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Immagini fluide 2

Creato il 28 agosto 2011 da Peranzoni
Le procedure
Dopo avere analizzato le caratteristiche esterne delle immagini fluide o e-drawing, e cioè i rapporti con tempo, spazio, dimensioni ed altro, cercherò ora di descrivere la loro struttura interna, in pratica la procedura della loro creazione. Iniziamo subito con un aspetto di superficie, la loro lettura analogica, un tipo di lettura che nelle precedenti immagini non esisteva.
Caratteristica analogica delle immagini digitali
Oltre ad un loro dinamismo, le immagini digitali posseggono anche un dinamismo di lettura. Con un dinamismo di lettura intendo la possibilità di leggere le parti intermedie di una informazione, la sua storia. Prendiamo come esempio una tipica informazione trasmessa con un codice analogico: un testo scritto. In questo caso la lettura dell'informazione parte dalla prima parola e si sviluppa gradualmente nelle diverse frasi scritte su righe fino alla fine del messaggio. La sua lettura è analogica per il fatto che si estende linearmente in orizzontale con la caratteristica che il lettore può benissimo in ogni momento rileggere ogni passaggio intermedio prima della sua conclusione.
Una informazione visiva tradizionale invece non è analogica, è sintetica. Un immagine svela la sua informazione immediatamente! il codice visivo è istantaneo, non ha bisogno del tempo per essere assimilato. Per comprendere il messaggio finale di un testo scritto, devo leggere parola per parola fino alla fine del testo, l'immagine al contrario è istantanea, per il mio cervello che elabora il suo pensiero con concetti visivi, apprendere una informazione visiva è molto più semplice che leggere un codice come la scrittura. Ma il prezzo da pagare per una sintesi così immediata è la perdita di tutti i passaggi intermedi con cui la si è costruita. Da un immagine definitiva non puoi più ricostruire come è stata strutturata.
Per esempio generalmente la procedura per eseguire una immagine disegnata è una esecuzione di uno schizzo preliminare o un progetto sintetico di linee su cui costruire l'immagine, un bozzetto per capire gli equilibri grafici e il loro peso nell'insieme, segue una successiva fase di rifinitura per arrivare ad un layout definitivo su cui procedere la stesura del colore che può essere riempitiva o compositiva ed infine eventuali interventi rifinitivi. Ogni passaggio si sovrappone a quello precedente (che di fatto lo cancella) fino ad arrivare all'immagine definitiva che però ha azzerato le fasi precedenti.
Insomma, a differenza di un testo scritto il cui messaggio finale lo posso sempre rileggere oppure un nastro sonoro che posso riavvolgere e riascoltare, con un immagine cartacea tradizionale questa possibilità non c'è.
Ora, con una immagine digitale posso tranquillamente ritornare ai vari passaggi precedenti, sia leggendoli nella memoria del computer dove sono stati elaborati, sia nella possibilità di editarli insieme alla immagine finale in una specie di work in progres e vedere così la loro struttura. Appunto una struttura dinamica. Questa performance informatica delle immagini digitali mi chiarisce anche un aspetto molto diverso rispetto ad un immagine materica e cioè la loro costituzione. La loro natura da materica è passata ad una numerica, astratta. Ogni volta che un immagine appare su uno schermo viene ricostruita con algoritmi nel momento della sua visione, questo vuol dire che non esiste più l'unicità dell'opera d'arte.
Ogni volta che sul mio video di computer o di tablet appare una immagine, non mi si presenta un opera originale, ma al contrario un algoritmo matematico mi sta ricostruendo dal nulla una immagine che prima era stata cancellata. Quello che rimane in cloud non è l'immagine oggetto ma una funzione matematica che ogni volta ricostruisce nei minimi dettagli l'opera da cui è stata tradotta.
Anche per questo affermo che le opere digitali sono dinamiche, perchè non sono oggetti statici come i quadri ma funzioni matematiche che ogni volta che vengono attivate ricalcolano ogni singolo dettaglio di un opera che di fatto non esiste.
Fluidità di un immagine nel suo spazio
Inizio ad analizzare lo spazio teorico in cui è collocata un immagine. Se riflettiamo attentamente nelle immagini pre digitali, la collocazione delle varie parti che compongono l'immagine stessa, una volta che sono state eseguite sono di fatto collocate in uno spazio teorico e la loro posizione non è più modificabile, a meno che vengano cancellate e rifatte di nuovo. Si potrebbe dire che il loro rapporto con lo spazio teorico in cui sono disegnate è un rapporto fisso, rigido. Le immagini digitali, al contrario, grazie alla loro caratteristica fluida, possono essere indipendenti dal loro contesto, per cui senza problemi continuamente ricollocate. Tutti i software di disegno digitale danno la possibilità di eseguire delle immagini su livelli differenti e dunque slegati tra di loro. Questa loro indipendenza sia dallo spazio sia dal rapporto con altri elementi del disegno, dà la possibilità non solo di ricollocazione spaziale ma anche di manipolazione di altri parametri (luminosità, trasparenza, cromatici). È per questo che mi sembra corretto definire le immagini digitali fluide. È la loro possibilità di manipolazione su tutte le loro caratteristiche strutturali e sui loro rapporti interni a renderle, una volta eseguite, non più statiche e definitive.
Nel suo saggio "Software culture", Lev Manovich con molta precisione descrive queste particolarità per quanto riguarda le immagini in movimento e tridimensionali, ma che si può benissimo applicarle alle immagini fisse e bidimensionali. Manovich scrive infatti: La cultura del remix non richiede infatti singoli oggetti estetici o singole registrazioni della realtà, ma unità più piccole: parti che possono essere facilmente scambiate e combinate all'infinito." E di fatto descrive le problematiche delle immagini tradizionali in questa maniera: Il problema è che la registrazione ottica appiattisce la struttura semantica della realtà. Al posto di un insieme di oggetti che occupano aree diverse di uno spazio tridimensionale, ci troviamo davanti ad una rappresentazione piatta fatta di pixel (o grani di pellicola) che non veicolano alcuna informazione sulla propria origine, cioè sugli oggetti rappresentati. Pertanto ogni forma di modifica dello spazio -come la cancellazione o l'aggiunta di oggetti o la composizione visiva- diventa molto complicata. La manipolazione di un oggetto, ad esempio, richiede la sua accurata separazione dal resto dell'immagine attraverso l'uso di mascherine....

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