Intervista a un’(ex?) attivista del M5S che ci confida le sue preoccupazioni
Mentre fuori si scatenava una pesante “ramata” d’acqua, come la chiamano qui i locali, Ileana Bego mi aspettava da alcuni minuti seduta ad un tavolino, in un dehor del bar del paese. Impaziente di togliersi qualche sassolino dalla scarpa.
Premettendo che parlo a titolo esclusivamente personale, psicologicamente mi sento fuori dal M5S.
Ileana Bego è una “meetupper” della prima ora.
Mi sono iscritta al meet-up di Savona nel settembre del 2006. Lì trovai un bel gruppo di persone che si impegnava seriamente sul territorio, ad esempio nelle battaglie contro la centrale a carbone di Vado Ligure, contro la piattaforma Maersk, nel contrasto alla cementificazione. C’erano occasioni di dibattito e di formazione civica. Allora non eravamo nessuno e dovevamo guadagnare credibilità operando sui contenuti. Molto bello.
E adesso?
Da due/tre anni sono residente in Lombardia, quindi teoricamente dovrei essere un’attivista dei gruppi lombardi.
Vuole dirci che non è più un’attivista?
Per essere attivisti è l’attività che ti qualifica, e al momento non sto facendo più attività, da due mesi, quindi valutate voi … Per il momento mi sono sospesa. Mi sono presa una pausa di riflessione, come quelle che si prendono le coppie in crisi.
Sta pensando di lasciare il M5S?
Beh, trovo indecente andarsene strillando. Non è nel mio stile andare via sbattendo piedi e porte e criticando ciò che hai sostenuto fino a ieri, ma non mi sento rappresentata. Ci sono tante cose che non condivido.
Per quale motivo?
Diciamo per il complesso di cose successe di recente. Ho la sensazione che io sia rimasta lì, mentre loro si sono spostati.
Così, ad un tratto?
No, tutto ciò è maturato gradualmente, man mano che aumentavano le cose sbagliate, che però erano correggibili e lo sono tutt’ora. Ad esempio fu del tutto frainteso il risultato delle ultime elezioni europee.
Quel 21,1%?
Esatto. Nonostante la campagna mediatica a sfavore, come accade sempre contro gli avversari politici, quel risultato andava interpretato come un successo. Gli errori ci sono stati, ma si è trattato di un fisiologico consolidamento elettorale. Invece fu preso come una tragedia a partire dalla quale cambiare linea e imprimere dall’alto e con decisione una discontinuità, quando invece non c’è bisogno di discontinuità ma di capire i propri errori e rivalutare il senso di alcuni principi di base che avevamo.
Quali sono stati questi cambiamenti cui si riferisce?
Innanzitutto avere una rappresentanza parlamentare inevitabilmente espone a nuovi errori, che però ero disposta ad accettare, esiste un limite di tolleranza. Invece non ho accettato di buon grado il peggioramento nel metodo. L’allontanamento dei rappresentanti eletti da noi, come dibattito sui contenuti presentati; spesso fanno cose condivisibili, ma le apprendiamo dai giornali e/o dai social media. Vediamo ad esempio la selezione dei candidati. Se per le parlamentarie del 2013, pur con qualche errore, si trattò di un grande esperimento innovativo che diede grande visibilità mediatica per la novità introdotta, per le europearie non c’è stato miglioramento: ci si svegliò troppo tardi, come se non fosse importante avere una squadra che promuovesse la campagna dall’inverno, tempi errati. Avrebbe dovuto essere un’occasione di selezione del migliore, anche riguardo l’aderenza al progetto invece che una convocazione via e-mail a poco meno di due mesi dal voto. Certo, io attivista da 8 anni sapevo chi votare, ma mi rendo conto che il 98% degli aventi diritto lo ha fatto random, basandosi solo su tre righe di curriculum o su un breve video di presentazione in un giorno. Insomma, perché buttare via l’occasione di migliorare il sistema e provocare ancora interesse sulle novità che si potevano introdurre? Una strategia anni luce peggiore di quella adottata dal PD, sotto il punto di vista del coinvolgimento personale ed emotivo della famosa ‘base elettorale’.
Addirittura?
Beh, li hanno coinvolti nella scelta del nuovo segretario a dicembre, e poi sono andati ‘a campagna’, anche nei comuni, con le primarie, che hanno un loro senso all’interno di una logica di partito quale è il PD per l’aggregazione del corpo elettorale. Non dimentichiamoci che hanno ben altri mezzi economici e mediatici.
