[on air:Dave Matthews Band #41 Live]
E un giorno chiese: “mi parli di quei momenti in cui il bambino deve imparare a chiudere gli occhi per guardare il mondo intorno a sé?”
Come raccontare il buio a chi non lo ha mai visto davvero?
Si potrebbe provare a usare il colore. Quel colore tipico del vino rosso . Quello della rafia naturale che avvolge i fiaschi. Quello di una salopet da lavoro blu o di una camicia di lana con fantasia scozzese. Quello di una stanza oscurata per smaltire l’ennesimo abuso di alcool. Si potrebbe usare un odore. Quello acre di sudore o quello di pessimo vino ingerito fino alla perdita dei sensi. Quello che resta anche solo nella testa, che si insinua nelle cellule del tuo cervello e che ti fa paura. Quello della morte dentro.Si potrebbe usare un rumore. Quello di un motocarro che da lontano ti urla se questa sera sarà di urla e silenzi o solo di paura fino al momento in cui il fisiologico arrivo del sonno ti porta via. Quello delle voci concitate durante i pranzi allargati o delle promesse infrante ad ogni sbornia.
In quanti modi si può descrivere la paura a un bambino?
“Immagina, puoi”. Chiudi gli occhi ed entra in una casa piccola, dove bambini giocano. Il rumore lontano del motore di un motocarro che per la marcia sbagliata usata urla a tutti di prepararsi:” Questa sera sarà l’ennesima sera.” Istantaneamente nella casa il tempo si ferma. Gli occhi mai gioiosi si spalancano, cercano conforto in quei grandi occhi scuri che non possono fare altro che ordinare il silenzio, di riporre ogni cosa. Una basculante sbatte, una porta si chiude senza curarsi di farlo con delicatezza. Una tuta da lavoro sporca entra da quella porta e tutti sanno che domani non ci sarà lavoro, ma solo buio in quella stanza. La rabbia è già sul volto di quelle spalle grandi ma curvate dalle fatiche. L’odore allunga le ombre come al tramonto e l’acre alone ne precede l’arrivo. Le scorte comprate preventivamente sono state nascoste e questa è la scintilla. Le voci si animano e la rabbia si scatena presto. Parole incomprensibili, violenza insensata, porte che si chiudono, porte che sbattono, spalle che impediscono la fuga, occhi rabbiosi che urlano la loro stanchezza liberando lacrime che scendendo aggiungono una ruga a quel volto provato. I giochi di bambini si sono trasformati in immobilità terrificante, nemmeno la possibilità di urlare la paura. L’attesa dell’arrivo di quell’ombra non è mutata, ora l’attesa è della prossima bugiarda promessa, del silenzio.
Ombra si nascose dietro un angolo per ripararsi da Corpo che l’aveva generata, vedeva ogni giorno le sue azioni ed era stanca di esserne complice.
“Forse qui non mi troverà…”pensò Ombra.
Ma Corpo la raggiunse come sempre e la costrinse a ricongiungersi con lui.
“Non lo farò più, te lo prometto” disse Corpo
“Mi fai paura, non ti credo più, lasciami andare” un giorno disse Ombra “non tradirò il tuo segreto, ma lasciami andare”
“No, resterai sempre con me.”
In una fredda mattina d’inverno Ombra scoprì di potersi muovere senza il vincolo di Corpo ma si trovò annodata ad un’altra ombra quella nera dei segreti che aveva mantenuto e dalla quale non riuscì mai più a slegarsi.