Il problema dell'immigrazione? A volte non è affatto un problema.
Da qualche mese lavoro a Lecco, un piccolo capoluogo di provincia cresciuto tra il lago e le montagne, grande più o meno la metà del quartiere di Milano dove ho studiato negli ultimi anni. È una città un po' chiusa, dove i cognomi che si sentono sono gli stessi da un secolo, gli stessi che danno il nome alle vie, alle scuole, alle associazioni…Una provincia che però ha saputo tenere alto il suo nome grazie ad un settore industriale di tutto rispetto, che ha saputo coltivare alcune eccellenze nazionali, come la Moto Guzzi, per fare un'esempio. Piccola e laboriosa, la provincia ha attratto nel tempo sempre più "gente da fuori", portando, soprattutto nelle fabbriche e nei cantieri, manodopera immigrata ben voluta dalle imprese.
Prima del convegno di presentazione del XV Rapporto sull'Immigrazione in Provincia di Lecco, questo era tutto quello che sapevo sulla storia dell'immigrazione nella città in cui lavoro. Lunedì mattina ho avuto una piacevole sopresa: anche se geograficamente chiusa, nei confronti dell'immigrazione Lecco si è dimostrata sempre di mentalità aperta. Le statistiche sull'immigrazione sono ottime (e potete trovarle tutte ben sintetizzate qui), ma ancora più straordinaria è la convinzione che le istituzioni e i cittadini di Lecco hanno fatto trasparire dall'incontro: l'immigrazione è più una risorsa che un problema.
Nonostante pochi casi isolati di cronaca, Lecco afferma con orgoglio che gli immigrati sul proprio territorio godono di condizioni di lavoro e di vita mediamente superiori rispetto alle altre province lombarde ed anche italiane. Gli immigrati disoccupati, sebbene tre volte più numerosi, in proporzione, di quelli italiani, sono infatti una quota esigua rispetto alla media nazionale. Gli occupati trovano sì difficoltà ad inserirsi nel settore dove erano specializzati in patria, ma leggermente meno che nel resto del paese. Molti di loro risiedono stabilmente in provincia da molti anni e si avviano verso la naturalizzazione. Pochissimi gli irregolari. Hanno spesso una casa di proprietà o in affitto e abita con il coiuge e figli, segno di progetti migratori andati a buon fine, molto distanti dall'idea dell'immigrato singolo che vive in coabitazione per massimizzare il risultato economico e tornare al proprio paese.
Eccellenze nell'eccellenza, il Polo territoriale del Politecnico e gli imprenditori immigrati. Se il Polo di Lecco, da un lato, ha scelto l'internazionalizzazione per distinguersi, e ora può contare su corsi in inglese per la laurea magistrale frequentati da una percentuale davvero alta di studenti stranieri, la Camera di Commercio dall'altro vanta un numero di imprese straniere sorprendente, circa un decimo del totale, in buona salute e in crescita (sana) nonostante la crisi.
Dutante la conferenza sono rimasto stupito anche dai programmi scolastici che prevedono stage in alternanza nei quali le ragazze dell'istituto socio-psico-pedagogico passano una decina di pomeriggi l'anno provando ad assistere bambini stranieri in difficoltà scolastica, indice della partecipazione attiva dell'intera popolazione nel processo di integrazione.
Non ci sono solo buone notizie naturalmente: ancora basse sono le unioni tra persone di diversa cittadinanza e, come è emerso da una testimonianza durante il dibattito finale, manca una regolamentazione precisa sul divorzio nei (pochi) casi di matrimonio "misto". La disoccupazione diffusa, poi, mette a rischio i posti di molte badanti straniere, a causa della maggiore disponibilità di tempo che hanno disoccupati e cassa-integrati.
Ma niente vale a sminuire l'impressione di fondo: se si dà opportunità concreta di lavoro, come lo erano prima le fabbriche e ora la cura della persona, l'immigrazione può essere una grande risorsa, per abbassare l'età media, internazionalizzare un territorio, creare scambio culturale vero e subire anche una contaminazione positiva della laboriosità e dell'intraprendenza della popolazione locale.