Togliamoci un altro sassolino.
I 7 punti per l’Europa, disarticolati, troppo spostati su alcuni temi e confusi. Alcune tematiche non erano neppure esplicitate. Facendo così dimostri che non tieni tantissimo alla politica, ai contenuti.
Ma li condivideva?
Per dirla con l’espulso senatore Orellana, erano ‘condivisibili ma non condivisi’, vuol dire che erano sicuramente temi ‘nell’aria’, ma non sottoposti a discussione approfondimento o ratifica. Queste cose avrebbero ‘coinvolto’ maggiormente tutti noi nella promozione delle Europee e nel contempo avrebbero imposto alla stampa la nostra campagna elettorale, come fu per le parlamentarie: nessuno aveva mai fatto votare ad una base i candidati, nessuno ha mai fatto votare alla sua base i punti cardine della campagna elettorale. Facendo così. sarebbe cominciata a dicembre una campagna realmente condivisa e coinvolgente: è sembrato invece che il M5S si fosse dimenticato da dove arriva.
C’è ancora qualche altro punto che l’ha lasciata perplessa?
Siamo caduti nel tranello della profezia auto-avverante: accerchiati dalla stampa, ci siamo isolati in una auto-referenzialità, che ha contagiato anche l’ultimo dei fan su facebook. In realtà esistono molte persone intellettualmente oneste anche al di fuori del M5S, non ha senso dire: noi buoni, loro cattivi, come risposta a qualsiasi cosa.
Vogliamo parlare della scelta del gruppo per il Parlamento Europeo?
Avrei preferito che quella dell’EFD fosse proposta come una decisione già data, senza prendere in giro gli attivisti. A livello di rispetto ho trovato di cattivo gusto la campagna interna per Farage – che certo non è un fascista come invece la stampa lo dipingeva, ma probabilmente è un esponente della destra liberista – il quale è stato proposto come la scelta migliore, in partenza, l’unica che avrebbe garantito autonomia di voto, cosa possibile in realtà anche in altri gruppi. Inoltre io non ho tollerato la vicinanza ai contenuti politici di UKIP in campo ambientale ed economico, totalmente avversi ai miei. Insomma, ho provato fastidio per come sono state trattate le persone chiamate a votare. Forse i Verdi …
Però il M5S continua a sostenere di aver trovato un muro da parte dei Verdi.
Probabilmente perché avevano già compreso l’accordo con Farage. Oppure perché non tutti i partiti verdi vedevano di buon grado il fatto che una forza più numerosa di loro entrasse nel gruppo a sottrargli le cariche.
Insomma, ammetterà che la soluzione più praticabile forse era proprio quella dell’EFD.
Appunto, in una situazione di emergenza potrebbe essere comprensibile che qualche decisione venga presa ‘dall’alto’; il regolamento stesso prevedeva una semplice ratifica della decisione assunta da Grillo in merito. Ma in quel caso qualcuno se ne sarebbe preso la responsabilità, senza lavarsene le mani con una consultazione di facciata. E tu le cose le devi fare bene, assumendoti l’onere di essere criticato quando fai veramente male. Accettare quella campagna e quel regolamento è stata una forzatura, si capiva da subito, se io accetto questo, tu devi accettare le critiche e ascoltarle.
Come si porrà il M5S di fronte ai prossimi appuntamenti elettorali?
Quest’anno 7 regioni saranno chiamate al voto. Prima si trattava semplicemente di gestire le elezioni comunali, con problemi e defezioni tollerabili, ma ora ci sarebbe esperienza per lavorare sul territorio, avere uno standard di ‘metodo’ che non manca nella nostra esperienza, stabilire criteri seri per l’elettività, per individuare le figure più adatte ai singoli ruoli: dipende anche dal carattere e dalla predisposizione personale. Fare il portavoce è un ruolo centrale per realizzare dopo, a cascata, la partecipazione e per promuovere i gruppi di lavoro sul territorio e sulle tematiche politiche. Nella situazione attuale non si possono fare troppi esperimenti organizzativi, approfittare della cultura prodotta in tanti anni di sperimentazione dal basso dovrebbe essere un dovere. La politica incide sulle nostre vite, rifare gli stessi errori pesa sulla vita delle persone.
La cosa che la lascia più amareggiata?
‘Da parte dei ‘vertici’, ossia del gruppo di comunicazione, non c’è la volontà di capire alcune cose fondamentali. Non credo che i parlamentari siano supportati al meglio per competenza e per cultura politica dei collaboratori di punta.
