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Imitations: le radici di Mark Lanegan

Creato il 21 settembre 2013 da Postscriptum

 

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“For a long time I’ve wanted to make a record that gave me the same feeling the old records did, using some of the same tunes I loved as a kid and some that I’ve loved as I have gotten older. This record is it.”

Mark Lanegan costruisce un suo personalissimo ponte tra passato e presente, riunendo tanti tasselli per costruire il mosaico di Imitations.

Questo lavoro – se pur composto da brani che presi singolarmente danno l’impressione di essere disomogenei – in realtà ha nell’insieme un impatto che lo rende assolutamente idoneo a comporre per l’appunto un mosaico.

I pezzi ruotano attorno alla ruvida voce del songwriter, che ci accompagna nei flashback della sua infanzia, ricreando la storia di quel sound con cui è cresciuto.

Le doti interpretative ci fanno attraversare umori che hanno come comune denominatore le atmosfere folk e country, con alcuni passaggi blues, rigorosamente su basi acustiche.

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Ma veniamo ai brani.

L’intimità si assapora fin da subito in “Flatlands” (di Chelsea Wolfe), come se Lanegan ci aprisse lo scrigno dei suoi più dolci ricordi.

Una nenia basata sull’arpeggio di chitarra ci culla, ma al tempo stesso è come se nascondesse una velata sensualità. Un tipo di approccio particolare che darà a tutti i brani, modulando le note sulla sua personalità, capace di essere a tratti triste e malinconica, romantica e aggressiva.

Da bravo aspirante crooner, non poteva mancare un omaggio alla famiglia Sinatra: “ You only live twice” di Nancy Sinatra e “Pretty colors” di Frank Sinatra. Pur mancando la parte orchestrale, gli arrangiamenti sono molto ben definiti; in particolare il brano di Sinatra padre è basato solamente su chitarra e clavicembalo.

I brani dei contemporanei Greg Dulli (“Deepest shade”) e Nick Cave (“Brompton oratory”)vengono riproposti in chiave malinconica, unita ad inquietudine e tormento interiore.

La profondità della voce trasforma anche lo standard “Mack the knife”.

Solitaire” e “Lonely street” sono invece due pezzi di Andy Williams.

Ciò che colpisce è come la classe di questo artista riesca a rendere contemporaneo un brano più datato e viceversa. Grazie al suo stile, tutte le cover sembrano diventare “eterne”, come se non avessero uno spazio e un tempo definiti in cui collocarsi.

Così il romanticismo di “I’m not the loving kind” (del contempornaeo John Cale) sembra essere lo stesso sentimento che si legge tra le note di “Autumn Leaves” (brano reinterpretato da molti altri artisti).

Il tributo alla musica che lo ha da sempre accompagnato, rappresenta per Lanegan un’occasione per esplorare nuove strade.

Guardarsi dentro e indietro per trovare un altro se stesso, partendo proprio dalle radici…


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