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Imago 3, 28/6/2015 (Edoardo Marraffa, Enrico Malatesta, OoopopoiooO, Lorenzo Senni)

Creato il 07 luglio 2015 da The New Noise @TheNewNoiseIt

Bologna, Cimitero Monumentale della Certosa.

La terza, e ultima per quest’anno, serata bolognese impegnata con Imago viene consumata all’interno di una delle architetture più affascinanti della città: il cimitero monumentale della Certosa. L’enorme complesso poco fuori dalle mura di Bologna ha già ospitato altre realtà, come ad esempio Opera Sublime, lo spin-off del Decadence che ha portato Clock DVA all’interno di una delle sale più maestose del cimitero. Oggi niente dress-code, e anche tutto il resto dell’organizzazione non sarà votata a un romanticismo post-mortem, bensì a una razionale fruizione del labirintico camposanto.

Arrivo al tramonto, la lunga fila all’ingresso preannuncia una notte affollata. Lo splendido cortile interno è il primo spazio che mi accoglie, ma il tempo per goderselo è poco. Il clima mite viene interrotto da una persona che dice di essere la nostra guida per stasera, in effetti sarà lei a condurci per i vari antri e concerti. In modo del tutto inaspettato la serata si svolgerà come una visita (appunto) guidata, forse in modo un po’troppo forzoso. Infatti la quantità di gente e gli spazi angusti produrranno un senso di claustrofobia che non renderà semplice la fruizione delle prime due performance. L’idea, immagino dello staff della Certosa, sarebbe anche stata interessante se non fosse che i commenti erano fin troppo lunghi e l’aria afosa; inoltre, nonostante non fosse obbligatorio seguire il nostro cicerone, erano pochi i luoghi dove fosse possibile vagare in libertà, e non si poteva proseguire da soli per accaparrarsi un buon posto per il set successivo.

Marraffa

La prima tappa è la sala delle tombe: qui iniziare la parte musicale tocca ad Edoardo Marraffa, maturo jazzista sperimentale che fa dell’utilizzo del sax una ricerca di possibilità. Siamo in ambito free jazz, libero davvero da qualsiasi limite, si oscilla da suoni pieni, più tetri, a totale astrazione schematica. Se l’inizio potrebbe ricordare le più alte frequenze di “For Alto” di Anthony Braxton, l’umidità avrà il sopravvento con delle oscure, adatte al luogo, sfogate alla “Escalator Over The Hill” di Carla Bley. Il set è moderno, vivace, in costante mutamento. Marraffa si serve con maestria di tecniche come la respirazione circolare e lo slap, similmente, almeno in parte, all’ultimo Butcher se non fosse che ad un certo punto il sax si sdoppia. I due strumenti vengono suonati in contemporanea con una temperanza che lascia a bocca aperta. Per l’occasione Orthographe ha costruito, tramite un workshop, lo stage design e l’illuminazione delle parti visitabili della Certosa: macchine del fumo, fasci di luce e laser assemblano un raro esercizio di sinestesia alternativa, un vaporoso ambiente nel quale sarebbe bello perdersi; quest’ultima cosa non ci è concessa e si perde invece un po’ di etere nel proseguimento.