Ma non è lo stesso gruppo di comunicazione che ha portato il M5S dall’irrilevanza politica alla principale opposizione?
No, i gruppi di comunicazione di Camera e Senato sono stati creati ex novo dopo le elezioni, anche se con ritardi e senza una progettazione. Ecco, non credo che abbiano scelto le persone migliori per la comunicazione politica, che è molto importante.
Per le elezioni 2013 come era gestita?
Inizialmente la comunicazione la facevano pochissime persone: lo staff del blog di Grillo e di Casaleggio, cui si sono aggiunti i volontari di ‘La Cosa’ che, detto per inciso, erano tre persone. Ovviamente se non ci fosse stato Grillo non avrebbero avuto un numero così alto di visitatori. Ma chi ha elaborato lo strumento per la diffusione su internet erano due o tre persone. Una creatività che è stupefacente: in un altro partito politico tre persone al massimo avrebbero tirato su un gazebo.
Quasi un miracolo.
Infatti riconosco che il M5S dia spazio a eventi miracolosi come questi, non c’è dubbio. Infatti scatenano al contempo adorazione e odio, ammirazione e rabbia. C’è chi dice che senza le provocazioni eccessive di Grillo non ci sarebbe alcuna attenzione, può essere che sia proprio così. Ti può piacere o non piacere, se ti sei stufato sarebbe un problema tuo. Non è molto bello, ma è così.
Sugli eletti in Parlamento, invece, che ne pensa?
Sul loro operato ho pochissime critiche, perché tutto sommato, partendo come sono partiti, sono stati molto bravi. L’attività propositiva ed emendativa è molto buona, le proposte sono ottime. Per esempio, per la copertura del reddito di cittadinanza sarebbe bastata la volontà politica, non molto di più dell’impegno di spesa per gli 80 euro di propaganda di Renzi, ma incidendo in maniera sostanziale sulla ripresa. La scelta della linea politica ha impedito di far fruttare molte cose come questa, perché è evidente che i politici ragionano così: se tu mi voti il mio, io ti voto il tuo, do ut des. Non ci piace questa cosa, sembra di essere all’Asilo Mariuccia. Però appena entrati in Parlamento i parlamentari cinquestelle se ne sono accorti. È giusto opporsi a questo modo di fare. Non ho mai pensato che uno dovesse adeguarsi, però neanche fare lo schiamazzo da primo della classe che dice ‘siete tutti brutti e cattivi!’. In realtà, gli altri si sono semplicemente adeguati. O li pigli da un altro lato, o non ne cavi niente. Ricordo che un tempo dicevamo che non importava che altri si attribuissero il merito della proposta politica, bastava che andasse in porto; ora sembra sia diventata fondamentale la rivendicazione della ‘virgola’. E c’è un altro problema”.
Dica.
I parlamentari – che dovrebbero occuparsi solo dell’attività propositiva ed emendativa – non sono supportati da uno staff di comunicazione politica vera e propria che sappia valutare l’opportunità delle affermazioni. Molte dichiarazioni scatenano l’inferno, però non vengono gestite adeguatamente. Se tiri fuori una posizione forte, devi saperla motivare in un dibattito, continuando sui contenuti, e non semplicemente difenderti dalla gogna mediatica e dalle strumentalizzazioni. In pratica, devi essere all’altezza della valorizzazione della tua proposta, proseguirne il dibattito all’esterno.
Non si rischierebbe in questo modo di limitare la libertà di espressione dei singoli parlamentari?
No, non parlo di un giudizio sui contenuti, quanto sulla redazione dei post e degli interventi. Mettiamo il caso che uno scriva che Moro è stato ucciso negli anni sessanta, è bene che ci sia qualcuno a segnalargli che in realtà si trattava del 1978. Non s’è mai preteso che fossero grandi statisti, ma alcuni avrebbero bisogno di supporto. Eviteremmo così anche brutte figure. A fronte di un’ottima attività emendativa, lo staff continua a dar spazio a interventi di dubbio gusto, perché hanno capito che se non si fa caciara è difficile finire sui giornali. Non credo che in un anno e mezzo non si possano limitare le uscite ignoranti, tipo Sibilia che tira fuori le teorie del complotto lunare, negando che l’allunaggio sia mai avvenuto, oppure Bernini che monta in maniera strumentale il video della sua visita allo stabulario di Modena, montato ad arte per dimostrare la sua tesi in modo poco istituzionale e poco tollerabile, perché non è un ragazzino che inserisce video su youtube, ma un parlamentare. Quelle cose per cui prendono in giro giustamente il M5S andavano limitate perché rovinano la reputazione dell’attività parlamentare e, dando l’occasione ai detrattori di dire che sei uno sciocco e un incompetente, allontanano molte persone. Ma al di là dell’incapacità a limitare le uscite solitarie e poco competenti, mi dispiace molto che non siano riusciti a gestire e proporre un vero dibattito politico, accendendo la miccia dei contenuti nel paese reale, ‘uscendo’ dalle aule con i contenuti portati e provocando all’esterno un dibattito vicino a noi, nel paese.
