All’apparire delle masse, le avanguardie si erano ritirate nel guscio come lumache che abbiano avvertito il pericolo. L’illeggibilità, nella loro sincera intenzione, avrebbe dovuto mettere una distanza tra i loro testi e le odiate moltitudini. Attraverso l’illeggibilità si sperava, insomma, di evitare l’umiliante e infamante successo di massa. Senonché, le avanguardie tutto avrebbero potuto prevedere salvo che le masse avrebbero decretato il successo dei loro libri appunto perché erano illeggibili. Da allora si è stabilito un tacito accordo tra le masse e le avanguardie: le masse comprano i libri perché sono illeggibili e le avanguardie hanno trasferito la loro avversione dalle masse agli scrittori leggibili. Questi in realtà sono i veri nemici; non le masse ignoranti ed ottuse le quali, però, comprano i testi proprio perché sono illeggibili, ossia, nel senso letterale della parola, li consumano. Mentre gli scrittori leggibili stanno lì a contestare meschinamente la necessità, legittimità e perfino esistenza di un testo che non è possibile leggere. Questo è tanto vero che dai giornali e dalle riviste delle neo-avanguardie sono scomparsi gli attacchi alle masse così frequenti nelle riviste dell’avanguardia storica. Essi sono stati sostituiti degli attacchi contro quei pochi scrittori che ancora riescono ad essere insieme validi e leggibili. Insomma, attraverso il consumo è avvenuta la riconciliazione tra masse e avanguardia. Che importa che le masse non capiscono un’acca dei testi che tuttavia acquistano? Ciò che più importa è che esse accettano la moneta dell’illeggibilità; mentre i buoni scrittori leggibili la rifiutano. Ma torniamo all’illeggibilità dei testi dell’avanguardia moderna. Essa è un’arma di potere anche per un motivo, diciamo così, negativo: vale a dire per lo più essa è adottata da artisti ancora immaturi e incapaci di esprimersi con reale originalità; oppure, nel caso peggiore, da individui che vorrebbero essere artisti e non lo sono. Beninteso l’immaturità è propria di tutti gli artisti ai loro esordi; ma lo scrittore di testi illeggibili si distingue dai suoi coetanei per una particolare forma di impazienza insieme opaca, prepotente e frenetica. Egli non vuole e non può aspettare tutto il tempo che è necessario per arrivare ad un’espressione veramente originale ed autentica. D’altra parte non può e non vuole neppure rinunziare alla promozione sociale. Allora ricorre all’illeggibilità per la quale la maturità del talento non è indispensabile. Chiunque può essere illeggibile; è una mera questione tecnica. Così l’illeggibilità in fondo è un surrogato dell’ispirazione di cui scimmiotta infatti, quasi rovesciandola alla luce del giorno, l’oscurità e l’irrazionalità. Un surrogato che però sta a indicare che lo scrittore ha mirato decisamente non tanto ad esprimersi quanto ad occupare un posto al sole, cioè ad accaparrarsi una fetta, sia pure minima, di potere. E’ significativo, infatti, che nelle avanguardie la coesione dei gruppi viene meno appena gli artisti che li compongono hanno finalmente trovato la loro strada. Il che oltre tutto sta a dimostrare che il gruppo si era formato per motivi pratici (o, come si dice, militarmente: tattici) e che venendo meno questi motivi viene pure meno la necessità di restare uniti. Questa è la storia di tutte le avanguardie: l’illeggibilità non dura se non il tempo dell’immaturità. Ma non bisogna credere che gli scrittori che ricorrono all’illeggibilità siano in malafede. Voglio dire gli scrittori che si riveleranno in seguito davvero scrittori, anche se leggibili; non i tanti assolutamente sprovvisti di talento artistico che saltano, al momento del successo, sul carrozzone dell’avanguardia. Semmai a proposito di questi scrittori immaturi e in buona fede, si dovrebbe dire che c’è in loro una confusione sincera dell’idea di espressività con quella del potere. Dopo tutto potere è parola non tanto lontana da potenza; e potente è colui che crea, produce, scrive. In altri termini essi sono convinti che l’espressione conferisca potere e che il potere a sua volta denoti la presenza dell’espressione. Questa confusione ha la sua radice nel fatto che quegli scrittori non sanno ancora che cos’è l’espressione. Come certe donne che non hanno ancora incontrato l’uomo capace di procurare loro l’orgasmo e credono in buona fede che l’amore sia un rapporto puramente meccanico, gli scrittori dei testi illeggibili si illudono di esprimersi soltanto perché la loro pseudo espressione gli procura tutte le soddisfazioni mondane che essi ritengono debbano spettare a chi si esprime. Purtroppo essi non si rendono conto che, come si dice, manca il meglio; cioè che il loro successo è un piccolo vortice che gira intorno il vuoto. -Alberto Moravia, parte, Nuovi argomenti, luglio-dicembre 1967.
OGNUNO VEDE QUANTO L’ALTRO FALLA
quando crede passar filo per cruna,
pur spera ognuno d’infilar sua cruna,
né perché più s’avveda dell’inganno
meno ritenta ancora la fortuna.
Ché tale è la sua sorte:
col suo filo sperar vita tramare
e con la speme giungere alla morte.
NON E’ LA PATRIA
il comodo giaciglio
per la cura e la noia e la stanchezza;
ma nel suo petto, ma pel suo periglio
chi ne voglia parlar
deve crearla.
-Carlo Michelstaedter-