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Illusionismi.

Creato il 11 gennaio 2011 da Idiotecabologna


A me comprare un quotidiano, in generale, piace. Mi sono chiesto per molto tempo come facessero quelli che, nell‘emeroteca di Sala Borsa, si mettono a leggere molti giornali anche di orientamenti politici diversissimi, prima di darmi una risposta: il segreto è che sono (prevalentemente) anziani e hanno più tempo da spendere per formarsi un’opinione sui fatti che accadono: è lo stesso motivo per cui io, per esempio, cerco sempre di ascoltare “Stampa e Regime“, la rassegna stampa mattutina di Radio Radicale (curata da Massimo Bordin).

Io che sono giovine e quel tempo ancora non l’ho -e poi lo ammetto, l’idea di maneggiare Libero o La Padania mi fa anche un certo ribrezzo- compro un solo giornale, che è il manifesto. Se però trovo in giro qualche cos’altro, non mi dispiace di certo: qualche pagina di Repubblica o dell’Unità si legge sempre volentieri. Negli ultimi tempi, invece, non riesco ad avere lo stesso atteggiamento nei confronti del Corriere della Sera. Lo dico perché sono giunto alla conclusione che dover leggere gli editoriali di Panebianco, Ostellino o Galli della Loggia non sia ancora da preferirsi a una ferita da arma da fuoco ad un piede, ma siamo quasi lì.

Tutto questo per dire che, non leggendo il Corriere, mi ero perso questo lungo articolo di Mario-Monti-contro-tutti e che ho recuperato solo grazie a questo blog che, simpaticamente, ne offre anche una traduzione spiccia e comprensibile.

Noi invece abbiamo fatto di più: siamo miracolosamente riusciti ad entrare in possesso della prima versione della parte incriminata e che riportiamo dopo la versione emendata e poi uscita sul quotidiano di via Solferino. Questa recita così (grassetti nostri):

Esistono in Italia due illusionismi. Essi sono riconducibili, sia detto senza alcuna ironia, alla dottrina di Karl Marx e alla personalità di Silvio Berlusconi.
Marx ha alimentato a lungo un sogno sul futuro: la classe operaia un giorno avrebbe vinto il capitalismo e avrebbe governato come classe egemone in un sistema più equo. Fallito quel sogno, in quasi tutti i Paesi le rappresentanze della classe operaia e delle nuove fasce deboli hanno modificato le loro azioni e rivendicazioni, ispirandole all’esigenza di tutelare al meglio e pragmaticamente tali interessi nel contesto di economie di mercato che devono affermarsi nella competizione internazionale. Solo così possono creare lo spazio per dosi maggiori di socialità (adeguati servizi sociali, sistema fiscale redistributivo, ecc.) che, per essere effettivamente conquistate, richiederanno appunto quelle azioni e rivendicazioni.
In Italia, data la maggiore influenza avuta dalla cultura marxista e la quasi assenza di una cultura liberale, si è protratta più a lungo, in una parte dell’ opinione pubblica e della classe dirigente, la priorità data alla rivendicazione ideale, su basi di istanze etiche, rispetto alla rivendicazione pragmatica, fondata su ciò che può essere ottenuto, anche con durezza ma in modo sostenibile, cioè nel vincolo della competitività.
Questo arcaico stile di rivendicazione, che finisce spesso per fare il danno degli interessi tutelati, è un grosso ostacolo alle riforme. Ma può venire superato. L’abbiamo visto di recente con le due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne. Grazie alla loro determinazione, verrà un po’ ridotto l’handicap dell’Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili.

Questo per la parte che ci interessa. La prima stesura recitava invece così:

Che roba contessa, all’industria di Aldo

han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti;

volevano avere i salari aumentati,

gridavano, pensi!, di esser sfruttati.

E quando è arrivata la polizia

quei pazzi straccioni han gridato più forte,

di sangue han sporcato il cortile e le porte,

chissà quanto tempo ci vorrà per pulire…”.

Come continuava lo ricordate tutti, spero.


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