Cosa ne pensa di alcune personalità emergenti, come quella di Alessandro Di Battista?
Casaleggio ha individuato alcune persone che hanno evidenziato caratterialmente per loro natura una capacità comunicativa interessante: queste sono seguite e vanno nei media. Quindi puntano su Di Battista perche è bello, piace alle donne, è accattivante. A me non piace, ma è un prodotto che funziona dal punto di vista di marketing. In una grande squadra ci può stare quello che è maggiormente in grado di trascinare la gente, ma non deve venire meno la comunicazione competente, non possono mancare gli altri elementi. Per Di Battista vale il discorso che non basta difendersi dalle strumentalizzazioni, occorre sostenere il dibattito dopo un post come quello sull’ISIS. Ecco, lì nella prima parte scrive cose condivise anche da una certa sinistra e da tante persone per anni (imperialismo americano, strategie di colonizzazione, ecc.): banalità tutto sommato, però è molto bello che qualcuno butti nell’agone mediatico una proposta di discussione. Verso la fine invece è semplicistico nel dipingere l’ISIS – che commette massacri e pulizie etniche – affiancandolo a tutti coloro che stanno ‘reagendo dal basso’, come se fosse paragonabile ai resistenti palestinesi. Un esempio che ribalta tutta la sua situazione. Comunque spiace vedere che le reazioni sono state solo di demonizzazione o di apologia a prescindere e non sono entrate nei contenuti: è lì l’errore. In fondo lui aveva buttato lì un ‘parliamone’ e aveva il dovere di continuare il dibattito, anche in merito ai tanti parlamentari che con tante scuse non partecipano alla convocazione della commissione per decidere sull’armare i curdi oppure no. Oggi, per quei parlamentari che tanto si sono indignati, evidentemente sono più importanti le vacanze.
Luigi Di Maio, invece?
Di Maio è un bel personaggio. Secondo me si è autoaffermato con il suo savoir faire innegabile: ha una dote qualitativamente importante, che è quella di saper far bene il presidente d’aula, senza essere di parte. Piace perché è preciso e imparziale, quello che io desidererei che portasse il M5S nelle istituzioni. Questo è importante quando si parla di conflitto di interesse, ad esempio. Non puoi criticare i candidati della Lega perché hanno sistemato la sorella e la zia nelle partecipate e poi un peccatuccio piccolino anche tu magari lo fai … ‘però lo abbiamo fatto noi, non importa’, no? Se nomini collaboratori tra tuoi parenti e amici, e non tra le persone più capaci e che valorizzino il lavoro da svolgere, stai sbagliando anche tu. Fai mea culpa, ti correggi e basta. Lì diventi autorevole.
Riusciamo a concludere con un auspicio?
Con gli auspici non sono brava. Difficile, perché mi accorgo che in Italia c’è poca memoria politica e sociale. Si tende continuamente a fare gli stessi errori. Si veda la Lista Tsipras che, pur partendo da presupposti diversi, ha commesso i medesimi errori della Lista Ingroia dell’anno precedente: puntare su una personalità, scannarsi per le poltrone. Anche nei piccoli comitati locali le dinamiche sono sempre le stesse. Mi domando il perché. Allora non c’è speranza? A questo punto dovremmo ricominciare da zero con un nuovo atteggiamento, entrare tutti nel MoVimento 5 Stelle, occuparlo e liberare gli strumenti che offre. Potrebbe anche essere un’idea. In generale, in Italia c’è la capacità di usare la memoria storica per non ripetere le dinamiche che hanno fatto declinare movimenti e soggetti politici, imparando dai nostri stessi errori? E i nuovi media, che ruolo hanno nella coscienza sociale e nella partecipazione?
Prima di salutarla, la sua preoccupazione?
Ma, queste cose che vi ho detto, serviranno davvero a qualcuno?
Intervista a cura di Piotr Zygulski