Malatesta

Sempre dopo una lunga processione verso i segreti della Certosa, ci si ferma in un’altra sala, questa volta però possiamo sederci vicino ad una piccola loggia dove si trovano un ride e due registratori a nastro: sono gli utensili di Enrico Malatesta. Ci vuole un po’ per assettarsi, nel mentre ci viene raccontata un’altra storia riguardo la statua che si erige sullo sfondo. Malatesta è, a mio avviso, il più originale musicista in ambito elettroacustico italiano, abbiamo già parlato della sua ricerca in occasione della presentazione di Bilia, l’Aural Tool prodotto da Attila Faravelli (presente oggi in veste di addetto alle registrazioni), e del suo approccio orizzontale alle percussioni. Malatesta si accinge in modo silenzioso a sfiorare il ride con un archetto, accarezza la sua superficie con una delicatezza tale che solo i più vicini a lui possono udirne il risultato. In effetti il pubblico numeroso e l’enorme volume del corridoio non sono adatti ad un concerto del genere, che spesso viene distrutto da un’acustica caotica e problemi tecnici (uno dei cavi che collega le casse viene staccato da qualcuno poco attento). In ogni caso il live va avanti e si evolve in modo vorticoso: ci sono dei microfoni vicino al ride e questi vengono controllati da Sebastiano Carghini attraverso delle casse poste ai lati ed accanto a Malatesta. Purtroppo è impossibile descrivere in modo oggettivo il risultato, penso che chiunque abbia avuto un’esperienza diversa in base a dove si è seduto. I registratori raccolgono schegge che come feedback graffiano i gesti più morbidi che Malatesta compie sul ride, mentre un altro tipo di movimento è dato dalle casse che spingono il tutto come fa il vento in una piazza polverosa. Di sicuro un concerto di altissimo livello, ma impossibile da riprodurre con queste inaspettate condizioni.

OoopopoiooO

La visita guidata è quasi giunta al termine, si esce all’aperto per un’ultima breve spiegazione. Qui è stato allestito un bar e l’intricato cortile esterno sfoggia ancora il risultato del workshop di Orthographe. Questa volta una duplice luce, blu e rossa, colpisce gli interni e gli esterni del porticato, sembra di essere in un campo di accoglienza per alieni il 12 dicembre 2012. A richiamare l’occulto spaziale è OoopopoiooO, duo formato da Valeria Sturba e Vincenzo Vasi. Il cielo è sereno, l’aria fresca e la location surreale. OoopopoiooO ci fa partire per un viaggio interstellare, il decollo inizia dal sepolcro e il traguardo non si sa. Il combustibile sono le decine di ingegnerie soniche utilizzate come un rombo orchestrale. Si capisce che il tragitto ha raggiunto le stelle quando entrano in scena i theremin. Questo strumento è sempre più (ab)usato, ma trovare un musicista che lo sappia far suonare è cosa ardua, in questo caso mi stupisce come quelle semplici vibrazioni siano poste in modo minuzioso fra le corde di un violino, in un matrimonio pagano cristallino. Tra le mille soluzioni adoperate spicca la voce di Vasi, che riporta ad un ritmo tribale e primordiale, contrasto azzeccato visto il tema generale e la placenta psichedelica creata.

Senni

Ci si sposta poco più avanti, verso una scalinata che guida ad un ingresso che ricorda l’entrata di una delle tombe nella Valle dei Re. La narrazione iniziata da OoopopoiooO lascia un retaggio che ben raccoglie Lorenzo Senni, musicista di Cesena (nonché ex compagno di sperimentazioni di Enrico Malatesta e suo produttore), attivo a Milano che ha fatto molto parlare di sé negli ultimi tempi, sia grazie al suo progetto omonimo, sia grazie a Stargate, col quale ci ha regalato – tramite Hundebiss Records – un gioiello di elettronica. Qui il contesto è perfetto, la macchina del fumo schiuma vapore e i laser accompagnano fin dall’inizio le danze che trascinano Senni in trance. Il live comincia con “XmonsterX”, prima traccia di Quantum Jelly, uscito per Editions Mego. Le sue frecce elettriche mirano verso i laser e colpiscono il pubblico tramortendolo. Il set continua su toni hard trance e corona la serata che finalmente ha trovato respiro fuori dai corridoi del cimitero, una liberazione allucinata. Senni si fa trasportare, balla, incita, si muove come il suo sound: liquido ma ultra HD, e noi ci lasciamo rapire verso destinazioni ignote, che, chissà, forse Imago ha già pensato per l’anno prossimo.

Grazie per la terza volta a Luca Ghedini per le foto.


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