Ilva: sia­mo di fronte a un guaio serio!

Creato il 16 agosto 2012 da Freeskipper
di Vittorio Feltri. Se è vero, come non dubitiamo, che l’acciaieria di Taranto - la più impor­tante d’Europa - inquinava (inqui­na) al punto da incrementare il numero di morti per cancro, ovvio che fosse (sia) in­dispensabile e urgente intervenire. Ma da qui a chiudere lo stabilimento per consentire di renderlo innocuo e di bonificare la zona, c’erano in mezzo altre soluzioni me­no drastiche e più vantaggiose. Anche perché, fermare un impianto si­mile, significa porre le premesse affinché non riprenda mai più a funzionare (espe­rienza docet) e, quindi, privare la città, la Puglia e l’Italia di una delle poche realtà produttive d’eccellenza (se non altro quantitativa), infine favorire la concorrenza internazionale e precludersi la possibilità di recu­perare le quote di mercato cedu­te ad altri. Chiunque comprende che sia­mo di fronte a un guaio serio. D’al­tronde, prendersela con la magi­stratura che ha ordinato la so­spensione dell’attività è un eser­cizio gratuito. Essa infatti appli­ca (male o bene) le leggi, e se que­ste le consentono di assumere certe decisioni, la responsabilità non è sua ma di chi - il Parlamen­to - ha approvato tali leggi ovvero non le ha riformate allo scopo di evitare situazioni assurde come quella in cui si trovano ora l’Ilva e le migliaia di persone che vi lavo­rano. L’unica speranza è che nei prossimi giorni prevalga sulle questioni di diritto (troppo spes­so affidate ad azzeccagarbugli) il senso comune se non il buonsenso. La fabbrica emette sostanze tossiche? Da quando? Da sem­pre. E le autorità se ne accorgono solo ora? Fino al 1996 la proprietà era statale, e nessuno aveva mai fiatato. Adesso invece si arresta­no i dirigenti e gli amministrato­ri, solo perché la gestione è priva­ta. Assurdo. Per fare giustizia si commette una grave ingiustizia. A parte ciò, chi ha detto che non si possono modificare gli im­pianti senza bloccarli? Non è ve­ro. Intervenire mentre essi gira­no a pieno regime ne facilita il per­fezionamento, applicando il me­todo empirico. Per concludere, si tenga conto del pensiero della gente del luogo: se l’Ilva si paraliz­za, oltre diecimila operai restano disoccupati e oltre diecimila fa­miglie non mangiano più. Mora­le: meglio che qualcuno muoia lentamente di tumore o che tutti crepino velocemente di fame? Qual è il minor danno? Sia chiaro. Entro un anno, se ci si impegna, lo stabilimento può essere a norma. Non saranno do­dici mesi in più o in meno a salva­re la vita di chi si è già ammalato. Ciò che è stato è stato. Pensare al futuro vuol dire agire subito ma senza trascurare il presente. Qualcuno ha detto: per preveni­re gli incidenti stradali, o ridurne il numero, non è indispensabile chiudere le strade. Lo stesso di­scorso vale per le fabbriche.

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