricca di colpi di scena per appagare il gusto per l’intreccio ed il romanzo d’avventura, quasi picaresca. La folla di personaggi, pittoreschi e affascinanti, dà vita a un racconto epico e corale che descrive non solo la storia di un uomo di fronte alle grandi passioni e difficoltà dell’esistenza, ma anche l’epopea di un intero popolo e lo scontro tra due fedi e due civiltà. Sullo sfondo di un paese insanguinato, dove le violenze e gli estremismi religiosi abbondano da entrambe le parti, Hernando, con le sue scelte di tolleranza, rappresenta la speranza in una convivenza rispettosa. È questo il monito di pace, che travalica i confini della storia per farsi urgente attualità, e che Falcones rivolge ai lettori e al mondo intero.